Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 7 marzo all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Torna a riprendere corpo il “peggio del peggio”: i tempi più bui della “questione meridionale” quando la mancanza di coraggiosa e motivata reattività, consentiva alle forze politiche ed economiche di tenere saldamente in mano le redini del potere, rendendo il superamento del divario Nord-Sud un obiettivo (e un patrimonio di idee) perseguito soltanto dalle minoranze intellettuali del Paese.
DAL BUIO ALLA LUCE. Nella seconda parte del Novecento si vissero gli anni più grigio-neri della Confindustria. Dal 1945 al 1970 c’era, al vertice degli Industriali l’armatore genovese Angelo Costa, un arco temporale che andava dalla ricostruzione al boom economico. Secondo il pensiero dominante e “praticato”, bisognava concentrare tutto lo sviluppo nel triangolo Torino-Milano-Genova: la “potente locomotiva” che avrebbe trascinato dietro di sé il Mezzogiorno “allocato” nei vagoni di coda. Non mancava perfino una copertura teologica. ”Le leggi economiche regolano il miglior uso dei doni che Dio ha dato all’uomo”, affermava il presidente Costa. ”Se si contravviene, si fa cattivo uso dei doni di Dio”. A quella politica divisiva e “separatista” pose un significativo limite, a partire dal 1950, la Cassa “per” il Mezzogiorno.
PROGETTO DELLA DISCORDIA. Con rapida sintesi si potrebbe parlare oggi di Regioni spaccate, Province e Città Metropolitane fortemente dubbiose, Comuni decisamente contrari (temono di essere schiacciati da un doppio centralismo, statale e regionale).Tra le Regioni che contestano il Calderoli-pensiero due sono del Nord (Toscana e Emilia-Romagna),due del Sud (Campania e Puglia).Trattandosi di una riforma tutta a vantaggio del Settentrione, è comunque significativo che un pezzo importante del nostro Paese la contrasti con decisione. E’ invece sconcertante che delle 8 regioni meridionali che dalla riforma uscirebbero massacrate, solo 2 la avversino mentre la Calabria è ancora in posizione d’attesa. Il governatore Roberto Occhiuto vuole essere certo del superamento della spesa storica per la sanità con garanzie per i diritti civili e sociali. Dal canto suo, il ministro Calderoli non nasconde di avere fretta: un preconsiglio dei ministri valuterà rapidamente le modifiche proposte e poi subito approvazione di Palazzo Chigi prima che siano convocati Camera e Senato.
COMUNI E PROVINCE IN PRIMA LINEA. Questi enti locali si proclamano “uniti e uguali”. Il 17 marzo, in occasione non casuale dei 162 anni dell’Unità d’Italia, si terrà a Napoli la grande assemblea nazionale. Anche la scelta di piazza Plebiscito ha un preciso e stimolante significato. Per l’Anci agisce Davide Carlucci sindaco di Acquaviva delle Fonti, provincia di Bari; per la rete dei primi cittadini campani molto attivo il sindaco di Caserta Carlo Marino, mentre per palazzo San Giacomo l’adesione è espressa da Gaetano Manfredi (“no a una politica che tocca le nuove generazioni”). Sempre più vivo l’allarme per il fatto che dalle Regioni “differenziate” possano essere richieste, soprattutto nel Nord, ben 500 funzioni. C’è chi se ne compiace (ministro Calderoli) e chi teme che il vestito della “nuova Italia” diventi quello di Arlecchino. E’ per questo che l’ex ministro dell’Ambiente, e ora vice presidente della Camera Sergio Costa, vede come inevitabile (“questo autonomismo uccide il Sud”), un referendum di chiarificazione nazionale.
PENSIERO DI ITALO TALIA. In questa fase storica, al Sud manca una intelligente guida. Ecco perché proprio nei momenti di maggiore sbandamento, si richiamano alla mente i più qualificati studiosi della questione meridionale. Italo Talia, ordinario di Geografia Territoriale alla Federico II, pensa a Francesco Compagna “un intellettuale di convinta formazione unitaria”. Autore di “Labirinto meridionale” e di “Meridionalismo liberale”, il fondatore della rivista “Nord e Sud” avrebbe visto come “eversiva la proposta di un’autonomia differenziata tra le regioni”. D’altronde, prosegue Talia, “nel regionalismo avviato negli anni Settanta Francesco Compagna nutriva tutti i dubbi a loro tempo avanzati da Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini”. Quello di Compagna, conclude Italo Talia, “era un regionalismo funzionale di alta politica e di grande respiro di cui in Calderoli non si vede alcuna traccia”.