Nella tana del lupo. O nella gabbia della tigre?

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La conferenza di Dubai delle parti interessate al dibattito sul cambiamento climatico, COP 28, che si articolerà per due settimane, con buona probabilità è la più nutrita di presenze di quelle finora svoltesi, dopo l’ assemblea dell’ONU. Circa 200 i paesi partecipanti, intorno a 70.000 il numeto dei presenti. Quella che è iniziata giovedì 30 novembre, vede sedute ai suoi banchi personalità rappresentanti le più disparate realtà del pianeta. In diversi casi sono portatrici di problematiche le più disparate, che arrivano talvolta a essere antitetiche tra loro. Ciò che è certo è che, a presiedere quei lavori è stato designato Sultan Al Jaber, definito “l’uomo del petrolio”, in quanto CEO della locale azienda petrolifera pubblica ADNOC nonchè di quella per le energie rinnovabili MASDAR. Accade così che un personaggio a capo di un azienda pubblica che estrae uno tra i principali prodotti responsabili dell’ inquinamento, se non il primo tra essi, si stia trovando nella condizione di dover fare slalom ancora più impegnativi di quelli giganti. Qualche prodezza gia la ha fatta, poco dopo l’apertura dei lavori, chiedendo ai sostenitori che l’uso del petrolio sia dannoso per l’ambiente, quali fossero le prove scientifiche degli effetti della combustione di idrocarburi sul fenomeno del surriscaldamento del pianeta. Lunedì ha però precisato che il cammino che porterà al passaggio graduale all’energia da fonti rinnovabili non è in discussione. La motivazione del quesito che aveva già posto lo scorso novembre è facilmente intuibile. Oltre ai padroni di casa, per i quali l’estrazione e la vendita di idrocarburi sono sostanzialmente la prima fonte di reddito, diverse altre sono le realtà socioeconomiche che hanno nelle profondità dei loro territori “salvadanai” pieni di oro nero. Sempre nelle stesse aule sono presenti, seduti accanto ai primi, delegati di paesi che, a causa del cambiamento climatico, stanno subendo vere e proprie mutazioni morfologiche, del tipo isole che sprofondano sempre più e altre che stanno emergendo anno dopo anno. Ciò che preoccupa le popolazioni che abitano quei luoghi è che, in ragione d’anno, i cambiamenti innanzi accennati non sono di pochi millimetri, bensì di centimetri, talvolta addirittura di diversi decimetri. L’ impresa di trovare un punto di convergenza per le varie problematiche che saranno all’ ordine del giorno nelle varie sessioni di quell’ assise, si è presentata ardua fin dai primi giorni. L’ apertura dei lavori è stata fatta da Re Carlo III d’Inghilterra, al suo debutto in terra straniera. Da proprietario di molti ettari di terreno, ha confermato che il paese su cui regna continuerà a sostenere in pieno l’oggetto intorno a cui sta orbitando quel Consiglio d’ Arabia. Domenica è intervenuta anche la Premier Meloni, che ha dichiarato, con molta prudenza che l’Italia è pronta a prendere in considerazione il nuovo tipo di produzione e di utilizzo di energia nucleare. Il suo è stato un intervento che non ha scontentato nessuno, e altrettanto non ha fatto fare salti di gioia ai sostenitori di quella tecnologia. Quest’ultima peraltro è stata molto rinnovata e quindi attualmente è più sicura di quando in Italia fu bandita con l’intervento diretto della popolazione, espresso con il voto referendario. Mancano tre personaggi più che importanti, non presenti di persona che in loro vece hanno inviato stretti collaboratori. Nell’ ordine Papa Bergoglio, capo della Città Stato del Vaticano, John Biden, Presidente degli USA e Xi Jimping, Presidente a vita della Cina. I delegati degli ultimi due si sono contenuti nel commentare come si conviene cose di questo mondo, laicamente, senza urtare le rispettive sensibilità. La Cina è prima al mondo per quanto concerne il contributo di inquinamento. Gli USA non sono indietreggiati di un passo dall’ eseguire trivellazioni con tecniche che sconvolgono il sottosuolo. Alla fine, seguendo, lo spirito che vorrebbe che quei lavori terminassero con il lieto fine, i rapprentanti delle prime due potenze del mondo stanno recitando la parte dei “cordiali nemici”. Il Cardinale Parolin, che ha rappresento il Vaticano, ha letto il messaggio preparato da Francesco, In uno dei suoi passaggi egli ha significato che inquinare equivale a offendere Dio. Non c’è bisogno di commento ma una considerazione è doveroso esternare. Quella macchina organizzata a Dubai da l’idea che chiunque e a qualsiasi titolo stia sostenendo la giusta causa della riduzione graduale dell’ uso di idrocarburi, stia avendo sorte peggiore di qualcuno che si fosse avventurato nella tana del lupo. Costoro sono paragonabili invece a quei temerari che decidano di entrare nella gabbia delle tigri pur non essendo domatori. Non sarà facile che ne escano indenni.I sistemi che producono energia in tutto il mondo, nella stragrande maggioranza la ricavano bruciando combustibili fossili. Il loro adeguamento all’uso di energie rinnovabili prevede tempi non brevi. Già così l’ impresa non sará semplice. Pensare agli interessi contrastanti potrebbe addirittura demoralizzare i protagonisti. C’è un particolare che fa pensare che da quella adunata oceanica in terra d’ Oriente almeno un sentiero conduttore possa venir fuori. Ciò è dovuto al fatto che buona parte dei capi di stato è ritornata in patria e ora la palla è passata in mano ai tecnici. Il fuoco sacro che essi mettono nella loro opera è senz’altro meno inquinante di quello dei politici. Almeno ciò è quanto piace credere al mondo in attesa di una buona novella, questa volta terrena.