Neuroscienze, 2 milioni a rischio di demenza. A Napoli da domani riuniti i ricercatori under 40

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E’ un format unico in Europa esclusivamente dedicato ai ricercatori under 40 nel campo delle neuroscienze: l’età più proficua per contribuire al progresso delle scoperte. Si tratta di BraYn, il congresso che si tiene a Napoli da domani al 29 settembre presso l’Aula Magna del Cestev, alla sesta edizione. BraYn (Brainstorming Research Assembly for Young Neuroscientists) nasce nel 2017 dalla volontà di Giovanni Ferrara e alcuni suoi colleghi di organizzare una conferenza scientifica per riunire giovani neuroscienziati provenienti da diversi laboratori di ricerca in Italia e in Europa. L’Associazione BraYn è stata ufficialmente costituita nel 2021. Composta da 14 neuroscienziati, ha ampliato le sue aree di interesse per studiare diversi campi neuroscientifici. Le conferenze annuali, rivolte ai neuroscienziati under 40, sono iniziate nel 2018, favorendo lo scambio di conoscenze e la collaborazione, passando anche al formato virtuale durante la pandemia. L’associazione ha istituito la borsa di studio BraYn Starting Grant e ha ottenuto riconoscimenti internazionali.

Progressi eccezionali grazie all’Intelligenza Artificiale
“La ricerca nelle neuroscienze ha compiuto progressi eccezionali, negli ultimi 15 anni – spiega Giovanni Ferrara, phd e ricercatore presso l’Experimental Neurosciences lab dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova -. Grazie alle tecniche di optogenetica, per esempio, è possibile controllare l’attività di specifici neuroni, stimolandoli o inibendoli; ciò ha portato alla scoperta di circuiti che gestiscono comportamenti anche complessi come l’appetito. La sempre maggiore interazione fra macchina e uomo, aiutata dai progressi nell’ambito dell’AI Intelligenza Artificiale, ha portato, inoltre, alla genesi di impianti e tecnologie capaci sia di trasformare stimoli sensoriali in messaggi neuronali, sia di generare risposte motorie inviando stimoli nervosi. Questo ha avuto un enorme impatto sulla qualità della vita delle persone con diverse disabilità sensoriali e motorie, dagli impianti cocleari alle più recenti protesi che hanno permesso ad un paziente paralizzato di riprendere un’attività autonoma. Infine, la macro-connettomica promette di regalare una vera e propria svolta nella comprensione del cervello, mettendo in risalto l’interazione tra le aree dell’organo dalle quali sappiamo, con sempre maggior certezza, dipendere le funzioni superiori”.

In arrivo due giganti delle internazionali delle Neuroscienze
Tre le aree del congresso che si apre domani, alle 11: ricerca di base, ricerca applicata e ricerca clinica, con la partecipazione di due ‘giganti’ internazionali delle Neuroscienze. La prima è Michal Schwartz, professor of Neuroimmunology Weizmann Institute of Science in Israele – una pioniera nell’orizzonte della Neuroimmunologia, la scienza che studia il ruolo del sistema immunitario nel benessere e nella riparazione del cervello e, di conseguenza, nel contrastare l’insorgenza di un ampio spettro di malattie neurologiche e di processi neurodegenerativi. Sebbene, infatti, l’attenzione della neuroimmunologia originariamente si concentrasse su malattie dalla chiara componente infiammatoria, come la sclerosi multipla, con il tempo è apparso sempre più evidente che i deficit del sistema immunitario hanno un ruolo anche nello sviluppo di disordini genetici neurologici, epilessia, malattie neurodegenerative e neuropsichiatriche oltre ad influire sui processi di invecchiamento del cervello. “Il cervello si affida al sistema immunitario per la sua manutenzione e riparazione lungo tutto l’arco della vita – spiega Schwartz -. Il malfunzionamento del sistema immunitario può influire negativamente a tutte le età. In particolare, l’invecchiamento del sistema immunitario emerge come un fattore cruciale nell’invecchiamento del cervello. Non è la causa primaria della malattia di Alzheimer o di altre forme di demenza ma agisce come catalizzatore per la progressione della malattia. Indipendentemente dalla causa primaria, l’elemento comune che contribuisce al declino cognitivo è l’infiammazione neurologica locale del cervello”.

Il ruolo chiave del sistema immunitario
Il ripristino della capacità del sistema immunitario di assistere il cervello è stato dimostrato dal team di Schwartz come una potente strategia nel combattere la malattia di Alzheimer e le condizioni correlate. Guardando al futuro “le nostre ricerche indicano che le cellule del sistema immunitario detengono la chiave per aiutare il cervello a sconfiggere la malattia di Alzheimer e altre condizioni cerebrali, riducendo contemporaneamente molteplici patologie associate alla malattia”. Altro ospite di eccezione è Richard Morris, uno dei più noti neuroscienziati britannici e direttore del Centre for Cognitive and Neural Systems di Edimburgo. Il suo campo di studio è, dice, “la neurobiologia dell’apprendimento e della memoria e l’applicazione (cioè la traduzione) di concetti e tecniche di questo lavoro fondamentale per sviluppare nuove terapie mirate ai disturbi cognitivi associati alla malattia di Alzheimer”.