L’Italia in Africa, dopo 60 anni tornano d’attualità le intuizioni di Enrico Mattei

101
in foto Giorgia Meloni durante la sua visita in Algeria

La Capo del Governo Meloni domenica pomeriggio si è recata in trasferta a Algeri, a un salto dalle coste siciliane: le è bastato sorvolare il Mediterraneo e si è trovata in Nordafrica. Seppure si tratti di una considerazione ovvia, sottolinearla non è superfluo. Neanche ricordare che per raggiungere Mosca è necessario affrontare un volo più lungo. La visita di due giorni della Premier a quel paese africano, accompagnata oltre che dal suo staff, anche dal Presidente dell’Eni De Scalzi, è stata improntata soprattutto al perfezionamento di affari di importanza strategica non solo per l’ Italia, quanto per tutta l’ Europa. È opportuno ricordare che la strada verso il terzo mondo era stata riaperta meno di un anno fa dall’allora Primo ministro Draghi. Questi aveva ritenuto opportuno iniziare a stringere di nuovo i rapporti di collaborazione con quel Paese. Gli stessi si erano allentati senza particolari motivi verso la fine del secolo scorso. È bene fare un breve excursus della evoluzione geopolitica e allo stesso tempo economica dell’Africa in relazione con il resto del mondo. Quel continente è stato da tempo più che lungo un partner storico per l’Europa, specie per i paesi del suo Sud. Basta pensare che per i Romani traversare il Mediterraneo era diventato quasi routine. Al ritorno portavano in patria di tutto, animali e indigeni compresi. Eppure fino alla metá del secolo scorso il Continente antico non era stato tenuto nella considerazione a esso dovuta. Se si inizia l’osservazione dall’ 800, per alcune sue aree anche prima, si ha subito chiaro il concetto che il colonialismo operato andando verso l’ Equatore dai paesi più progrediti, fu quanto di peggio oggi si possa immaginare. In effetti per molti versi corrispose a una forma di razzia di massa, cioè quanto oggi in finanza sarebbe definito un prelievo forzoso. Di corrispettivo o di indennizzo di ogni genere nemmeno a parlarne, arrivando addirittura a situazioni come quella del Congo, paese che finì con diventare proprietà privata di Re Leopoldo del Belgio. Un nuovo corso della collaborazione tra il mondo evoluto e quelle realtá, allargata anche a est, vale a dire verso i Paesi Arabi, fu iniziato è proseguito da un italiano, Enrico Mattei. Ancora commissario liquidatore della vecchia Agip, l’azienda petrolifera di stato. capì che le captazioni di idrocarburi sul territorio nazionale non sarebbero state sufficienti per soddisfare il fabbisogno energetico necessario per la ricostruzione postbellica e poi dell’ industrializzazione del Paese. Dovette agire, per intuizione sua e solo sua, convinto come fu che la risposta al fabbisogno di energia reclamato dal comparto produttivo andasse trovata fuori dei confini nazionali, dovette fare di necessitá virtù. Ciò significò che i suoi furono sempre veri e propri accordi di collaborazione paritetici, mai patti leonini. Durante la sua trasferta, la Premier Meloni ha avuto modo di constatare quanto sia ancora presente la memoria di Enrico Mattei in Algeria, segnale inequivocabile del buon operato in quel paese di quel Grand Commis finito tragicamente 60 anni orsono. La Primo Ministro Meloni ha continuato a muoversi sul sentiero riscoperto da Draghi, proponendosi come donna di affari oltreché politica. Ha dichiarato che il suo rapporto con il Nordafrica è solo all’inizio. Supportata dal suo governo, ha in mente di stabilire collaborazioni con tutta la zona di quel continente che si affaccia sul mare a nord e anche con altri. Gli stessi non saranno solo di portata nazionale, quanto di interesse dell’ intera Europa. Quindi l’ Italia potrà attrezzarsi per diventare un hub strategico, con tutti i risvolti economici e politici che una situazione del genere consentirà a essa di realizzare. A questo punto la dipendenza energetica da est resterebbe solo un ricordo non gradito, essendo i giacimenti di idrocarburi interfacciati non solo ricadenti in quella parte del Continente Nero che affaccia sul mar Mediterraneo, ma anche dai paesi della parte centrale, collegati con condotti sotterranei. A questo punto bussa con vigore alla mente una domanda che ha tutte le caratteristiche per essere definita di ampia portatata. Perchè mai, questo il quesito, i governi che si sono succeduti prima di quello presieduto dal Professor Draghi, non hanno preso in considerazione questo modo di affrontare il problema energetico. Eppure con l’unione Sovietica prima e con la Russia dopo i rapporti del Paese, fatte salve alcune brevi parentesi dettate più che altro da necessità specifiche di Mosca, difficili da gestire in maniera autonoma, la cortina di ferro è stata a lungo ben solida e anche oggetto di accurata manutenzione da parte di chi si trova aldilà della stessa, quindi verso oriente. Solo per ricordo, una delle parentesi accennate fu la costruzione dello stabilimento della Fiat a Togliattigrad. Mattei aveva intuito che ristabilendo legami con le ex colonie tipo Libia e altre, avrebbe in parte onorato il debito morale sorto in seguito all’avventura intrapresa dal Duce di allargare l’impero fin Oltremare, come erano definiti quei territori all’ epoca. A pensarci bene, anche l’attuale accoglienza dei disperati del mare può essere in parte compresa tra quelle forme di indennizzi. Meditate, governanti, meditate.