Libera Chiesa in libero Stato. Dalla firma dei Patti Lateranensi a oggi, tra luci e ombre

62
la firma dei Patti Lateranensi

Ieri è stato Mercoledì delle Ceneri, una delle pietre miliari sulla strada che percorre ogni anno la liturgia della Chiesa Cattolica.
Era l’11 febbraio 1929 quando il Vaticano, in persona del Segretario di Stato, S.E il Cardinale Gasparri e del Capo del Governo Italiano, S.E. il Cavalier Mussolini, si trovarono allo stesso tavolo per sottoscrivere un accordo che avrebbe dovuto disciplinare la convivenza da separati in casa con buoni rapporti delle due realtà. Nel perimetro ideale dello Stato italiano, oltre al Governo Laico della nazione, avrebbe avuto titolo di sovranità territoriale anche la Santa Sede, residenza della massima autorità della religione cattolica in terra, il Papa. Le diverse centinaia di anni trascorsi in costanza delle combine non regolate le più disparate tra potere temporale e potere spirituale, esigeva improrogabilmente che si mettesse un limite oggettivo all’ influenza di ciascuno dei due sull’ altro e sulla popolazione e una prima intesa fu raggiunta con la firma di quel testo approntato a quattro mani. La Grande Crisi economica del 1929 si era già presentata sulla soglia del Vecchio Continente e cominciava a dare filo da torcere ai vari stati, tra essi l’ Italia. A questo punto dell’esposizione è importante aggiungere ché il neo riconosciuto apparato religioso e civile portava con se un discreto patrimonio e uno stock finanziario di prima grandezza. Esso era gestito dallo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, che negli anni, per vari motivi, si è trovato più volte sotto i riflettori accesi della giustizia di ogni genere.Tra idilli al calore del sole dell’ Urbe e periodi di freddo intenso, quasi polare, i due stati, di cui uno è incastonato nell’altro, hanno attraversato insieme l’ ultima guerra mondiale e gli altri appuntamenti della storia a cui è stata chiamata l’Italia: la intrigata condotta di chi sedeva sul trono di Pietro quando i nazisti si comportavano con ferocia inaudita in una Roma che avevano cinta da assedio, il passaggio dal regime monarchico alla democrazia rappresentativa, la nascita della Europa Unita e molti altri. Tra essi anche eventi non proprio lineari si sono concretati nel funzionamento di questo accordo tra stati che si avvicina ormai al compimento del secolo di durata. Promulgati nell’ ormai lontano febbraio del 1929, essi sono stati revisionati il 18 dello stesso mese del 1984. L’ ultimo degli interventi fu motivato all’epoca dalla necessitá di adeguare la loro validitá ai sostanziali mutamenti sociali non solo della gente italica. All’ epoca I laici e anche molti vaticanisti vollero portarsi un passo più avanti, avendo fiutato aria di cambiamento sostanziale.
Anche se solo in fase larvale, la tendenza della società mondiale a divenire multietnica aveva preso il via partendo dall’ America. Con buona approssimazione le radici affondavano già sui fermenti di Berkeley, in California, avvenuti nella seconda metá degli anni ’60. Anche la Casa Comune, seppure con un comportamento proteiforme, andava rifigurandosi all’ orizzonte, inglobando etnie diverse anche per religione professata. Si può affermare, non andando lontano dal vero, che in quella revisione i desiderata delle due parti fecero pendere il piatto della bilancia dalla parte dello Stato Temporale. Arrivando così ai giorni attuali, sempre in febbraio, per fare il punto della situazione. Secondo le opinioni di chi si occupa professionalmente dell’ argomento, sia in chiave sacra che profana, prendendo spunto agevolmente dai normali mezzi dell’ informazione, quell’ accordo andrebbe rivisitato a intervalli più brevi. I cambiamenti nella società avvengono con frequenza sempre maggiore e non è scontato che i tempi decisionali delle due realtá riescano sempre a coincidere. Ancora, sempre con maggior frequenza, per le due realtà si stanno verificando prese di posizione in tema di politica estera pressoché antitetiche: una per tutte, il diverso atteggiamento nei confronti della questione ucraina, rafforzato dalla posizione presa da Francesco. Essa, seppur da lontano, ricorda quella di Celestino V che la Commedia di Dante ha fatto conoscere a tante generazioni. Il tessuto sociale italiano, così come è allo stato seppure con molte lacune da colmare, è definibile, a giusto titolo, multietnico o plurirazziale. Non solo quanti affrontano il trasferimento da zone disastrate, ma anche coloro che lo fanno con relativa tranquillità, due cose hanno cura di portare con loro nella terra (com)promessa: l’idea politica e il culto religioso. Non c’è di che meravigliarsi, se si pensa che, alla fine, essi resteranno gli unici legami con la terra che hanno dovuto abbandonare. I luoghi di culto oramai non sono più solo le chiese cattoliche, ma anche edifici predisposti per la celebrazione di liturgie diverse da quelle che un tempo erano previste dalla allora religione di stato. Si, perché l’ insegnamento di qualsiasi religione nelle scuole, compreso quello della cattolica, non è più obbligatorio. Si sono verificati, anche nei primi venti anni di questo secolo, diversi episodi di “incomprensione fiscale”. Si sono materializzate tra la parte civile e quella religiosa, probabilmente attribuibili a sviste dello Spirito Santo da una parte e irriverenza del Ministro del Tesoro pro tempore dall’ altra.
Alla fine, l’espressione che sintetizza la condizione di quei coinquilini, uno in profumo di Santità, l’altro aduso a interessarsi delle vicende dello Stivale, pur non essendo, è un augurio, un calzolaio, è ancora “Libera Chiesa in libero Stato”. Con una nota. Onore al merito dei calzolai, purché continuino a osservare quanto veniva detto loro dagli anziani dell’ Urbe: “sutor, ne ultra crepidam”,
calzolaio, non superare la caviglia”. Per ora quanto riportato innanzi dovrebbe bastare. Almeno fino al prossimo qui pro quo tra le due realtà. Valore attuale di tale slogan: scambiare la lana per la seta. La prima, degli abiti talari, la seconda degli abiti di imprenditori, finanzieri e figure difficili da qualificare, peraltro senza dubbio le più pericolose.