Immigrazione, Cpr nelle Regioni: la protesta dei governatori

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È scontro tra Governo e Regioni sui nuovi Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri, che Roma intende costituire. “La norma sui Cpr – ha spiegato questa mattina il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al programma Ping Pong di Radio 1 Rai – è contenuta all’interno di una cornice europea che prevede la possibilità del trattenimento fino a 18 mesi. Nulla di complicato riguardo al rispetto dei diritti delle persone. Ho condiviso l’obiettivo con il collega Crosetto per avere la disponibilità del genio militare per la rapida realizzazione delle strutture sul territorio in modo da rafforzare la capacità dello Stato di espulsione: è una cosa che ci chiede l’Europa. È fortemente previsto dalle normative ed è stata sempre una delle raccomandazioni che l’Europa ha fatto all’Italia”.

Ma non la pensano allo stesso modo i governatori. “Non darò l’ok a nessun CPR in Toscana” ha detto il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, a margine di una iniziativa svoltasi a Firenze. “Si stanno prendendo in giro gli italiani perché il problema dell’immigrazione, è come farli entrare e accoglierli, non come buttarli fuori – ha aggiunto Giani – Cosa c’entra il Cpr come risposta ai flussi emergenziali come arrivano oggi. Se arrivano questi immigrati con i tormenti, le violenze e le sofferenze che hanno subito la risposta che gli dai è ‘faccio i Cpr’, cioè faccio i luoghi per buttarli fuori. Prima rispondi a come integrarli, come accoglierli, come dargli da mangiare e da dormire e imparare l’italiano e magari utilizzarlo nel lavoro. Poi parla anche di coloro quei casi isolati nei quali poter prevedere la lunghissima procedura per il rimpatrio”.

Non chiude all’ipotesi di nuovi centri il presidente della Provincia Autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher ma ci va cauto. “Stiamo già lavorando con il ministero per individuare un posto dove istituire un Cpr che sia naturalmente proporzionato alle dimensioni della nostra provincia – ha detto – e ho avuto la rassicurazione che servirà solo per le esigenze che servono per l’Alto Adige, tenendo conto che siamo una terra di confine e questo riduce il numero delle persone assegnate al nostro territorio”.

“Io ho molti dubbi che si possano rimpatriare molti cittadini visto che non si sono mai superati i 3800 rimpatri l’anno a fronte di arrivi di 100mila o 200mila persone” ha detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Su un eventuale cpr in Veneto “non ho nuove notizie, devo dire che non ci sono novita’ su questo fronte”, ha risposto il governatore leghista. “Sul cpr noi non abbiamo al momento informazioni, ovviamente da anni se ne parla, mi ricordo che c’era ancora il ministro Maroni che diceva ‘dobbiamo fare un cpr per Regione’. Ma ad oggi non c’e’ una convocazione ufficiale dove ci venga detto che c’e’ necessita’ di un cpr”, ha insistito.

All’attacco il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. “Di Cpr non sappiamo assolutamente nulla se qualcuno vuole costruire un Cpr da qualche parte, ci dica dove lo vuole fare. Parlo per l’Italia” ha detto il governatore a margine di un incontro in Regione, parlando di “indeterminatezza” e “improvvisazione” da parte del governo, che a suo avviso non ha “un piano preparato e organico” sulla gestione dei migranti.

“Giani ha detto che non riaprirà i Cpr, Zaia ha detto che nessuno gli ha parlato di un Cpr in Veneto, Kompatscher ha detto ‘se apriamo un Cpr sarà solo per 50 persone e non per migranti che arrivano da altre regioni ma solo dalla Provincia autonoma di Bolzano’. Ci chiami qualcuno a Roma e ci spieghino cosa vogliono fare”, ha aggiunto Bonaccini.

Il presidente ha quindi rincarato la dose: “Immagino” che da parte del governo “scommettessero sul fatto che non sarebbe arrivata un’ondata come questa ma quando hai puntato sui porti chiusi, su ‘è finita la pacchia’ e ‘prima gli italiani’ e poi ti ritrovi che quelli che sbarcano sono il doppio di prima, bisognerebbe avere un quadro chiaro e organico”.

Per Bonaccini “il rischio è avere le tende nelle città, che vorrebbe dire il fallimento di una politica di accoglienza”.

“I grandi hub hanno fallito – ha spiegato Bonaccini – e quello che serve è l’accoglienza diffusa, per redistribuire un carico che è stato molto pesante”.