Fino a qualche anno fa, ipotizzando una guerra che sarebbe potuta arrivare a coinvolgere, direttamente o indirettamente, l’umanità intera, gli esperti della materia avrebbero quasi certamente risposto in coro che essa sarebbe stata combattuta con armi nucleari. È singolare come la storia si possa ripetere a tal punto da indurre a fare pause di riflessione ben motivate. Nel caso attuale, a riportare sotto le luci della ribalta alcune tattiche che, a un primo esame e superficialmente, non sembrerebbero proprio al passo con i tempi.
È accaduto così che la tregua che Putin e gli elfi della steppa che gli fanno da contorno, avevano convenuto con Zelensky e, in modo implicito, con il resto del mondo, che riguardo alla sicurezza della navigazione dei mercantili bulk carrier che trasportano il grano dell’Ucraina verso tutte le destinazioni, c’era l’impegno del Cremlino. Lo stesso era di vitale importanza per quelle parti del mondo dove di quel cereale ce n’è estremo bisogno, a prescindere da qualsiasi impedimento posticcio, abbia concluso il suo tempo in questi giorni.
Al momento nulla lascia trasparire che esista un minimo di ragionevole speranza sull’ipotesi che quell’impegno venga rinnovato: le perplessità sono tante e tutte giustificate, secondo il modi di valutare dello Zar in grande uniforme. In effetti il copione che si sta scrivendo al Cremlino prende spunto da quello del film “l’assedio di Troia”, solo che con alcune parti salienti invertite. Precisamente quella sul metodo e la logistica dell’azione. Quelli della versione attuale, che sta già andando a prendere forma, prevedono che le navi cariche di grano non abbiano la certezza di arrivare ai porti di destinazione. Quindi non serve fare altro che evitare che i cereali arrivino li dove la popolazione attende con ansia, perché, in mancanza di essi, non avrà di che cibarsi.
A voler approfondire l’argomento, è facile rilevare che un’operazione del genere costerebbe meno di un ordigno atomico di potenza adeguata alla bisogna e, in più, permetterebbe di evitare prese di posizione più che fondate da parte di altri paesi. Quegli stessi che comunque non sono mai completamente terzi nella vicenda in corso. Quanto appena descritto sembrerebbe un report asettico che potrebbe valere da introhibo a una fase della guerra, per quanto devastante, mai paragonabile all’ impiego dell’ atomica. In effetti la situazione potrebbe diventare ancora più incresciosa a causa di effetti collaterali. Non è successo ancora niente di conclamato e le borse, sia delle merci che dei valori, hanno iniziato a seguire comportamenti legati a doppio nodo con la speculazione.
Al fianco dei danni enormi che si verificano naturalmente in circostanze belliche del genere, questa volta il ciclone degli aumenti che si scatenerà anche sui prodotti finali, quelli che riempiono buona parte del carrello della spesa delle famiglie, soffierà dal basso verso l’alto. Prenderà forma un pò dappertutto e, ciò che aggrava il contesto, è che l’economia in generale, anche se con dimensioni e modalità diverse da parte a parte, sta scontando una fase congiunturale negativa. Si aggiunga che dappertutto nel mondo il raccolto del grano non è andato per niente bene: solo in Italia già si parla con buona probabilità che in Italla la contrazione del prodotto stia intorno al 75% della produzione dello scorso anno che non fu certo un anno da Guinnes. Non sarà facile contrastare tale fenomeno e intanto la produzione continuerà a perdere economicità, senza escludere che si potrebbe arrivare concretamente al punto di non ritorno.
Il caldo, in tutto quanto appena citato, non giova certamente alla situazione generale. L’agricoltura è e sarà sempre il settore primario che, per sua natura, ha capacità di rigenerarsi maggiori che altri comparti. Ciò anche perchè questi ultimi hanno destinazioni finali diverse e incrociano una domanda meno limitata dal lato della dotazione finanziaria.
Una prima conclusione è azzardabile: la guerra in Ucraina sta cambiando passo e ciò deve essere tenuto ben presente da ognuno che in qualche modo è toccato da essa. Il problema che per ora resta è che non si intravede nessuna prospettiva di arrivare a una soluzione che stia bene a tutti. Putin si sta comportando come il minus habens di campagna: “piove o non piove, questo è il mio passo” Tant’è e tanto sarà, se non peggio, se il problema non sarà risolto in tempo.