I nodi sono fatti perché vengano al pettine. E l’allarme lanciato dalla Banca d’Italia sulla mancanza di competenze tecniche nella pubblica amministrazione per gestire le operatività del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dovrebbe suggerire d’intervenire prima che diventino così intricati – i nodi – da non poter essere più sciolti. Pochi, mal preparati e sotto la sferza delle procure dirigenti e funzionari dello Stato non sembrano in grado di accettare e vincere la sfida dell’imponente programma europeo d’investimenti.
I tempi stringono. E se anche il governo italiano dovesse riuscire a strappare a Bruxelles consistenti dosi di flessibilità divenute indispensabili, il rischio è che si arrivi alla fine del programma nel 2026 o alla proroga di almeno un anno nel 2027 (come si comincia a chiedere) senza aver realizzato nei fatti quello che appare nelle carte sulla base delle quali stiamo ottenendo i finanziamenti. La preoccupazione accomuna molti centri studi ed è condivisa da Confindustria che spinge con particolare energia sul tasto delle riforme.
Sarebbe un peccato che i nodi dell’inefficienza fermassero il pettine della crescita. Tanto più che l’industria privata sta dando prova di resistenza e capacità di reazione più di quanto non si potesse immaginare. Intervenendo sul Foglio dopo un lungo silenzio mediatico Luca Cordero di Montezemolo – già presidente della Ferrari, della Fiat e degli imprenditori del Paese – boccia severamente la descrizione dominante di un’Italia fragile e in perenne crisi.
I fondamentali della nazione restano solidi, le esportazioni continuano a svolgere il ruolo di punto di forza dell’intero sistema economico, i giovani stanno dando vita a startup sempre più interessanti. Dobbiamo imparare a giudicarci con meno severità e ad apprezzare le tante qualità che il mondo ci invidia. Serve un po’ di sano ottimismo della volontà per scacciare i demoni del pessimismo della ragione che, se prendessero il sopravvento, potrebbero mandarci davvero in depressione e sotto diversi punti di vista.
Superando gli steccati della dialettica politica e dell’interesse di parte, appare evidente che serve un bagno di realtà. Quello che alcuni ministri – Giancarlo Giorgetti in testa – chiedono all’Unione nel riformulare le regole comuni dopo il doppio choc della pandemia e delle conseguenze della guerra (rincaro del costo dell’energia prima di tutto). Sappiamo bene che la normalità di oggi sia tutt’altra cosa rispetto a quella di ieri e che i nostri margini di manovra sono più stretti di quelli di Francia e Germania con cui principalmente ci confrontiamo.
Su tutto questo incombe la promessa-minaccia dell’autonomia differenziata le che regioni del nord chiedono a gran voce e quelle del Sud respingono per le insidie che intravedono. L’eventualità che si tratti più che altro di un argomento elettorale, almeno a questo punto del cammino, non deve distrarre dall’obbligo di farsi trovare preparati al momento della verità quando verrà messa a confronto l’efficienza del Nord con quella del Sud e si dovranno fornire risposte concrete alle aspettative di cittadini in teoria tutti uguali.
Un chiaro segnale del disagio, soprattutto giovanile, è lanciato dall’Istat in un rapporto che denuncia come nel decennio 2012-2021 siano stati 157mila i cervelli meridionali, per un terzo laureati, emigrati nel resto d’Italia e all’estero andando a costituire, parole dell’Istituto di Statistica, “una fonte di capitale umano per le aree maggiormente produttive”. Un impoverimento in termini qualitativi e quantitativi particolarmente grave nell’area di Napoli che illumina la distanza in termini di opportunità e attrattività all’interno del Paese.
Quello che stiamo attraversando è un passaggio cruciale carico di difficoltà e di opportunità. Per superarlo con successo c’è bisogno di sollevare la qualità media degli attori decisionali in ogni ganglio del sistema. È questo il tempo delle competenze, delle persone giuste al posto giusto, dell’aggiornamento e della formazione. I nodi vanno sciolti prima che diventino inestricabili. Osservare mentre si stringono senza intervenire o limitarsi al racconto di quello che potrebbe essere ma non è potrebbe rivelarsi un errore senza rimedio.