Il patto sui migranti prova di premierato?

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Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 14 novembre all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

I numeri sono impietosi e drammatici: dall’inizio dell’anno oltre 130 mila gli sbarchi lungo le coste tirrenica e adriatica. Stressata fino all’inverosimile l’Isola di Lampedusa sempre più sfigurata rispetto alla sua tradizionale storia geografica e ambientale. Mediterraneo “cimitero a cielo aperto” si è detto tante volte considerando i viaggi su imbarcazioni di fortuna spesso sgangherate, gli approdi ad alto rischio, la crescente quantità di vittime umane. Occorreva d’urgenza una nuova iniziativa per regolamentare, in modo più organizzato e meno episodico, i flussi delle partenze e degli arrivi, gli asili da riconoscere e gli smistamenti da programmare, i rimpatri resi inevitabili. E’ così che, a Palazzo Chigi, si è aperto un nuovo capitolo.

UNA FIRMA CHE PESA. Giorgia Meloni e il premier Edi Rama sottoscrivono il patto che individua sul suolo dell’Albania due basi da destinare, almeno per cinque anni, alla regolamentazione che finora è sfuggita.  Una a 70 chilometri da Tirana, l’altra nella zona più interna del Paese. Si fanno i conti di 3 mila arrivi al mese e si assicura che ogni pratica sarà risolta in trenta giorni. Si copriranno le spese con un fondo ad hoc e il primo avvio di 16,5 milioni. Un patto firmato “alla luce del sole”, con informazioni preventive al Quirinale, ai due vice premier Matteo Salvini e Antonio Tajani senza escludere, ovviamente, il ministro dell’Interno Piantedosi. Il merito e le ricadute del patto verranno valutati nelle aule del Parlamento.

PIOGGIA DI ACCUSE. Accordi in rotta di collisione con i diritti sanciti dalla Costituzione italiana (articolo 10) e dai trattati europei-internazionali. Si è appaltata la gestione di un pezzo dei flussi nel Mediterraneo a un Paese extra comunitario. Si pronuncia con insistenza la parola “deportazione” quasi con un rimescolio sub liminare che farebbe pensare a un grigio ritorno ai tempi di Vittorio Emanuele III re d’Albania (dal 9 aprile 1939 al 27 novembre 1943). Si svilupperà un viavai con l’Albania e, alla fine, i migranti torneranno tutti in Italia. Durissimo Romano Prodi: ”Giorgia Meloni non riesce a fare nulla sulle tasse e così fa questa commedia. Un giochino politico perfetto…”.

RASSICURAZIONI. Nessun attrito con la Comunità europea. Il primo a valutare positivamente il Patto è il cancelliere tedesco Olaf Scholz.Del resto il premier albanese Edi Rama è un autorevole esponente del partito socialista (Pse) che sostiene l’attuale presidente Ursula Von der Leyen e l’Albania è a un passo dall’ingresso nella Comunità europea. Peraltro, in Italia, un sondaggio riguardante la gestione dei flussi migratori in sinergia con disponibili Paesi extra comunitari, ha raccolto il 90 per cento dei consensi.

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UNA MINI IMPLOSIONE.E’ quella che riguarda il Governo Meloni al compimento del primo anno di vita. Dopo le turbative legate ai nomi di ministri e sottosegretari, si aggiunge ora -in maniera più esplicita rispetto ad altri momenti e problemi- la doppiezza comportamentale di Matteo Salvini. Parla di un passo “significativo” e poi lancia una frecciata alla Uè: Tirana merita un grazie, Bruxelles no. Ma il vero Salvini-pensiero lo espone il vice segretario della Lega, Andrea Crippa: ”Bene la via diplomatica e da questo punto di vista l’accordo è ottimo. Tuttavia l’Italia deve fare l’Italia. Cioè come fece Salvini ministro dell’Interno. Con un’azione forte e risoluta, fermò sbarchi e immigrazione clandestina. Ora invece vengono commissariati i ministri e sconfessata la logica del piano Mattei”.

INVIDIA REPRESSA.E’ tutta concentrata dentro al Governo. Nei sondaggi la quotazione della premier si mantiene molto alta, più del complesso ministeriale. E allora: che il “Patto sui migranti” sia una prima prova di “premierato”, che Giorgia voglia acquistare ancora più forza come capolista in tutte le circoscrizioni per l’Europa, che acquisti tanto prestigio fino a succedere alla Von der Leyen in caso di ricambio al vertice della Comunità? Questi timori appaiono molto diffusi nella “solidale” compagine di Palazzo Chigi. Ma, come diceva Giulio Andreotti, “a pensar male si fa peccato, però qualche volta ci si azzecca…”.