Allo spread del debito pubblico italiano un’attenzione pari a quella che è rivolta alle chimere

(Imagoeconomica)

Fino alla chiusura del primo trimestre dell’anno, chi si occupa professionalmente dell’esame dell’andamento dell’economia del Paese, ha fatto ricorso all’uso, forse persino all’abuso, di uno strumento che solo indirettamente e con rilevanti limitazioni, poteva dare un’idea, giusto quella di quali fossero le prospettive, soprattutto finanziarie, di evoluzione del sistema produttivo italiano paragonato a quello tedesco.Non è un caso che fino a qualche mese fa quel paese, ora in recessione tecnica, sia stato per lungo tempo definito la locomotiva d’ Europa.

Pertanto, non fosse stato per altro che per testare la fiducia internazionale riscossa dal debito pubblico italiano sulla scadenza dei dieci anni rispetto a quello tedesco preso a testimone faceva fede. È evidente che per quanto possa essere ancora oggi un metro di una qualche attendibilità, di tale differenziale se ne sta parlando sempre meno.

Sic transit gloria mundi e non vale nel senso che usa nel pronunciare tale espressione il Cardinale Camerlengo quando intronizza il Papa appena eletto. Il parallelo è riportato per confermare, ove mai ce ne fosse bisogno, che le situazioni derivate, se usate per confermare l’attendibilità di una caratterizzata da forte soggettività, possono distorcere sensibilmente le conclusioni. Questa modalità di approccio a una problematica tipica di un particolare contesto, va ben oltre la disamina di uno o più problemi economici. È giusto supporre che, in parallelo a quel tipo di difficoltà, al momento siano da considerare senz’altro più scottanti questioni che interessano non solo il Paese ma ogni nazione che per qualche verso è interessata da flussi migratori.

La situazione che al momento “brucia” allo stesso modo se non ancora a temperatura più alta degli incendi che stanno divampando dappertutto è quella degli sbarchi clandestini sulle coste meridionali della penisola. Si verifica così un assembramento composito e di ancor più difficile gestione di due tipologie di ospiti, i turisti che non rinuncerebbero per niente al mondo ai giorni di permanenza tra quelle bellezze naturali agognate per tutto l’anno e quei disperati ai quali non sembra vero di aver messo i piedi all’ asciutto, anche se solo per iniziare un cammino più che arduo in un mondo pressoché sconosciuto. Ciò che non sempre attira la dovuta attenzione delle autorità dei luoghi scelti come destinazione da quei, seppure per loro volontà, rifugiati o apolidi che definir lì si voglia, è l’operato di organizzazioni malavitose composte da criminali della stessa loro etnia, che lucrano sulla loro pelle, inserendoli in contesti dove sono trattati come schiavi e anche peggio.

Il passo che rende questi soggetti ridotti in schiavitù a diventare essi stessi carnefici, è più che breve e innesta una catena di Sant’ Antonio destinata  a allungarsi sempre più. Come e quando tale situazione sarà bloccata, non è facile prevederlo. Sia chiaro però che, per ordine di importanza nel più vasto bazar di problemi a esso collegati, questo sta in prima linea e con la stessa premura dovrà essere affrontato. Fin’ ora se ne sta solo parlando e il tempo è prossimo a scadere.