L’Italia a due (o più) velocità. E l’Europa la segue a ruota

Fino a qualche mese fa l’Italia sembrava essersi cacciata in una specie di cul-de-sac. Gradito oppure no, quello spazio della mente era percepito un po’ dovunque e da diversi strati sociali come un segnale di stallo. Esso riassumeva per sommi capi il malcontento delle diverse categorie sociali tradotti in espressioni politiche. Da ieri, con l’animosità che è propria del dopo evento, anche politico in senso lato, è iniziata la disamina a tutto tondo del risultato venuto fuori nel fine settimana e il tentativo di comprendere come le carte in tavola abbiano assunto una combinazione di tal genere.
In autunno si svolgeranno le elezioni per il rinnovo dei rappresentanti di alcune di esse e solo allora sarà possibile – è l’augurio – tirare le reti con quanto è al loro interno. Se Sparta piange, Atene non ride e, ingranditi al pantografo, gli stessi disagi si stanno avvertendo a Strasburgo. Aggiungendo che sono percepiti in maniera ovattata solo per la distanza che si frappone tra  Strasburgo e le altre capitali della UE. Non è facile trovare una ratio che aiuti a decifrare tali comportamenti, anche perché lo è anche in loco e si ha sempre più la sensazione che tali modi di fare nel Paese siano nella maggior parte dei casi giustificati dalla confusione che continua a far si che ogni comportamento che abbia incidenza sul tessuto sociale sia improntato alla direzione del vento che soffia al momento.
Allo stato attuale, nella UE e in particolare in Italia, si naviga senza bussola, più precisamente aggiornando le carte nautiche giorno dopo giorno. Ciò fa sì che non si possa nemmeno pensare che sia in fase di trasformazione o almeno si prospetti una politica economica che punti come core business sull’economia reale, e non viceversa, come sta accadendo ormai da qualche anno. Non trascurando di mettere in conto che tra qualche settimana il Paese chiuderà per le ferie estive.