In Italia le imprese che lavorano il legno sono numerosissime, a prescindere dal fatto che tali lavorazioni abbiano un’importanza residuale o, al contrario, corrispondano al “core business” dell’attività, ma le polveri di questo materiale sono da considerarsi pericolose?
La pericolosità delle polveri sottili
È cosa nota il fatto che le polveri sottili siano una potenziale minaccia per la salute: PM 10 e PM 2.5, infatti, sono ufficialmente riconosciuti come inquinanti dall’azione potenzialmente cancerogena, la cui pericolosità è legata al fatto che tali particelle, avendo delle dimensioni infinitesimamente piccole, possono essere facilmente inalate.
Le polveri sottili sono un inquinante a carattere generale, di conseguenza nelle diverse città italiane vengono tenuti sempre sotto controllo i relativi livelli di diffusione nell’atmosfera (in molte città, purtroppo, è frequente che i limiti vengano sforati), ma lo sono anche a carattere locale, ad esempio appunto nei contesti lavorativi.
È dunque responsabilità del datore di lavoro proteggere i propri dipendenti fornendo loro dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) adeguati al rischio a cui sono esposti e prevedendo l’utilizzo di aspiratori industriali che possano catturare efficacemente anche questo tipo di residui, come quelli visionabili nel sito www.depureco.com.
Il legno, dunque, può essere considerato un materiale pericoloso in tal senso? Può produrre delle polveri dannose per la salute?
Anche il legno può essere un pericolo per la salute
I residui più grossolani del legno, quelli che vengono comunemente chiamati trucioli, non possono costituire una minaccia per la salute; sicuramente la loro presenza in un ambiente lavorativo non giova alla pulizia, ecco perché devono comunque essere adeguatamente rimossi, ma non possono rivelarsi un pericolo per quel che riguarda un’eventuale inalazione.
Lavorare il legno, tuttavia, può implicare anche la produzione di residui ben più piccoli, residui che, avendo dimensioni minuscole potendo facilmente fluttuare nell’aria, possono essere inalati; in questi casi, purtroppo, anche la lavorazione del legno può costituire un potenziale pericolo per la salute.
Cosa prevede la normativa sulla sicurezza sul lavoro
Se si sta affermando che anche i residui di legno possono essere pericolosi, ovviamente, non è per via di una semplice deduzione: la normativa che disciplina la sicurezza sul lavoro, infatti, fa esplicito riferimento a questo tipo di inquinante.
In tal senso, delle conferme giungono da fonti più che autorevoli quali INAIL, Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, e il D.Lgs. 81/2008, norma dedicata appunto alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che rappresenta, da questo punto di vista, un’autentica “pietra miliare”.
Tale Decreto Legislativo indica quali sono i valori limite di esposizione nei contesti professionali relativi a vari tipi di sostanze, tra cui figurano, appunto, anche le polveri di legno duro: in precedenza, per via di una misura transitoria, il valore massimo di esposizione era di 3 mg/m3; dal 17 gennaio del 2023, tuttavia, la soglia è divenuta ancor più stringente, oggi infatti non è possibile superare la soglia di 2 mg/m3.
Come si può leggere nell’allegato XLIII, nel caso in cui le lavorazioni compiute prevedano la produzione sia di polveri di legno duro che di polveri di legno di altra tipologia, il suddetto limite di 2 mg/m3 si estende anche a quest’ultime.
I titolari di imprese del settore devono prevedere misure adeguate
Anche il legno, dunque, può divenire un nemico della salute nei contesti lavorativi, laddove venga sottoposto a lavorazioni tali da produrre delle polveri.
Chi è titolare di un’azienda in cui si lavora legno, dunque, deve proteggere la salute dei dipendenti anche in tal senso, accertandosi di non superare il limite previsto dal D.Lgs. 81/2008 e, laddove necessario, prevedendo degli adeguati DPI come anche l’utilizzo di aspiratori e altre strumentazioni necessarie per mantenere salubri gli ambienti di lavoro.