Prassi e diritto: alcuni luoghi comuni da sfatare nel campo immobiliare e delle locazioni

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Ogni ordinamento giuridico, in quanto tale, produce e modifica continuamente le proprie leggi.

Tale meccanismo viene realizzato attraverso le c.d. “fonti del diritto”, ovvero l’insieme di quegli atti o fatti che un ordinamento giuridico ritiene idonei a modificare o innovare l’ordinamento stesso.

Nel nostro sistema giuridico esiste una precisa gerarchia tra tali “fonti del diritto”, al cui apice troviamo la Costituzione, seguita dalle leggi.

All’interno di tale gerarchia, spesso definita piramidale, ogni fonte di livello più alto è considerata superiore rispetto a quella di livello più basso e, pertanto, quest’ultima non può in alcun modo derogare alla prima.

Nel gradino più basso di tale gerarchia sono ubicati gli “usi e le consuetudini”.

In particolare, le consuetudini possono essere definite come quella serie di norme non scritte che viene regolarmente seguita in uno specifico territorio o da un determinato gruppo sociale nella convinzione che esse siano giuste e/o corrette.

Per espressa previsione legislativa, gli usi hanno rilievo giuridico solo se espressamente richiamati da leggi o regolamenti.

Alla luce di quanto sopra esposto appare evidente che né gli usi nè le consuetudini possono in alcun modo derogare alla normativa di grado superiore, men che meno alle leggi.

Spesso però una serie di consuetudini, pur essendo totalmente contrarie alla legge, vengono così costantemente applicate nei rapporti quotidiani al punto  da venire considerate naturali, giuste e corrette.

Probabilmente, uno dei settori nei quali esistono più “miti da sfatare” è senza dubbio quello immobiliare.

Un primo esempio in tal senso è costituito dall’abitudine, diffusissima in caso di locazione di immobile, di far pagare il condominio al conduttore direttamente nelle mani dell’amministratore del condominio.

Tale prassi è logicamente giustificata dalla circostanza che nel contratto di locazione le quote condominiali ordinarie sono poste in genere a carico dell’inquilino.

Appare, quindi, più semplice e pratico procedere a tali pagamenti a mezzo del conduttore che ha maggiori possibilità di incontrare l’amministratore all’interno del condominio.

Purtroppo, tale prassi non solo contrasta con il dettato normativo ma è anche fonte di molteplici problematiche di carattere giuridico e di conseguenti liti giudiziarie.  

In particolare, la legge prevede espressamente, al contrario di quanto si pensa, che tutte le quote condominiali, anche quelle ordinarie di spettanza del conduttore, devono essere anticipate dal proprietario che se le fa rimborsare dall’inquilino.

Tale norma è logicamente giustificata dalla circostanza che unico debitore riconosciuto dalla legge nei confronti del condominio è solo ed esclusivamente il proprietario.

Pertanto, ove il conduttore non pagasse, è solo il proprietario dell’immobile ad essere esposto alle pretese creditorie del condominio, con l’aggravante delle spese legali.

Proprietario che, non avendo costanti contatti con l’amministratore, non ha diretta contezza di eventuali morosità che possono crescere di molto nel tempo a sua totale insaputa, esponendolo così ad improvvisi esborsi di grande entità.

Peraltro, il proprietario è esposto anche al rischio di trovarsi indifeso di fronte alle eventuali erronee richieste di pagamento di quote di fatto già pagate dal conduttore.

Infatti, non essendo il proprietario in possesso delle ricevute comprovanti l’effettuato pagamento, che vengono consegnate all’inquilino all’atto del saldo, si trova esposto al pericolo di saldarle due volte.

Nella stessa materia, un altro falso mito da sfatare è quello secondo cui al conduttore, per legge, spetterebbe saldare le quote condominiali ordinarie.

Al contrario, la legge prevede espressamente che a carico dell’inquilino è posto il dovere di saldare al proprietario gli oneri accessori.

Oneri accessori che non coincidono del tutto con le quote condominiali ordinarie in quanto si riferiscono esclusivamente alle spese di gestione e manutenzione del condominio.

A solo titolo esemplificativo può essere citata la spesa necessaria per la stipula del contratto assicurativo dello stabile condominiale che, essendo obbligatoria, costituisce certamente una quota condominiale ordinaria ma non un onere accessorio e, pertanto, salvo diverse previsioni del contratto di locazione non sarebbe dovuta dall’inquilino.

Sempre in materia di locazione di immobili, nel tempo si è sempre più diffusa la convinzione che, in vista del rilascio dell’immobile da parte del conduttore, questi sia legittimato a scalare nell’ultimo periodo di permanenza i canoni di locazione versati a suo tempo al momento della stipula del contratto.

In realtà, la legge non prevede tale possibilità in quanto i suddetti canoni non vengono versati a titolo di acconto ma di garanzia per il conduttore.

In altre parole, il suddetto versamento ha lo scopo di tutelare il proprietario dagli eventuali danni che dovesse riscontrare nel suo immobile all’atto del rilascio.

Solo dopo aver verificato lo stato dello stesso ed accertato che non siano state apportate modifiche non autorizzate o prodotto danni eccedenti il normale uso, il locatore è tenuto a restituire i canoni anticipati dall’inquilino a titolo di cauzione.

In caso contrario, è legittimato a trattenerli in tutto o in parte. 

Un’altra convinzione che vige sovrana nel mondo immobiliare è che, in caso di compravendita di immobile, l’acquirente non sia tenuto a pagare le pregresse spese condominiali, a carico del venditore, per il solo fatto che, nell’atto notarile, quest’ultimo si impegna a tenerlo totalmente indenne da queste.

Nulla, purtroppo, di più falso. Primariamente, va, infatti, evidenziato che il contratto di compravendita essendo un atto tra parti fa stato solo tra queste. In altre parole, tale contratto, seppure stipulato innanzi ad un notaio, vincola solo chi lo sottoscrive. Pertanto, non ha valore alcuno nei confronti del condominio che non solo non è parte dello stesso ma, addirittura, nella maggior parte dei casi, non è neanche a conoscenza della sua esistenza. Inoltre, il nostro stesso codice civile prevede espressamente che l’acquirente di un immobile è tenuto, in solido con il venditore, al saldo di tutte le quote condominiali relative all’anno della stipula ed a quello precedente.

Pertanto, in questi casi, onde evitare brutte sorprese, consiglio di farsi sempre rilasciare dal venditore, all’atto della stipula, una certificazione dell’amministratore del condominio attestante il saldo di tutte le spese condominiali in precedenza deliberate.

La lista delle consuetudini promosse al rango di leggi nell’ambito del “sentire sociale” sarebbe ancora lungo ed una loro vasta analisi finirebbe per divenire noiosa se affrontata in un unico scritto.

Va però detto che queste, seppur totalmente illegittime da un punto di vista giuridico, sono però il segno tangibile di quanto il diritto costituisca una materia “viva” in costante evoluzione, che si adatta, spesso in maniera del tutto autonoma rispetto alle fonti ufficiali di produzione del diritto, alle necessità pratiche derivanti dalla nostra quotidianità. 

Avv. Raffaele Anatriello