Chi più ne ha, più ne metta: l’Ocse sulla situazione dei conti dell’Italia

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(Imagoeconomica)

L’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico dei paesi che la compongono, da Parigi, dove ha sede, lunedì scorso ha commentato stato e prospettive dell’Italia. Nel suo rapporto periodico, l’Economic Survey, i risultati ottenuti dall’Italia lo scorso anno e le prospettive per quello in corso mostrano luci e ombre, seppure senza lanciare il crucifige. È opportuno precisare che tra i requisiti necessari per appartenere a quel sodalizio, terzo rispetto ai componenti, è necessario che il paese aspirante candidato a associarsi, sia retto da un governo democratico e che la sua economia operi in un mercato libero, quindi animato dalla pratica della concorrenza, salvo eccezioni poco rilevanti. Nel rapporto che descrive le condizioni dell’Italia, l’OCSE conferma di massima quanto già esposto da altri enti internazionali, del genere delle varie agenzie di rating, ovvero che la direzione scelta dal Governo sia di massima quella giusta, salvo alcuni particolari non di poco conto.

È possibile commentarne qualcuno con l’animo di chi crede ancora, come al tempo di Roma imperiale, che “repetita iuvant”. Volendo così quell’organismo riproporre all’attenzione situazioni o problemi la cui importanza potrebbe essere data per scontata mentre non lo è affatto. Può essere di aiuto approcciarsi alla relazione dell’OCSE con l’animo di chi, per aver conferma di quelle considerazioni pensi :”in patria e nella UE funziona (il programma socio economico), è opportuno comunque sottoporlo anche a osservatori di più ampie vedute per averne riscontro”. Entrando nel merito, il primo punto di convergenza, di massima  confortante, è quello che conferma che la produzione nel Paese sia ripartita, anche se con un incremento di decimali (0, 7%) e lo stesso valore è confermato anche per il 2025. L’anno seguente la crescita sarà dell’1, 2% e anche su questo punto le conclusioni coincidono con quelle delle agenzie di rating e altre analoghe. Oltre ai numeri, senza dubbio indispensabili per potere fare una comparazione omogenea, è importante soffermarsi sui commenti che li accompagnano o che comunque facciano riferimento a essi. Partendo dalla produzione, l’OCSE ha commentato che è primario l’impegno da profondere nel comparto industriale anche per i riflessi marcati che esso ha sul mondo del lavoro, di privatizzare quanto più è possibile, tenendo bene aperti gli occhi sugli errori commessi durante la passata privatizzazione, quella di circa trenta anni fa. Quindi l’attenzione dei valutatori di Parigi si è soffermata su due argomenti che possono essere considerati le due  facce di una stessa medaglia: il prelievo fiscale e i redditi da patrimonio o comunque di fascia alta, insieme all’assegno pensionistico con caratteristiche simili.

I problemi si riducono alla fine a un più razionale impiego del gettito fiscale. Parte consistente dello stesso proviene dal prelievo alla fonte di lauti stipendi o compensi, o dagli assegni pensionistici accennati sopra. Cio in quanto il Fisco tratta con limitata  differenza la tassazione di emolumenti ordinari. Il suggerimento implicito dato al Governo è di aggiustare il tiro. Così facendo, anche se scontentando una parte dei contribuenti, l’ Erario farebbe cassa a saldo pressoché invariato. L’OCSE si è spinta oltre, sezionando anche il potere giudiziario, onde poterne considerare vizi e virtù, Ciò specialmente per l’influenza che essa ha nel settore della produzione. Partendo dalla lentezza con cui si muove la magistratura, passando oltre il suo condizionamento politico, fino a giungere ai confronti serrati nel rapporto con il potere legislativo, quegli osservatori hanno concluso che un investitore straniero poco probabilmente deciderà di scegliere il Paese per realizzare quanto ha ipotizzato. Anche sul debito pubblico al Governo è stato raccomandato di agire con la massima prudenza, in quanto, tra i paesi aderenti a quell’organizzazione, per quanto riguarda quella posta di bilancio, l’Italia si colloca tra gli ultimi classificati. Infine, non perché non c’è altro da commentare, ma solo in quanto è sufficiente andare per sommi capi, si può trarre la conclusione che segue. Per poter definire un’ immagine sufficientemente netta dell’affaire Italia, per non lasciare in sospeso la vicenda della scarsa crescita del PIL, l’OCSE ha ripetuto l’invito al Governo di mettere a punto un programma di riforme che favoriscano una più rapida ripresa. Intanto, dall’intero mondo della politica, non si è sentito nemmeno un “io l’avevo detto”. Per quanto possa sembrare strano, per ora il quadro d’insieme è questo.