La sintesi del quadro
Stiamo convivendo queste feste con eventi complessi per portata e per negatività, mai capitati dall’ ultimo conflitto mondiale che fini negli anni ’40. Tutti in un rapido succedersi, dai connotati nuovi, non prevedibili sullo sfondo di un conflitto russo-ucraino, a sua volta arrivato ad oggi da tempi lontani di alternanza di politiche di “cattura e ricattura” dei Governi dei Paesi ex comunisti dopo la caduta del muro di Berlino. La faticosa approvazione di una manovra finanziaria della compagine Meloni secondo alcuni giustamente considerata sfilacciata dal costo accollatosi per la crisi politico-costituzionale ed energetica (gas ed elettricità) imperniata sullo strumento della “tutela delegata”, da parte di un Governo nuovo, figlio di una rinnovata elezione della compagine del legislativo dopo Draghi concentrato numericamente, per la prima volta tutto alla destra dello schieramento politico- parlamentare. Il tutto impastato nella realizzazione quotidiana degli Obiettivi e tappe del rivoluzionario Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la simultanea preparazione dell’Agenda della Meloni per il nuovo anno.
La comunicazione specialistica recente (a)
Il Messaggero
Mercoledì 4 Gennaio 2023, 13:27
Meloni, le prossime tappe del governo: dalle riforme a Pnrr, le priorità nel 2023 (https://www.ilmessaggero.it/politica/meloni_governo_riforme_2023-7148551.html) di Francesco Malfetano
“Riforme e Pnrr. Archiviata la Manovra ma non ancora le feste, il governo guidato da Giorgia Meloni prepara l’Agenda per il nuovo anno. E lo fa provando ad imprimere un’accelerazione sui dossier più divisivi o complessi. È il caso delle Riforme costituzionali, per cui non è del tutto chiaro se i percorsi debbano essere separati oppure coincidere. Così, mentre all’interno della stessa maggioranza tiene banco il dibattito sull’Autonomia differenziata nonostante gli sprint leghisti, il mirino di FdI è puntato sul Presidenzialismo. O meglio sull’avvio dell’iter che può portare a diverse declinazioni del vecchio pallino della politica italiana. Tant’è che la ministra Casellati, proprio in virtù di queste differenze, ha già iniziato il confronto con i partiti politici (punta a chiudere entro gennaio) che porterà all’elaborazione di una proposta. Sul tavolo ci sono l’elezione diretta del Capo dello Stato, quella del premier (chiesta da Pd e Terzo polo) o un semi-presidenzialismo alla francese, tutte da valutare all’interno di una bicamerale o di una “bicameralina”, com’è stata ribattezzata l’ipotesi di un consesso ristretto tra le commissioni Affari costituzionali.”
Ripreso dal suesposto testo
La comunicazione specialistica recente (b)
Il tema del Pnrr
Ma a tenere banco, con un orizzonte che con ogni probabilità è da ricercarsi sempre entro la fine di gennaio, è anche l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Come chiarito più volte dalla stessa Meloni, una volta centrati gli obiettivi del 2022 e ottenuta la relativa tranche di pagamento, la sfida ora consiste nel mettere a terra quei cantieri. E quindi – posta la necessità di ritrattare la gestione dei fondi con Bruxelles – a palazzo Chigi si lavora a quella che è definita una «riforma della governance». Una semplificazione che mira ad accentrare nelle mani del ministro Raffaele Fitto il potere di velocizzare i lavori. In buona sostanza si mira a rendere più efficace il «potere sostitutivo» del governo che consente di commissariare le amministrazioni locali in ritardo sui progetti, a prescindere dalla caratterizzazione politica. Non solo. Data la necessità di rendere più corposa la struttura centrale che si occupa del Piano, nella mente dell’esecutivo c’è anche l’idea di non applicare uno spoil system tra i funzionari – avanzando chi gode di fiducia “politica” – ma di avvantaggiare chi si è mostrato meritevole. Anche perché, si ragiona, nel decreto di riforma si rivedranno i poteri delle Soprintendenze, i tempi delle Conferenze di servizi, la procedura della, la valutazione di impatto ambientale(Via), e quindi aumenteranno le responsabilità. Non a caso, contestualmente, prosegue il lavoro del governo per modificare il reato di abuso d’ufficio che spesso frena “il potere di firma” negli atti della Pubblica amministrazione. Non un passaggio facilissimo, ed è solo l’inizio del 2023.
Huffington Post
29 Dicembre 2022 alle 16:5
Pnrr, 149 obiettivi nel 2023. Senza più la scia di Draghi “il difficile viene ora”. Tra gli ostacoli, fisco e balneari (https://www.huffingtonpost.it/politica/2022/12/29/news/meloni_pnrr_balneari_2023-10988535) di Luca Bianco
“In ballo 38 miliardi di euro totali suddivisi in due rate. Meloni alla conferenza di fine anno parla della sfida di “trasformare gli obiettivi in cantieri” e riapre il capitolo della rimodulazione del Piano”
La comunicazione specialistica recente (c)
L’osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia è un’organizzazione culturale nata nell’aprile del 2020 con lo scopo di raccogliere in forma digitale le migliori istanze della società civile e così selezionare idee e soluzioni al fine di favorire una concreta ed efficiente ripresa del Paese a seguito dell’emergenza sanitaria e della crisi energetica.
L’obiettivo è realizzare nel concreto un Big Data sulla Ripartenza.
31 dicembre 2022
[Lo scenario] Pnrr al fotofinish, centrati obiettivi 2022 (https://www.ripartelitalia.it/lo-scenario-pnrr-al-fotofinish-centrati-obiettivi-2022/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=gli-ultimi-newsletter-total-articoli-da-riparte-l-italia_4%203) del Comitato di Redazione
FOCUS su il Ministro Raffaele Fitto
“Il Ministro degli Affari comunitari Raffaele Fitto a fine anno è stato a Palazzo Chigi per ufficializzare gli ultimi documento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR ) e da quella data partirà la richiesta formale alla Commissione europea per l’assegnazione della terza rata da 20 miliardi del Recovery Plan, la seconda di quest’ anno.
“Il lavoro è fatto, con Bruxelles non ci saranno difficoltà”, spiega uno dei funzionari impegnati fino all’ultimo nel negoziato. Gli obiettivi da raggiungere nel secondo semestre del 2022 erano cinquantacinque, alcuni rilevantissimi, altri meno.
L’ostacolo più difficile era la riforma dei servizi pubblici locali, ma nel complicato contratto firmato dall’Italia con l’Unione ci sono anche impegni più minuti, come il miglioramento dei “criteri ambientali minimi per gli eventi culturali” come l’uso di materiali riciclabili per i palcoscenici.
Per tagliare il traguardo e non rischiare di perdere i finanziamenti il governo di Giorgia Meloni ha dovuto fare di necessità virtu’.
La norma sull’uso dei Pos introdotta da Draghi, ad esempio: era uno degli obiettivi del primo semestre di quest’ anno, dunque se ci fosse stato un allentamento delle sanzioni agli esercenti che lo rifiutano, si sarebbe messa a rischio la rata del secondo.
La premier ha poi dovuto accelerare alcune riforme. Quelle più contestate riguardano il processo civile. Poco prima di Natale il Consiglio nazionale forense ha chiesto (senza successo) di stralciare la norma introdotta nella Finanziaria che imporrà dal primo marzo (invece del 30 giugno) di rendere più veloci le fasi preliminari del contraddittorio.
Come è noto, i tempi italiani sono fra i peggiori dell’Unione. La parte più difficile del Recovery su cui ora si concentrerà il lavoro di Fitto riguarda la cosiddetta “messa a terra” del piano.
Se le stime fatte dal governo Draghi fossero state rispettate, l’Italia avrebbe già dovuto spendere quaranta miliardi di euro.
Le previsioni di spesa in mano a Fitto parlano nella più rosea delle ipotesi della metà. Per questo, entro la fine di gennaio, ci sarà un decreto per rimettere mano al processo decisionale.
Oggi l’impianto del Recovery ruota attorno a quattro strutture burocratiche: il “servizio centrale del Pnrr” presso il ministero del Tesoro (lo gestisce Carmine di Nuzzo della Ragioneria generale dello Stato), la “segreteria tecnica della cabina di regia” a Palazzo Chigi guidata da Chiara Goretti, “l’unità per la regolazione” diretta da Nicola Lupo, a cui si aggiunge un responsabile per ciascun ministero di spesa.
Fitto, a cui sono state assegnate tutte le deleghe, ha già ottenuto l’ultima parola sul lavoro della struttura del Tesoro, sulla carta in capo a Giancarlo Giorgetti.
Per ottenere ulteriori cambiamenti Fitto deve accordarsi con la Commissione europea, perché anche la governance del piano è parte degli impegni grazie ai quali l’Italia riceverà duecento miliardi di euro di qui al 2026.
Quel che conta è anzitutto non perdere il flusso dei finanziamenti: per le banche d’affari i quaranta miliardi di euro garantiti ogni anno dal Recovery sono un puntello ai conti pubblici italiani in un momento di forte rialzo dei tassi di interesse.
A marzo il governo chiederà a Bruxelles la modifica di alcuni progetti, un ulteriore aggiornamento dei costi (aumentati a causa dell’inflazione) e la revisione dei tempi per la consegna di molti appalti.
L’unica cosa che il governo non può chiedere di cambiare è la scadenza finale. In ogni caso il piano e ciascun appalto“
Ripreso dal suesposto testo