Il capitale umano tra due dinamiche nella “tratta” salariale e dei vantaggi fiscali nei Paesi del mondo che cambia

Foto di Mohamed Hassan da Pixabay

Eugenio Bruno, noto comunicatore che si è occupato con successo, da qualche decennio, di scuola e università, de Il Sole 24 Ore, nelle pagine del 23 novembre scorso si sofferma sulla “fuga di cervelli”, che esplicitandola, la interpreto anche in termini di fenomeno del mancato rientro dei cervelli rispetto a quello “atteso”: cioè, un valore determinato dall’esperienza interpolata da un adeguato modello statistico. Se dai dati, la “fuga dei cervelli” almeno non si riduce, ciò indicherebbe che non funzionano adeguatamente gli articolati meccanismi annuali degli incentivi fiscali all’ “impatrio” di “cervelli”che sono certamente più bravi di quanto lo erano quando sono usciti dal proprio Paese, da alcuni anni o da qualche decennio prima.  Queste mie considerazioni di ordine generale si coniugano bene con quanto osserva il giornalista Bruno, quando  scrive: “Chissà se c’entra anche la recente polemica sul riordino per gli incentivi ai lavoratori impatriati, che non dovrebbe però riguardare i docenti o i ricercatori. Oppure se siamo in presenza della solita tendenza a scegliere un altro Paese di destinazione soprattutto quando si è a metà carriera. Fatto sta che la fuga di cervelli tricolori, o meglio il loro mancato rientro, non si ferma”.

Per quanto riguarda la MEGA DINAMICA NELLA “TRATTA” SALARIALE E DELL’AIUTO FISCALE,  – nuovo termine che proporrei per il nuovo vocabolario che, consapevolmente o meno,  si sta configurando    per descrivere i  fenomeno considerati di colorazione estrema che si stanno configurando – più specificamente va inquadrato, un tantino, in termini più generale. Ciò anche, per dare al lettore, il senso dell’ordine di grandezza e della natura del fenomeno  dei flussi demografici considerati, e, al loro interno, quelli dei  “cervelli” che escono dal Paese, per andare a formarsi più velocemente, partecipando ad un “tratta salariale” al rialzo  e “cervelli” che rientrano per considerazioni molteplici, tra le quali, oltre al caso di ripartecipare, a tempi differiti, ad un’altra   “tratta salariale”  al rialzo assieme ad  una diversa “tratta di fruizione” di benefici fiscali, nella realtà di oggi, ad ampio spettro. Infatti, si stagliano  vantaggi della famiglia, in termini di assegni familiari ed anche  in termini di aiuti finanziari, ad esempio, per  l’acquisizione, incentivata, di immobili per i figli, e non solo questi vantaggi.

Dall’articolo: Non solo “cervelli in fuga”di Enrico Di Pasquale e Chiara Tronchin, 1 Marzo 2022 – Noademos. info qui

I flussi  dei vantaggi fiscali all’ingresso dei “cervelli” che rientrano nelle università, nelle imprese e in qualità di professionisti specializzati o provetti imprenditori, sono quelli che spiccano di più. Da non molto tempo fa sono entrati alla ribalta internazionale, riconoscimenti, “premi” che spingono a rientri cioè sono di segno algebrico opposto,  stante la pregressa partecipazione alla “fuga dei cervelli” che, nonostante tutto, non si riesce nel complesso ad arginare. Bisogna tenere presente, infatti, che il nostro Paese è secondo per nazionalità dei premiati ma solo settimo come Paese di destinazione. Il titolo dell’articolo de il Sole 24 ore “Fuga di cervelli, l’Europa assegna 308 premi di metà carriera, ma solo 15 scelgono l’Italia, sottolinea la presenza, pur se secondaria,   di un flusso derivante di “premi” finanziati dall’Europa ai “cervelli” provenienti da qualunque parte, e che hanno maturato una super eccellenza. “A ricordarcelo”, afferma il dr. Bruno, “a tale proposito, sono le statistiche sui Consolidator Grant diffuse dall’European Research Council (Erc)  (qui) che premiano gli scienziati con almeno sette anni di lavoro alle spalle: l’Italia che è seconda per nazionalità dei premiati diventa, invece, settima come luogo di insediamento delle future ricerche. Ed è un dato che deve far riflettere considerando anche quanto il Pnrr insista (e investa) sul tema”.

I numeri complessivi
“Vediamole queste statistiche – è sempre il Sole 24 Ore che scrive. L’Erc ha stanziato fondi per un totale di 308 ricercatori e ricercatrici in tutta Europa, per un investimento complessivo di 627 milioni di euro. Il primo dato che balza agli occhi è che per il 39% si tratta di donne.
Un altro elemento di interesse è che il tasso di aggiudicazione è stato del 14,5% se si considera che erano arrivate nel complesso oltre 2.100 candidature.
Quanto ai settori di ricerca nei quali si concentreranno le ricerche finanziate 129 riguardano le Scienze fisiche e ingegneria, 90 le Scienze sociali e umanistiche e le restanti 89 le Scienze della vita”.

Il gap dell’Italia
“I nodi dell’Italia vengono al pettine quando si passa ad analizzare la nazionalità dei vincitori. In teoria, infatti, siamo secondi con 36 nomi in graduatoria dietro la Germania con 56 ricercatori e l’Olanda con 27.Se passiamo però ad analizzare l’ubicazione delle istituzioni cosiddette «host» la geografia cambia. E la nostra penisola, con 15 ricercatori premiati (di cui 14 italiani e un tedesco) scivola al settimo posto. Alle spalle di Germania, Regno Unito, Olanda, Francia, Spagna e Austria. Con un danno non da poco per il potenziale “indotto” se pensiamo che ai 308 Consolidator Grant sono comunque collegati 1.800 posti tra post-doc, PhD e staff vari per gli atenei o i centri di ricerca ospitanti”.

La soddisfazione dei premiati
A spulciare la lista dei ricercatori infine, Bruno osserva che, del Grant, gli spunti di interesse non mancano. Come il fatto che la realtà con più vincitori è l’università di Torino con tre grant.
Alle sue spalle troviamo, con due, sia lo Human Technopole di Milano sia l’Iit di Genova che, in una nota, non nasconde la sua soddisfazione per i 4 milioni complessivi in arrivo «per due progetti dedicati, rispettivamente, alla sinfonia dell’attività cerebrale e all’energia nelle piante. A condurre le ricerche – prosegue il comunicato – sono l’italiano Alessandro Gozzi e il tedesco Fabian Meder».
Completano la lista altre otto realtà tricolori: il Politecnico di Milano, le università di Trento, Genova, Padova e Pavia, Il Sant’Anna di Pisa, la Sissa di Trieste e l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (Ingm). Non c’è, osservo, nessuna università o centro di ricerca del Sud,  presenti, cioè, nell’alveo della “tratta salariale e fiscale” dei vantaggi di andare a studiare all’estero, anche questo un appannaggio che fa aggio a favore dell’”autonomia differenziata”.