La tutela dai rumori molesti all’interno di un condominio

706

L’aumentare delle dimensioni e della densità dei centri abitati ha prodotto un incremento esponenziale della loro rumorosità.

Tale incremento ha, infatti, comportato, tra l’altro, l’aumento del traffico veicolare e la continua crescita di insediamenti abitativi limitrofi ad attività produttive.

Il tutto senza considerare l’utilizzo della musica quale strumento di intrattenimento che ha comportato un enorme incremento della diffusione dei locali danzanti nonché di quelli in cui si ascoltano canzoni, anche all’aperto, ad alto volume.

Questa situazione ha reso sempre più diffuse ed asfissianti le problematiche per i cittadini che le subiscono, con gravi conseguenze non solo per la loro “pace domestica” ma anche per la loro salute.

Questo stato di fatto è in evidente contrasto con la sempre maggiore richiesta, di “tranquillità domestica” quale contrappeso necessario a contrastare gli effetti negativi già prodotti dagli stressanti ritmi della nostra vita quotidiana.

Tranquillità domestica che inevitabilmente passa obbligatoriamente anche attraverso un minor impatto acustico dei suoni derivanti dal mondo circostante.

Tali problematiche sono chiaramente accentuate all’interno dei fabbricati e, quindi, dei condomini in genere. In tali realtà, infatti, maggiore è il numero dei soggetti che si trovano ad interagire acusticamente tra loro, anche a poca distanza, e, spesso, senza neanche uscire dalle proprie abitazioni.

I vicini rumorosi costituiscono, quindi, sempre più spesso, una costante negativa della nostra vita che, in sempre maggiori occasioni, si aggiunge alla generale rumorosità delle città.

Il nostro ordinamento giuridico ha da tempo compreso la necessità di tutelare i cittadini da tale situazione stabilendo una serie di forme di tutela sia di carattere amministrativo – pubblicistico che penale nonché di stampo civilistico.

In materia penale, l’art. 659 C.P. nel prevedere il c.d. “reato di disturbo della quiete pubblica” statuisce espressamente che: “ Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.

La tutela penale costituisce sicuramente un forte deterrente al compimento di fatti lesivi della pace della comunità condominiale.

Nella sua attuazione pratica però lo stesso, specie in ambito condominiale, incontra un fondamentale limite.

Il reato di disturbo alla quiete pubblica si integra, infatti, solo nel caso in cui il rumore molesto raggiunga un numero indefinito di persone.

Pertanto, quando il rumore prodotto da uno o più soggetti infastidisce solo una persona o un numero limitato di esse, l’emissione sonora, seppur illegittima, non costituendo reato, non è penalmente perseguibile.

Di conseguenza, specie, nell’ambito condominiale, ove appunto di rado si infastidisce un numero indefinito di soggetti, lo strumento penalistico perde molta della sua efficacia, risultando applicabile solo nei casi più gravi.

Anche nel campo amministrativo – pubblicistico sono state introdotte una serie di norme speciali che, a tutela della salute dei cittadini, in molteplici settori della nostra vita, hanno imposto una serie di limiti alle propagazioni sonore.

Si pensi, solo a titolo esemplificativo, alla normativa che impone limiti al volume della musica nelle discoteche o al rumore aereoportuale.

In materia edilizia diverse norme stabiliscono i requisiti che i materiali e le tecniche di costruzione degli edifici devono rispettare ai fini della insonorizzazione acustica delle abitazioni.

Tali normative però, perseguendo esclusivamente finalità pubblicistiche, vanno a regolare quasi sempre i rapporti tra la Pubblica Amministrazione e i privati o, comunque, vanno semplicemente a limitare le emissioni acustiche di una certa attività produttiva, senza quasi mai regolare però, in alcun modo, i contrasti tra privati.

Pertanto, anche questa forma di tutela appare purtroppo di limitata portata nel prevenire e/o risolvere le problematiche acustiche in materia condominiale.

Il terzo strumento posto a salvaguardia dei cittadini dalle conseguenze negative dei rumori è quello civilistico.

In materia di tutela acustica la norma cardine a cui fare riferimento è l’art. 844 c.c. La suddetta disposizione si incardina, infatti, all’interno di un sistema in cui le problematiche acustiche sono analizzate finalmente soltanto nell’ottica della tutela e regolamentazione dei rapporti giuridici tra privati.

Invero, l’intero sistema privatistico tende in maniera diretta a contemperare e regolare esclusivamente i rispettivi diritti e doveri dei singoli soggetti nell’ambito dei rapporti tra soggetti privati.

In particolare, l’art. 844 c.c., in via generale, vieta a chiunque di produrre rumori tali da risultare intollerabili per i vicini che devono subirli.

In altre, parole, un rumore viene considerato illegittimo ogni qual volta supera “la normale tollerabilità” di chi lo subisce.

La tutela viene, quindi, concessa in via generale a chiunque, in qualsiasi modo, venga infastidito da un rumore che superi la normale tollerabilità.

Il limite della normale tollerabilità non è però specificato nella norma e, pertanto, è stato determinato dalla Giurisprudenza di merito.

In generale, nell’ambito dei vari orientamenti succedutisi nel tempo, quindi, una immissione acustica è considerata intollerabile ogni qual volta che i rumori del vicino, nelle ore notturne, superano di 3 dB il rumore di fondo oppure di 5 dB nelle ore diurne.

Pertanto, in tutti i casi in cui una immissione acustica non ha rilevanza penale e non supera i limiti stabiliti da specifiche norme pubblicistiche, la vittima di un rumore molesto è, comunque, tutelata ogni qual volta questo supera il limite della normale tollerabilità.

Premesso quanto sopra, va evidenziato che la Giurisprudenza, nel tentativo di offrire la massima tutela possibile alle vittime dei rumori molesti, ha ritenuto legittima l’utilizzabilità in contemporanea di tali strumenti.

È stato così creato un sistema di doppia tutela “minima” basato sia sui limiti indicati nel sistema privatistico sia su quelli indicati nel sistema pubblicistico.

Quindi, nei giudizi in materia acustica, il superamento della soglia minima di immissioni previste dalla normativa speciale (di natura pubblicistica), comporta sempre l’illiceità dell’immissione stessa (anche nei rapporti tra privati).

Parimenti, un’immissione al di sotto delle soglie minime previste dalla normativa speciale, viene parimenti considerata illecita (tra privati) se non è tollerabile ex art. 844 c.c.

Quindi, è sufficiente che solo uno dei valori non venga rispettato perché la immissione venga considerata “non tollerabile” e quindi illegittima.

Tale costante orientamento è stato ulteriormente confermato da una recentissima sentenza dello scorso dicembre 2023 (la n. 33966)

Il caso analizzato ha riguardato un condomino che conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace un’altra condomina per ottenere l’accertamento del superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore causate dall’utilizzo continuo di due pianoforti e altri strumenti musicali da parte di quest’ultima.

Il Giudice di Pace, previo esperimento di una consulenza tecnica d’ufficio, accertava il superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore prodotte. Di conseguenza, condannava la convenuta a fare eseguire nel suo appartamento i lavori necessari onde limitare le stesse entro la soglia di tollerabilità. In secondo grado, il Tribunale confermava la decisione impugnata.

A questo punto, la parte condannata si rivolgeva alla Suprema Corte di Cassazione eccependo che, nelle more del giudizio, la normativa pubblicistica acustica in materia aveva esteso la sua applicabilità anche ai rapporti tra privati.

Pertanto, il giudice, nel decidere sul caso, avrebbe dovuto applicare i limiti (mai superati dalla musica prodotta dagli strumenti musicali da questo utilizzati) previsti in materia dalle leggi pubblicistiche e non quelli previsti dall’art. 844 c.c.

Al contrario, la Cassazione, con la decisione analizzata, ha respinto il ricorso, ricordando che la giurisprudenza di legittimità ha sempre univocamente ritenuto che, in tema di immissioni acustiche, alla normativa pubblicistica non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c.

Quindi, i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente, pur potendo essere considerati quali criteri minimi inderogabili per stabilire l’intollerabilità delle emissioni sonore che li superano, non sono sempre vincolanti per il giudice civile il quale, nei rapporti fra privati, può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. delle dette emissioni anche qualora siano contenute nei summenzionati parametri.

Ma la Giurisprudenza in materia non si è fermata qui!

1

La Nostra Suprema Corte ha, infatti, inteso estendere la tutela dalle immissioni a tal punto da ritenere che anche la volontà dei privati possa ulteriormente abbassare le soglie di tollerabilità stabilite dalla legge.

In particolare, la Cassazione ha espressamente affermato che i condomini, attraverso il regolamento di condominio, possono disporre, in materia acustica, limiti più rigorosi di quelli dettati dall’art. 844 Cod. civ.

Di conseguenza, la legittimità o meno del rumore prodotto all’interno di un condominio sarà giudicata non alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì dal criterio di valutazione fissato nel regolamento, in quanto le norme regolamentari di natura contrattuale possono sempre imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva maggiori di quelle stabilite dalla indicata norma generale sulla proprietà fondiaria.

Come si vede, quindi, la grande sensibilità dimostrata prima dal legislatore e poi dalla giurisprudenza ha portato alla creazione di un complesso ed ampissimo sistema di tutela del cittadino in generale e del condomino in particolare dagli effetti nocivi prodotti dai rumori intollerabili.

Sistema che dà, addirittura, la possibilità alla compagine condominiale di tutelarsi dalle immissioni acustiche nocive ben oltre i casi ed i limiti previsti dalla legge, imponendo, ad esempio, divieti di compiere determinate attività ritenute particolarmente rumorose all’interno dello stabile o imponendo orari nei quali non si possono produrre rumori.

Tale risultato è stato reso possibile in quanto, come più volte sottolineato dalla nostra Suprema Corte, il bene salute deve ritenersi comprensivo non solo dell’incolumità fisica, ma anche del benessere psichico dell’individuo e di tutti gli aspetti qualitativi della sua vita, compreso quello relativo alla sua serenità domestica.

Pertanto, in presenza di immissioni intollerabili, vengono in rilievo non soltanto gli eventuali effetti negativi che queste possono provocare sull’organismo di chi le subisce, ma anche le conseguenze che queste provocano sull’equilibrio della persona e sulla sua serenità psichica.

Avv. Raffaele Anatriello