Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 23 gennaio all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Nave senza nocchiero in gran tempesta. Così apparve a Dante il nostro Paese nel sesto canto del Purgatorio. Molte le ragioni, allora, per esprimersi così. Ma oggi? Bisogna riconoscere che la “gran tempesta” non manca, scatenata dalla propensione a preferire la “dialettica delle armi” alle “armi della dialettica”, come stigmatizzava Benedetto Croce. La terza guerra mondiale si profila a pezzi, denuncia Papa Francesco: l’aggressione di Putin all’Ucraina; il medio-oriente in fiamme per Hamas che non si rassegna all’esistenza di Israele e provoca reazioni distruttive oltre misura; l’Iran rifugio e sostegno di tutto il terrorismo con missili sul Pakistan che ricambia con bombardamenti; gli Houthi dello Yemen nuovi “padroni” del canale di Suez a danno delle economie di mezzo mondo. La “nave dantesca” cerca di resistere ai travolgenti marosi.
PER NOI LA NAVE E’ L’EUROPA. Nemici e onde devastatrici sono tutti al suo interno. Si chiamano sovranismo, populismo, nazionalismo esasperato, euroscetticismo esplicito o seminascosto. L’ungherese Victor Orbàn non è il solo, nel gruppo di Visegrad, a distinguersi tra chi fa affidamento sul malcontento che i tempi, in parte, potrebbero anche giustificare. Ma è proprio nei giorni di “tempeste perfette” che vale la pena richiamare alla memoria il “Manifesto di Ventotene”. Era il 1941 quando Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, nell’isola del Tirreno tracciarono le linee “per un’Europa libera e unita”. Si pensava a un Movimento capace di “mobilitare tutte le forze popolari attive” nei vari Paesi, al fine di “far nascere uno Stato federale che valorizzasse le peculiari caratteristiche dei vari popoli”.
TENSIONI CRESCENTI.A oggi sono già numerosi, nel nostro Paese, i “fronti di contrasto” con l’Europa. Banca degli investimenti: Roma candida alla presidenza l’ex ministro dell’Economia Franco, ma dalla Germania e dalla Francia non arrivano sostegni. Ratifica del Mes (Salva Stati): il Parlamento vota contro con il disappunto della Commissione. Concessioni balneari e concorrenza: il non adeguamento alle direttive europee suscita le critiche di Bruxelles così come rilievi sono stati sollevati dal Quirinale. Abuso d’ufficio: l’Italia lo abolisce ma per l’Unione è un grosso errore (Salvini parla invece di “grave intromissione”). Piano di Bilancio 2024: il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis afferma: ”Abbiamo chiesto all’Italia di rimettere in linea i conti pubblici con le nostre raccomandazioni”. Dopo la “cocente sconfitta” su Expo, Roma incassa un altro brutto colpo. Non accolta la candidatura come sede dell’Autorità antiriciclaggio e contro il finanziamento al terrorismo: prevale nettamente Francoforte.
PROVA D’APPELLO. Non per il Governo, che da Strasburgo e da Bruxelles viene giudicato euroscettico e “claudicante”, ma per Giorgia Meloni grazie al prestigio internazionale che ha saputo conquistare. Da gennaio lei preside il G7, cui danno vita i 7 Stati più industrializzati. Al centro del dibattito: aggressione della Russia all’Ucraina, Africa tra migrazioni e piano Mattei, guerra in medioriente tra Hamas e Israele, mercato globale, difesa dell’ambiente, intelligenza artificiale. A Capri si confronteranno i ministri degli Esteri, in Puglia quelli dell’Economia. Sempre in questa Regione, nella Valle d’Itria, a metà giugno convergeranno Capi di Stato e di Governo. Pieno, fra i partecipanti, l’impegno a contrastare l’esasperato nazionalismo della divisione e i comportamenti in rotta col Diritto internazionale. Un terreno favorevole a Giorgia che guarda al futuro. Compiuti i 47 anni, le hanno chiesto se, a 50, sarà ancora a Palazzo Chigi. ”Sì, sì ci tocca…”,ha risposto senza la minima esitazione.
PROGETTO “SPACCA ITALIA”. Così viene considerata l’Autonomia differenziata di Calderoli e Salvini, i due leghisti più esposti. Oggi voto decisivo in Senato. La premier ha sempre sostenuto che occorre garantire prestazioni sanitarie e istruzione pubblica con risorse uguali per tutte le Regioni. Costituzionalisti come Sabino Cassese e Giovanni Guzzetta sostengono che non c’è motivo di allarme. Tuttavia, come rileva Alfonso Ruffo richiamando la Svimez presieduta da Giannola, occorrono tra 100 e 120 miliardi se si vogliono ridurre i divari. Aspetto che l’attuale progetto non considera. La questione è rimessa nelle mani di Giorgia Meloni.