Confcommercio: Cresciuta la fiducia da parte delle famiglie nonostante il forte rallentamento di Pil e consumi

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“Prosegue la fase di ‘contraddizione’ tra le evidenze emergenti dagli indicatori congiunturali. A una fiducia in forte risalita si contrappone l’azzeramento della crescita dei consumi nell’ultimo quarto del 2022. Produzione e occupazione sarebbero in riduzione tra novembre scorso e l’attuale mese di gennaio, eppure segnali molto favorevoli si riscontrano sul versante dell’inflazione, molto elevata ma probabilmente in significativa riduzione nei prossimi mesi”. Lo rileva Confcommercio nell’ultima congiuntura, in cui evidenzia che nonostante l’erosione del potere d’acquisto di redditi correnti e ricchezza liquida, solo in parte compensata dai sostegni pubblici, l’atteggiamento delle famiglie resta positivo e non si avvertono cambiamenti radicali nei comportamenti d’acquisto. Sono da escludere, quindi, almeno a breve termine, drastiche e generalizzate riduzioni della domanda. A novembre la produzione industriale ha confermato la tendenza al rallentamento, trend che perdurerebbe fino ai primi mesi del 2023, stando alle indicazioni degli imprenditori.

Mercato del lavoro, sostanziale tenuta
Il mercato del lavoro ha mostrato, a novembre, una sostanziale tenuta con una lieve riduzione del numero di occupati (-0,1% su ottobre pari a -27mila unità). Nello stesso mese i consumi, espressi nella metrica dell’ICC, hanno confermato la tendenza ad una minore dinamicità, con una crescita dello 0,4% su base annua. Il dato è sintesi di una flessione della domanda per i beni (-0,2%) e di una crescita per i servizi (+2,7%). All’interno dell’aggregato dei beni il ridimensionamento, sostanzialmente diffuso tra i settori, conferma accentuazioni negative per gli alimentari, i mobili e gli elettrodomestici. Trascurabili segnali di recupero sono emersi nei settori dell’automotive e dell’abbigliamento, interessati ormai da tempo da forti difficoltà. Nel complesso del 2022 l’ICC ha registrato una crescita del 4,2%, sintesi di un recupero più accentuato dei servizi (+15,5% sul 2021) e di una moderata crescita della domanda di beni (+0,4%). Nonostante questo andamento molto positivo, i livelli di consumo si mantengono ben distanti dai valori complessivi del 2019 (-4,1%).

Servizi in forte ritardo
I servizi si confermano in forte ritardo (-11,2%), così come il segmento dell’automotive (-23,8%) e dell’abbigliamento e calzature (-6,6%). In linea con un deterioramento mostrato dai principali indicatori nella parte finale dello scorso anno, a gennaio il PIL, secondo le stime di Confcommercio, dovrebbe registrare una riduzione dello 0,9% congiunturale e una crescita dello 0,4% nel confronto annuo, ponendo le premesse per un primo trimestre recessivo. Gli ultimi dati sull’inflazione e i segnali di rallentamento sul versante dei costi delle materie prime energetiche, sembrerebbero indicare l’inizio di una fase meno espansiva dei prezzi. Sempre secondo le stime di Confcommercio nel mese di gennaio i prezzi al consumo dovrebbero registrare un incremento dello 0,6% su dicembre, portando il tasso di variazione tendenziale al 10,5% (dall’11,6% di dicembre). L’importante eredità del 2022 (il trascinamento è stato pari al 5,1%) e la perdurante crescita dell’inflazione di fondo rendono, comunque, difficile ipotizzare una crescita dei prezzi nella media del 2023 sotto il 6%.

Giù la domanda delle famiglie
Il rallentamento della domanda delle famiglie, che per alcuni segmenti si configura come una vera e propria riduzione, dovrebbe avere innescato un ciclo recessivo, di durata e intensità ridotte. A gennaio 2023, “il PIL è atteso ridursi dello 0,9% in termini congiunturali, con una crescita dello 0,4% sullo stesso mese del 2022”. A dicembre 2022 l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) ha evidenziato un incremento dello 0,4% sullo stesso mese del 2021. Il dato, spiega la nota, è sintesi di un aumento della domanda per i servizi (+2,7%) e di una flessione di quella relativa ai beni (-0,2%). Nel complesso del 2022 l’indicatore registra una crescita del 4,2%, andamento a cui ha contribuito quasi esclusivamente la componente relativa ai servizi (+15,5%) a fronte di una crescita decisamente più modesta della domanda relativa ai beni (+0,4%). Nonostante i recuperi registrati nell’ultimo biennio la domanda, calcolata nella metrica dell’ICC, è ancora distante dai livelli pre-pandemia. Nel confronto con il 2019 l’ICC risulta inferiore del 4,1%. Per i servizi il calo si attesta all’11,2%.

Tira il business legato al tempo libero
Anche a dicembre 2022 le componenti più dinamiche della domanda sono state quelle relative alla fruizione di servizi per il tempo libero. Il dato dell’intero 2022 segnala, comunque, come nonostante gli sforzi compiuti dalle famiglie, ed il progressivo ritorno del turismo straniero, per molti servizi i livelli di consumo siano ancora molto distanti dai valori del 2019 che presumibilmente potranno essere raggiunti solo all’inizio del 2024. Relativamente ai beni a dicembre sono emersi pochi spunti di recupero. Nel confronto annuo valori positivi hanno interessato le autovetture vendute a privati (+7,4%), i prodotti terapeutici e farmaceutici (+2,0%) e l’abbigliamento e le calzature (+0,9% tendenziale). Relativamente all’automotive e all’abbigliamento e alle calzature il dato di dicembre ha solo attenuato una situazione di perdurante difficoltà. Nel complesso dell’intero 2022 questi settori scontano ancora importanti ritardi con i volumi del 2019 (rispettivamente -23,8% e -6,6%).

Cala la richiesta di mobili ed elettrodomestici
Anche a dicembre la domanda di mobili (-4,3% nel confronto annuo) e di elettrodomestici (-3,8% tendenziale), che avevano mostrato nel 2021 andamenti espansivi, conferma la tendenza al ridimensionamento emersa già nel terzo trimestre. Anche per gli alimentari (-1,8% su base annua) il dato di dicembre consolida l’orientamento a una riduzione dei consumi. La contrazione della domanda, seppure più contenuta rispetto a quanto registrato a ottobre e novembre, conferma le difficoltà delle famiglie a mantenere i livelli di consumo in un comparto in cui l’elevata inflazione ha imposto scelte negli acquisti sia sul versante delle quantità, sia della qualità.