Contenzioso Banca-Cliente: round a favore dei correntisti

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Con sentenza del 30.06.2015, il Tribunale di Padova, chiamato ad accertare (anche) il superamento dei limiti usurari verificatosi nell’ambito di un rapporto di conto corrente bancario, da un lato si è espresso sulla annosa questione avente ad oggetto la modalità di calcolo da impiegare onde determinare il TEG in concreto praticato dalla banca, dall’altro – assumendo una posizione peraltro difforme da quella consolidatasi in giurisprudenza in questi anni – si è pronunciato sulle conseguenze giuridiche dell’adozione, da parte della banca, di tassi di interesse superiori ai limiti usuari medio tempore vigenti.
Per quanto concerne la prima questione, il Tribunale di padovano ha chiarito che per determinare il tasso di interesse in concreto praticato dall’istituto di credito occorre tener conto anche delle commissioni di massimo scoperto ma, soprattutto, che “non può applicarsi la formula c.d. Banca d’Italia”, atteso che “le Istruzioni della Banca d’Italia, di cui alla disciplina sull’usura, non sono dettate al fine di come debba essere conteggiato il TEG, ossia il tasso effettivo globale applicato dalla banca sulla singola operazione con il cliente, ma sono rivolte alle banche e agli operatori finanziari per rilevare il TEGM, ossia il tasso effettivo globale medio applicato per operazioni omogenee in un determinato periodo”.
Peraltro il giudice padovano, in linea con la giurisprudenza di legittimità (Cassazione Penale, sent. n.262/2010 e sent. n.2683/2011), ha affermato che “tali istruzioni non hanno alcuna efficacia precettiva nei confronti del giudice nell’ambito del suo accertamento del TEG applicato alla singola operazione, né debbono essere osservate dagli operatori finanziari quando stabiliscono il tasso di interesse di un determinato rapporto; e ciò sia perché le stesse non sono finalizzate a stabilire il TEG, sia perché sono disposizioni non suscettibili di derogare alla legge”.
Secondo il magistrato, pertanto, “la formula corretta è quindi quella del TAEG, che calcola l’usura secondo i dettami della legge 108/96”.
Accertato il superamento dei limiti usurai in alcuni trimestri, il magistrato – discostandosi in questo caso dalla giurisprudenza maggioritaria (vedasi Corte di Cassazione, sent. n.602/2013) – ha ritenuto di doversi applicare il secondo comma dell’art.1815 c.c., secondo il quale “se sono dovuti interessi usurai la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”, e, pertanto, ha deciso la causa facendo propria l’ipotesi di ricalcolo del saldo del conto corrente operata dal nominato CTU escludendo qualsiasi remunerazione maturata in favore della banca nei trimestri usurai.
In pratica il magistrato, così decidendo, ha ritenuto irrilevante la distinzione comunemente accolta in giurisprudenza tra “usura originaria” – che, sussistendo allorquando le parti convengono l’applicazione di un tasso usuraio, soggiace alla sanzione disposta dall’art.1815 c.c. – e “usura sopravvenuta”, fattispecie che ricorre quando la banca, pur in presenza di pattuizioni legittime, applica tassi di interesse che si rivelano “oltre soglia”: in tale ultimo caso, secondo la tesi giurisprudenziale prevalente (ma non accolta dal magistrato padovano), la banca non ha diritto ai soli interessi che eccedono il limite usuraio.

In sintesi, su entrambe le questioni il giudice del Tribunale di Padova ha assunto una posizione maggiormente favorevole al correntista: il match continua.

Valentino Vecchi

dottore commercialista

esperto in contenzioso bancario
consulente tecnico del Tribunale
www.valentinovecchi.it