Il comportamento corretto, sempre meno adottato dal genere umano

La settimana appena conclusa è stata colma di eventi di ogni genere, con un denominatore comune di cui si sarebbe fatto volentieri a meno: la negatività. Se si volesse considerare come essa si manifesta nel mondo, bisognerebbe farsi una ragione che sarebbe più facile realizzare un’ enciclopedia. Rimanendo nell’ambito dell’Italia, è possibile arrivare a un risultato, seppure non esaustivo, che descrive almeno in parte cosa in realtà stia succedendo. La stessa va intesa soprattutto nel senso che da ogni parte, meglio da una percentuale notevole di tutte le componenti della popolazione della Penisola, compresi quelli delle isole, l’agire rispettando la legge è diventato un optional poco usato. Quanto sta venendo a galla nella cosiddetta inchiesta che ancora una volta coinvolge le istituzioni di quella che è stata la Patria del Diritto, un tempo avrebbe creato forte disagio per quanti ne fossero venuti a conoscenza, pur senza esserne coinvolti. Oggi il malaffare che ne deriva stupisce pochi, quasi tutti gli sparuti superstiti di una razza quasi estinta. Si dice nel villaggio che mangiando viene l’ appetito e per la popolazione italiana il vezzo di andare contro i comportamenti scorretti è pressoché scomparso. “Veder fare, imparare a fare ” è un’ altro dei refrain in uso nei campi e non solo, è la conferma della sua validità, se mai ce ne fosse ancora bisogno e sta venendo fuori per l’appunto in questi giorni. Alcune famiglie imprendiitorial hanno dato per un certo periodo di un tempo che fu, passato ma non da molto, visibilità al Paese nel mondo. Da qualche tempo sono scivolate, anche se per motivi diversi, in acque agitate. Succede così che il popolo, ancora forcaiolo anche se non come in passato, non ha perso l’occasione per tirarne fuori un crucifige che talvolta sconfina nell’ impianto di una sceneggiata. Quel che è ancora più disdicevole è una forma di legittimazione, peraltro inappropriata, per esprimere la loro interpretazione, completamente fuori luogo, che si articola con nonchalanche attraverso l’espressione di dubbio: ” se lo fanno loro, io perché non dovrei farlo”. La risposta non può essere quella della vecchia canzone del cabaret: “si fa ma non si dice” che si riferiva a argomenti a dir poco più leggeri. Tutti i casi, non solo quelli accennati, vedono alcuni poteri dello Stato in qualche caso appena sfiorati, altre volte persino complici di fatti tutt’altro che lineari. Tali situazioni, come descritte pìù che deleterie, funzionano delle volte come congegni a orologeria: vengono attivate quando servono per pilotare le sorti di un evento. Quello stesso che, in qualche modo, è condizionato da comportamenti che si elidono a vicenda. C’è di più. Quelle sorti sono soggette a trovarsi capovolte dall’ oggi al domani per motivi che sfuggono alla maggior parte dell’ opinione pubblica. Una società, per meritare di essere definita civile e democratica, deve saper fare buon uso di queste due qualifiche. Tenendo conto che, se continua a tentare di fare a meno delle norme che ne regolano il funzionamento, cede sempre più il passo alla demagogia. Se appena si riflette su quanto riportato, si fa presto a capire che l’argomento non è nuovo. Già Platone, discorrendo sulla democrazia, aveva avvertito chi lo seguiva che il confine tra la democrazie e la demagogia è labille. Lasciava intendere che se lo stesso non fosse stato difeso strenuamente, il subentro della tirannide sarebbe stato prossimo. Nella Roma imperiale si sarebbe detto” niente di nuovo sotto il sole”. Oggi si potrebbe a giusta ragione:” di memorabile invece si”. Questo è tutto e, piaccia o non piaccia, non esistono soluzioni diverse.