La protesta degli agricoltori: non finisce qui

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Anche se i problemi più importanti sono rimasti tali, gli agricoltori, dopo una settimana di mobilitazione con i trattori, qualcosa l’hanno ottenuta e, strano ma vero, hanno dato molto su cui riflettere all’ Italia è all’ Europa. Quella gente di campagna ha saputo dimostrare, soprattutto a Roma, come si possa ancora oggi pretendere il riconoscimento delle proprie istanze rispettando gli altri. Due millenni fa, in quella stessa città, tale indicazione era stata riassunta nel diritto romano e poi nel codice di Giustiniano come “Neminem laedere”. Detta con poche parole, il concetto suona “il mio diritto inizia dove finisce quello altrui”. Quei produttori- non è un caso che tale definizione sia riservata principalmente a chi lavora in campagna – hanno messo in piedi una protesta civile senza apportare danni di ogni genere al resto della popolazione. Alcuni anni orsono Leonardo Sciascia, in una intervista alla televisione di Stato, alla domanda cosa ne pensasse della civiltà contadina, rispose chiedendo a sua volta a chi aveva posto la domanda, se, oltre quella contadina, ne conoscesse un’ altra. Ancora una volta, in occasione della maxi manifestazione ancora in corso, quella gente ha saputo chiedere con il tono giusto al Governo centrale cosa le fosse indispensabile per continuare l’ attività. Quanta dignità e quanto decoro sta venendo in superficie nel mondo rurale è un esempio limitato non solo agli italiani ma un po ‘ a tutti. Nemmeno fosse stata voluta, è ormai di dominio pubblico e senza confini territoriali. Quello che fu un orgoglio dell’ imprenditoria italiana e i suoi proprietari stanno andando in scena interpretando qualcosa di indefinibile, oltre la pochade di parigina memoria e la napoletana opera buffa. Il tutto arricchito da incredibile indifferenza per le conseguenze di tale comportamento che ricadono e ricadranno sugli italiani e su altre realtà socioeconomiche. Tasse evase, accordi non rispettati, brogli nelle scritture contabili, ce n’è per tutti i gusti, senza vergogna. Pensare che nella Roma papalina vicende del genere messe in piedi dalla nobiltà nera, venivano coperte con cura meticolosa. Come a giustificarsi o scrollarsi di dosso gli effetti di quel comportamento, usavano la stessa espressione ” sennò pare brutto”. La questione non merita commenti ma azioni di contrasto e ciò è quanto dichiara di voler fare il Governo. Stride non poco il paragone del comportamento antitetico tenuto da chi ha in mano le redini del Paese nei confronti di due dei grandi comparti che concorrono alla formazione del PIL, Prodotto Interno Lordo italiano: l’agricoltura è l’industria automobilistica. Il riferimento, più che evidente, è che l’agricoltura, che un tempo veniva vista come la versione povera della produzione non solo in Italia, attualmente ha perso quasi tutti gli incentivi legati al suo esercizio particolarmente faticosa. Aggiungendo che, per buona sorte, gran parte delle decisioni in merito vengono prese a Bruxelles. Ben diverso è stato e continua a esserlo che il potete legislativo mantiene nei confronti della Motorizzazione, compresa quella commerciale, che porta ai costruttori utili senza dubbio maggiori. Si potrebbe andare avanti ancora per molto, sfiorando le lamentazioni, mentre può essere interessate almeno una considerazione di larga massima sull’ indotto che genera ciascuna delle due. Mentre i prodotti collegati in qualche modo con le lavorazioni agricole si prestano a molteplici trasformazioni, dando così lavoro a tanta gente, per il settore automobilistico quell’effetto moltiplicatore si ha prevalentemente al momento della realizzazione del veicolo, dovendo attingere alla componentistica. Per quanto essa possa essere importante, da poco dopo l’inizio del secolo sta dimostrando una contrazione dovuta principalmente alla ridefinizione del mercato automobilistico e dal debutto di aziende analoghe orientali più concorrenziali. È possibile quindi augurarsi un futuro che sia decisamente più verde dello scenario attuale. Oramai è un concetto accettato oltre che nella parte civile del mondo, anche in quei paesi bisogna lavorare ancora sodo per fermare la distruzione sistematica dell’ ambiente. Le condizioni necessarie per il cambio di rotta dell’economia e, con essa, il riassetto sociale del genere umano ci sono. A tal punto è d’ obbligo ribadire che ogni rinvio di qualsiasi genere fa allontanare il raggiungimento della metà. Se quelle pause dovessero allungare di molto il cammino, si deve prendere in considerazione di poter arrivare fuori tempo utile. Dopo, ogni considerazione sarebbe superflua.