Le accise? Così fan tutti. Ma ciò non basta a sollevare il morale degli italiani

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in foto Giorgia Meloni

Può essere utile fare un breve ripasso di come funziona l’attività fiscale di uno stato, qualunque sia il tipo di governo vigente al suo interno. La convenzione condivisa pressoché universalmente è che il prelievo effettuato sui contribuenti sia riconducibile a due grandi filoni: le imposte e le tasse. Le prime sono necessarie per far funzionare, senza collegamenti diretti, la grande macchina della pubblica amministrazione e percuotono, il verbo arriva diritto dal sistema fiscale in uso nell’antica Roma, il reddito di una persona, ovvero le sue entrate, in un determinato intervallo di tempo, di prassi l’ anno. Le seconde sono applicate indirettamente, precisamente al verificarsi di un comportamento che può essere l’ acquisto o la vendita di beni e servizi. L’ipotesi si verifica anche quando si voglia usufruire del servizio pubblico, valendo in tal modo come partecipazione alla copertura dei costi dello stesso, quindi non l’esatto corrispettivo. Ne è un esempio la carta bollata che è necessario usare volendo ricorrere alla giustizia. Nella seconda tipologia deve essere inclusa anche una forma di prelievo sui generis che è legata solo alla natura della prestazione richiesta dal contribuente. Le principali tra di esse sono le stesse accise, i dazi, le gabelle e forme simili, di cui solo una parte è ancora in uso. Al momento quella tra di esse che sta turbando i sonni, insieme alle tante altre insidie che già li popolavano, degli Italiani, è l’accisa sui carburanti. Breve presentazione, riferibile a tutti gli enti sovrani: quando c’è da far cassa, per di più subito, implementare una o più accise è la manovra che da risultati nel minor tempo possibile. Peraltro le risposte in termini di quantità del prelievo risultano quasi sempre in linea con le aspettative dell’ente che lo impone. Il perché va ricercato nella tipologia del bene al quale lo Stato sceglie, di massima, di applicare quel tipo di prelievo. Non occorre essere cultori della materia per prendere atto che sono i prodotti la cui domanda è più rigida i destinatari dell’applicazione di quella misura. La domanda di un bene o di un servizio si intende rigida quando risente poco o niente delle variazioni di prezzo dell’ offerta. Evidenziata, seppur di massima, quale è la logica che supporta quel prelievo operato dallo stato, dovrebbe essere scongiurata l’ ipotesi che l’accisa subisca la stessa sorte del Sarchiapone dello sketch di Walter Chiari e Carlo Campanini: subita da tutti, conosciuta da pochi. Un esempio per tutti, datato ma non pertanto meno idoneo a riassumere le caratteristiche di quel modo di agire della macchina statale, risale alla colonizzazione delle Americhe da parte degli emigrati inglesi. Avendo questi ultimi intrapreso la coltura intensiva del grano, la corona britannica pensò bene -dal suo punto di vista, chiaramente- di applicare un prelievo sul macinato che si otteneva da quel frumento. La mossa provocò una levata di scudi ben più ampia e meno pacata di quella che da qualche giorno sta infiammando gli animi degli italiani. Resta comunque identico il sentimento negativo di chi si trova a essere tartassato, il rafforzativo è opportuno, su beni o servizi di prima necessità, i carburanti tra essi. La speculazione ha innescato così un meccanismo contorto di amplificazione di quei prezzi che rendono ancora più pesante l’azione di quella misura. Essendo la stessa calcolata in percentuale sulla base imponibile, più questa stessa è consistente, tanto più alto in valore assoluto risulterà il prelievo. Sballando così la costruzione dei costi per determinare il prezzo da applicare al bene o al servizio prodotti, che subisce più o meno direttamente i riflessi della variazione prima abbozzata. Si pensi ai trasporti, di persone o cose, per terra, cielo e mare o all’agricoltura e alla pesca. La questione al momento ha assunto toni che definire preoccupanti non basta; essi si sommano alla più vasta piaga del caro energia, intervenuto quasi totalmente per motivi completamente slegati dalla volontá del governo e della politica economica attuata. Tutto ciò alimenta il malcontento degli italiani e contribuisce a destabilizzare il Paese. Quest’ultimo particolare non è assolutamente da sottovalutare. Nel corso dei secoli la fame ha giocato più di un brutto tiro a chi si è trovato a gestire talune delle situazioni accennate. Quella attuale dell’ Italia è una di esse.