Imprese, indagine Mercer: a rischio la crescita delle donne in azienda

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La crescita della presenza femminile nei ruoli intermedi all’interno delle grandi imprese in tutto il mondo registrerà un sostanziale stallo anche nei prossimi dieci anni, nonostante i progressi conseguiti nei ruoli di vertice: è quanto emerge dall’indagine Mercer dal titolo ”When Women Thrive, Businesses Thrive” sulla partecipazione delle donne alla forza lavoro. Secondo la ricerca che ha analizzato i risultati di 647 questionari provenienti da 583 grandi aziende e multinazionali in 41 Paesi, in assenza di sostanziali interventi correttivi, la presenza femminile nelle aziende a livello di ”professional”, cioè di quadri intermedi, nel 2025 sarà ferma a livello globale a una quota del 40%, da confrontare con l’attuale 35%. In Europa il dato resterà stabile, fermo al 37%; negli Stati Uniti e in Canada la proiezione mostra un miglioramento percentuale della presenza femminile nei ruoli intermedi nel 2025 di appena l’1%. Solo in America Latina il mantenimento della attuali politiche di D&I porterà ad un deciso salto verso la parità di genere (dal 36% al 49%). Diversa è invece la situazione per i ruoli di vertice, grazie però soprattutto alle legislazioni attive in molti dei paesi analizzati. Se molto infatti viene fatto per incrementare la partecipazione ai Board delle società quotate, in Europa con una legislazione ad hoc che impone quote rosa in Norvegia, Belgio, Francia, Islanda, Olanda, Spagna, Germania e Italia, la ricerca evidenzia un “tetto” per le donne tra livelli di ”professional” e di ”manager”. A livello globale, se nei ruoli di staff la parità tra i sessi è rispettata (percentuali di partecipazione pari a 51% per le donne e 49% per gli uomini), salendo nella scala tre professional su cinque sono uomini, mentre i manager uomini sono i due terzi del numero complessivo, i senior manager il 74% e gli executive l’80%. 

Secondo il report Mercer, infatti, uno dei fattori di successo delle politiche di gestione della diversity in azienda è il coinvolgimento di tutta la popolazione aziendale e di tutto il team di vertice nei programmi educativi finalizzati alla riduzione dei gap. Nel mondo invece soltanto il 38% dei dipendenti uomini è attivamente coinvolto in simili programmi. In altri termini, non basta che in azienda sia stata redatta una politica di parità di genere, ma sono necessarie azioni concrete da parte del management per darle vita e renderla parte della cultura organizzativa. Il report ha monitorato infatti nel mondo la diffusione di programmi di benefit , quali gli orari part-time, congedo di maternità, congedo di paternità, assistenza ai bambini, agli anziani, mentorship, ed il loro peso nel trattenere e fare crescere in azienda il personale femminile. Altre azioni di impatto significativo, che potrebbero spostare l’ago verso la parità hanno a che fare con l’adozione di programmi di educazione finanziaria e previdenziale tenuti nelle aziende con target differenziato per genere. Solo il 9% delle organizzazioni intervistate offrono programmi mirati – un’attenzione che vede gli Stati Uniti ed il Canada al primo posto (14%), sebbene la ricerca ne abbia dimostrato l’efficacia.E’ convinzione comune, infine, che le donne in posizioni di leadership assumano stili manageriali diversi dagli uomini. Il campione dei rispondenti alla ricerca ”When Women Thrive” lo conferma, individuando come caratteristiche della leadership tipicamente rosa la capacità di leadership inclusiva, la flessibilità al cambiamento e l’intelligenza emotiva, mentre ai leader maschi viene attribuita una maggiore esperienza nelle gestioni economiche e più vaste competenze sia tecniche che trasversali all’organizzazione.