Banche, l’ondata di vendite sui titoli italiani non sembra arrestarsi

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Il punto. Il Ftse Mib segna -3,14%, il Ftse Italia All-Share -3,08%, il Ftse Italia Mid Cap -2,68%, il Ftse Italia Star -2,64%.  L’ondata di vendite sui titoli bancari non sembra arrestarsi. L’indice FTSE Italia Banche segna -4,8%, contro il -3,9% dell’EURO STOXX Banks.

Mercati azionari europei in forte ribasso: DAX -3%, CAC 40 -3,2%, FTSE 100 -2,6%, IBEX 35 -2,5%.  
Future sugli indici azionari americani in ribasso del 2,2-2,4 per cento. Le chiusure della seduta precedente a Wall Street: S&P 500 +0,05%, Nasdaq Composite -0,26%, Dow Jones Industrial +0,17%.  
Tokyo in forte ribasso con il Nikkei 225 a -3,71%. Decisamente negative le borse cinesi: l’indice CSI 300 di Shanghai e Shenzhen chiude a -1,51%, a Hong Kong l’Hang Seng a -3,82%.  
Euro in netto recupero contro dollaro. EUR/USD al momento oscilla in area 1,0960 dagli 1,0860 toccati ieri mattina.  
Inizio seduta tonico per i mercati obbligazionari eurozona. Il rendimento del Bund decennale rispetto alla chiusura precedente scende di 6 bp allo 0,49%, quello del BTP cede 3 bp all’1,54%. Lo spread sale di 3 bp a 105.

 

Borse asiatiche

Evitato l’impatto negativo dei dati macroeconomici in arrivo dalla Cina (peggiori delle attese le letture di Pil, produzione industriale, vendite al dettaglio e investimenti) i mercati asiatici sono stati trascinati a fondo ancora una volta dal petrolio. E dalle dichiarazioni, che suonano come una profezia, arrivate dall’International Energy Agency (Iea) secondo cui il mercato rischia di “annegare nella sovrapproduzione”. 
I corsi dell’oro nero sui mercati asiatici restano infatti intorno ai minimi dal 2003. E a farne le spese sono state soprattutto le piazze di Tokyo e Hong Kong. Il Nikkei 225 ha chiuso con un tracollo del 3,71% e, come l’indice più ampio Topix (3,70% la sua perdita), è entrato ufficialmente in bear market essendo oltre il 20% sotto gli ultimi massimi registrati. Le peggiori performance sui listini sono arrivate dai titoli dei grandi esportatori (Sony ha perso quasi l’8%) in seguito al rafforzamento dello yen, considerato un bene-rifugio. Il clima di sfiducia abbattutosi sul Giappone è confermato dal Reuters Tankan, indice che anticipa l’omonimo sondaggio trimestrale d ella Bank of Japan, sceso in gennaio a 6 punti dai 9 punti di dicembre (3 punti in novembre, ai minimi dall’aprile del 2013). 
Come Tokyo anche Hong Kong è andata a fondo scivolando ai minimi degli ultimi tre anni e mezzo. L’Hang Seng avvicinandosi alla chiusura perde oltre il 3,50% ma è ancora peggiore la performance dell’Hang Seng China Enterprises Index, crollato in intraday ai minimi dall’aprile 2009. Il sottoindice di riferimento per la Corporate China sulla piazza dell’ex colonia britannica, deprezzatosi di circa il 30% nei 12 mesi, con una flessione del 4,50% è infatti sceso per la prima volta dai tempi della crisi finanziaria globale sotto quota 8.000 punti. Perdite generalizzate per la regione che, seppure più moderate sugli altri listini, portano l’Msci Asia-Pacific, Giappone escluso, a deprezzarsi di oltre il 2% e a tornare di nuovo ai minimi dal 2011. 
A Seoul il Kospi ha chiuso in declino del 2,34% mentre a Sydney l’S&P/ASX 200 ha limitato le perdite all’1,26% a fronte di una flessione intorno al 3% del settore energetico (Santos ha perso il 7,46% ma anche i colossi minerari Bhp Billiton e Rio Tinto hanno chiuso con cali intorno al 3%). Anche le piazze della Cina continentale evitano il tracollo di Tokyo e Hong Kong, ma sono comunque dell’1,03% e dell’1,51% rispettivamente le perdite di Shanghai Composite (tornato sotto la soglia psicologica di 3.000 punti) e Shanghai Shenzhen Csi 300. Si attesta all’1,03% anche il declino dello Shenzhen Composite.

 

Borsa Usa
A New York i principali indici hanno chiuso la seduta contrastati. Il Dow Jones ha guadagnato lo 0,17%, l’S&P 500 lo 0,5% mentre il Nasdaq Composite ha lasciato sul terreno lo 0,26%. Con l’economia cinese che continua a rallentare (il Pil nel 2015 è cresciuto del 6,9%, peggiore lettura dal 1990) e con il petrolio in caduta (Wti sotto i 29 dollari al barile) sui mercati prevale un clima di incertezza. Deludente inoltre il dato macroeconomico pubblicato in giornata. L’Indice del Mercato Immobiliare NAHB si è attestato nel mese di gennaio a 60 punti. Il dato risulta inferiore alle attese degli analisti pari a 61 punti ma allineato alla rilevazione precedente. Sul fronte societario male il comparto energetico.
Tra i singoli titoli UnitedHealth +2,96%. Il colosso delle assicurazioni sanitarie ha registrato un calo degli utili da 1,60 a 1,35 miliardi di dollari nel quarto trimestre, ma l’eps rettificato, in declino da 1,60 a 1,40 dollari, si è comunque rivelato migliore rispetto alle attese (1,38 dollari il consensus di Thomson Reuters). Migliori del previsto anche i ricavi, balzati del 30,4% a 43,60 miliardi di dollari contro i 43,23 miliardi attesi dagli analisti. 
Tiffany -5,11%. Il produttore di gioielli di lusso ha annunciato i dati sulle vendite nel periodo natalizio. I ricavi sono diminuiti del 6% a 961 milioni di dollari (-3% a cambi costanti). Per l’esercizio fiscale 2016 (che si chiuderà il prossimo 31 gennaio) la società stima un utile per azione in diminuzione del 10% rispetto ad un anno prima. 
Bank of America -1,52%. Il gruppo bancario ha annunciato un utile trimestrale superiore alle attese ma i ricavi sono cresciuti meno del previsto. Suncor Energy -7,03%. Il gruppo petrolifero ha aumentato l’offerta per l’acquisto della rivale Canadian Oil Sands. La nuova proposta valorizza la società canadese 4,24 miliardi di dollari canadesi. 
Morgan Stanley +1,12%. La banca d’affari ha annunciato il ritorno all’utile. Nel quarto trimestre i profitti sono stati pari a 908 milioni di dollari (0,39 dollari per azione) contro la perdita di 1,6 miliardi dello stesso periodo di un anno prima. 
Meglio del previsto l’Eps adjusted a 0,43 dollari contro i 33 centesimi indicati dal consensus. Johnson & Johnson +0,47%. La multinazionale specializzata nel campo farmaceutico e dei beni di consumo, ha comunicato un piano di ristrutturazione del business medical devices. Nei prossimi due anni sarà tagliata del 4-6% la forza lavoro della divisione con l’obiettivo di risparmiare 800-1,0 miliardi di dollari entro la fine del 2018. La ristrutturazione costerà 2,0-2,4 miliardi a livello di utile prima delle imposte di cui 600 milioni saranno contabilizzati nel quarto trimestre. Per il 2015 la società stima ricavi tra i 70 ed i 71 miliardi di dollari con un utile per azione adjusted compreso tra 6,15 e 6,20 dollari.

 

Europa
Le principali Borse europee hanno aperto la seduta in forte ribasso. Il Dax30 di Francoforte cede il 2,5%, il Cac40 di Parigi il 2,9%, il Ftse100 di Londra il 2% e l’Ibex35 di Madrid il 2,4%. 
Le preoccupazioni per l’economia mondiale e il calo delle quotazioni del greggio hanno fatto scattare un “panic selling”. 
In Germania l’Ufficio di Statistica Destatis ha comunicato che nel mese di dicembre l’Indice dei Prezzi alla Produzione è diminuito dello 0,5% su base mensile a fronte di un calo dello 0,2% della rilevazione precedente. Su base annuale il PPI è diminuito del 2,3. 
Sul fronte societario vendite diffuse su tutti i settori.

 

Italia
Piazza Affari ha chiuso in rialzo, con l’indice Ftse Mib a 18.880 punti (+1,04%). Tuttavia, ha fatto ancora rumore l’ennesimo tracollo di Mps che da inizio anno ha perso circa il 45%. Mps ha fatto un tonfo del 14,33% a 0,655 euro aggiornando i minimi storici. 
In rosso anche le altre banche, soprattutto quelle interessate all’indagine conoscitiva sulle sofferenze avviata dalla Bce: Banco Popolare ha ceduto il 6,29% a 9,745 euro, Popolare dell’Emilia Romagna lo 0,44% a 5,62 euro, Unicredit il 3,46% a 4,018 euro, Ubi Banca l’1,91% a 4,282 euro.

Ottima performance della galassia Agnelli guidata da Ferrari che è salita dell’8,59%. Sono state però ben comprate anche FCA (+2,55%) e CNH Industrial (+3,41%). 
Bene anche Telecom Italia (+4,7% a 1,047 euro) sull’onda delle indiscrezioni di stampa della Repubblica sull’incontro tra Matteo Renzi, Pier Carlo Padoan e i vertici della Cassa Depositi e Prestiti e, dunque, sul consolidamento del mercato delle telecomunicazioni. Al centro del dibattito, secondo il quotidiano, ci sarebbe stato l’attivismo di Orange, che sta preparando le nozze con Bouygues e che di recente ha fatto intendere di guardare anche a Telecom Italia. Senza dimenticare che nel fine settimana Vivendi ha fatto sapere di aver incrementato la sua quota in Telecom al 21,4%, non lontano dal 25% che farebbe scattare l’obbligo di Opa.

I dati macro attesi oggi
Mercoledì 20 gennaio 201608:00 GER Indice prezzi alla produzione dic;
10:30 GB Indice retribuzioni medie nov;
10:30 GB Tasso di disoccupazione nov;
10:30 GB Variazione n° richiedenti sussidi disoccupazione dic;
14:30 USA Inflazione dic;
14:30 USA Nuovi cantieri residenziali dic;
14:30 USA Licenze edilizie dic.