Il dialogo tra le culture europea e giapponese nel ‘700. I Servi di Dio don Giovanni Battista Sidoti, Chôsuke e Haru

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a cura di Namika Ebisu

Nel 2014 a Tokyo, furono ritrovati le ossa di tre persone. Erano in corso i lavori per gettare le fondamenta di un edificio della Mitsubishi, una delle suddivisioni amministrative della grande metropoli. Lì c’era un tempo il Kirishitan Yashiki (la prigione dei cristiani) e, scavando, vennero alla luce delle ossa. Si intuì che avrebbero potuto essere i resti di Giovanni Battista Sidoti e dei suoi servi Chôsuke e Haru e, per questo, si avviarono degli studi, ricorrendo anche all’esame del DNA. Tutto ciò ha riacceso la devozione dei fedeli verso il missionario e i due laici, le cui ossa sono state ritrovate precisamente trecento anni dopo la loro morte. Ora, in silenzio,  i tre credenti, che avevano offerto la loro vita per la fede, annunciano più fortemente il Vangelo.
   Don Giovanni Battista Sidoti (spesso menzionato con la doppia “t” nel cognome: Sidotti) nato a Palermo nel 1667, sacerdote diocesano e, in seguito, nominato Vicario Apostolico del Giappone, fu l’ultimo missionario di Edo, l’attuale Tokyo, dove morì nel 1714. Si laureò in filosofia e in teologia presso il Collegio Massimo dei Gesuiti, a Palermo. In seguito, si trasferì a Roma per studiare diritto canonico e civile. Pronto per una brillante carriera, maturò invece il desiderio di essere inviato missionario nel Paese del Sol Levante, anche se, in quella terra, erano gli anni del sakoku, termine che dice il periodo di chiusura totale del Giappone agli stranieri, a causa della politica di autarchia praticata durante il periodo Edo dallo shogunato Tokugawa. Ale chiusura, iniziata nel 1641, ebbe termine nel 1853.
  Gli anni nei quali Sidoti si recò in Giappone, sono quelli seguenti la persecuzione più violenta che si abbatté sui  cristiani. Per questo nessun missionario straniero voleva andare in Giappone. Per chi si professava cristiano, o avesse osato annunciare il Vangelo, era prevista la pena di morte.
   Don Sidoti, che aveva cominciato a studiare il giapponese già a Roma, partì con la benedizione di Papa Clemente XI, inviato dalla Congregazione de Propaganda fide. Giunto a Manila nel 1704, vi trascorse quattro anni, in attesa di andare in Giappone, dedicandosi agli ammalati, ai poveri, ai bimbi e alla erezione  del primo Seminario per la formazione dei preti del luogo.
   Nella notte tra il 10 e l’11 ottobre 1708, indossando le fogge del samurai, don Giovanni Battista sbarcò nell’isola giapponese di Yakushima. Individuato ben presto dalle autorità, venne arrestato. L’europeo, che aveva osato violare clandestinamente le frontiere del Paese del Sol Levante, fu condotto dapprima a Nagasaki e poi a Edo, dove i cristiani erano stati richiusi in una piccola cittadella e privati della libertà. A Edo, Sidoti venne interrogato da uno dei consiglieri dello shogun, il dotto neoconfuciano Arai Hakuseki. Tra i due uomini si instaurò un dialogo fecondo, di reciproca stima. Il giapponese volle conoscere dall’italiano tante notizie sul mondo. I due si confrontarono su molti temi e misero in comune le loro conoscenze, che sarebbero poi confluite nel libro Seiyo Kibun (Notizie sull’Occidente), opera postuma di Hakuseki, pubblicata in Giappone nel 1882. Al termine dell’interogatorio, lo shogun condannò Sidoti all’ergastolo.
   Le cose precipitarono quando don Sidoti aderì alla richiesta dei due anziani inservienti della prigione. I  giapponesi Chôsuke e Haru si erano convertiti e vollero ricevere dal prete palermitano il battesimo. Quando poi entrambi si autodenunciarono alle Autorità, la condanna a morte divenne inevitabile. I tre vennero gettati in anguste celle buie, scavate nel sottosuolo del campo di prigionia cristiano, e lì morirono di inedia. Sidoti spirò il 27 novembre 1714. I corpi dei tre furono seppelliti, secondo il costume cristiano, e non cremati.
   Nel 2019 si è dato inizio alla Causa di beatificazione, impostata sul riconoscimento del martirio, dei tre credenti. Postulatore è don Mario Torcivia, sacerdote diocesano di Palermo.
   In Giappone, nell’isola di Yakushima, don Sidoti è particolarmente amato dagli abitanti e, il 23 novembre di ogni anno, si svolge una commemorazione del prete. Nell’isola si trova anche una piccola chiesa e un monumento, che ricordano lo sbarco del missionario.
   Tra gli oggetti di Sidoti, sequestrati dai magistrati di Nagasaki, l’unico ritrovato è una piccola copia in rame del dipinto della Madonna del dito. L’opera, del pittore fiorentino del Seicento Carlo Dolci, raffigura Maria Addolorata ed è nota col titolo summenzionato per il pollice della mano che spunta dal manto di Maria. Il quadro si trova a Tokyo, presso il Museo Nazionale di Ueno. Una sua riproduzione si trova nella parrocchia dei padri salesiani di Himonya, sempre nella capitale nipponica, dedicata a Santa Maria di Edo, per la coincidenza dell’anno di ritrovamento del quadro e con la costruzione della chiesa (1954).
      Il giorno di Capodanno del 2019, solennità di Maria Santissima Madre di Dio, davanti il quadro della Madonna del Dito, nella chiesa dei padri salesiani a Tokyo, una giapponese pregava inginocchiata. Non sapeva la storia di don Sidoti, però voleva soltanto un segno del Signore, perché viveva un momento di difficoltà. Proprio nel momento della propria conversione, promise di dedicare la vita al Signore Gesù. Subito dopo, conobbe un frate minore, fr. Mario Canducci, missionario in Giappone da più di cinquant’anni, che lavorava, di concerto con don Torcivia, per la Causa di don Sidoti, Chôsuke e Haru. La giovana, battezzata, e colpita dalla testimonianza dei tre martiri, iniziò la propria volontaria collaborazione alla Causa. Per aiutare il Postulatore, don Mario Torcivia, ha approfondito la conoscenza della lingua italiana per la traduzione, dal giapponese all’italiano, dei numerosi documenti necessari per la Causa di Beatificazione, facendo spesso la spola tra Tokyo e Palermo. E proprio da questa città, ha scritto il presente articolo, consapevole che Sidoti, Chôsuke e Haru ci incoraggiano ad offrire la vita la proclamazione del Vangelo.