Bizantini al Mann: allestire una mostra è come costruire un menu

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Mann: Museo Archeologico Nazionale di Napoli.  Basta la parola, direbbe un antico ritornello pubblicitario. Mostre di Archeologia, peraltro legate alla storia cittadina, trovano in questo Museo la naturale sede per le esposizioni. Qualche volta la strada semplice è anche la migliore. “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”. Si presenta come la mostra irrinunciabile del periodo natalizio in città. L’enorme flusso turistico che travolge le strade cittadine in questo periodo dell’anno lascia immaginare file senza limite all’ ingresso del Museo. La coincidenza tra prima domenica del mese, quindi ingresso gratuito, e primo giorno dell’anno, sembra sinonimo di folla, fila, calca, dunque gran successo di pubblico. Un tema tanto interessante quanto anche misterioso, come la civiltà bizantina  non può che attirare visitatori esperti e non.  Sorpresa: nessuna fila all’ingresso, qualche guida che cerca di vendere il proprio servizio, salvo poi fungere semplicemente da ufficio informazioni per la biglietteria e il deposito delle borse ingombranti. (Sic !). Al centro della sala d’ingresso accolgono i turisti la croce e il monogramma composto dalle lettere greche X-chi e P-rho del nome di Cristo. Pochi si fermano, nessuno osserva le sfumature grigio bluastre del marmo più usato per le statue. Didascalie che spiegano la particolarità ed invitano all’osservazione non pervenute. La sala della meridiana nella sua ampiezza, ospita tutta la mostra. La visita qui diventa adatta a gambe forti e menti volitive: le sezioni d’ esposizione sono numerate in una sequenza che induce un andirivieni da un lato all’altro della sala che distoglie spesso il visitatore dalla sequenza indicata.  Un televisore, quasi domestico, di medie dimensioni, trasmette un filmato che ricostruisce in tre D la maggior parte dei monumenti e degli edifici che furono parte del territorio di dominio bizantino. A qualche metro di distanza un secondo televisore documenta lo stato attuale di molti di essi. Entrambi gli schermi sono defilati rispetto al percorso offerto. Bisogna incontrarli oppure cercarli. Quando si dice il piacere della scoperta. Nell’affannoso rimpiattino tra i numeri degli stand e la ratio espositiva il turista corre il rischio di essere severamente redaguito nel caso calpesti i pregiati medaglioni decorati posti a terra sul tracciato della meridiana.Si potrebbe azzardare la richiesta di una protezione almeno durante le espozizioni. -Basta sto’ tutto sudato- avrebbe mormorato il geniale attore che esordì ricominciando da tre. Una mostra di reperti di un inestimabile calibro come quella sui Bizantini, merita introduzione svolgimento e conclusione degni della grandezza che espone. La risposta al sempiterno interrogativo sulle origini dell’arte di Bisanzio avrebbe richiesto una narrazione più fluida ed emotivamente più intensa  di un racconto molto didascalico. Le tecniche dell’interpretazione avrebbero suggerito, per dirla con i cuochi stellati, un amuse-bouche, una pietanza consumata all’inizio del pasto, prima degli antipasti, e cioè i due schermi affiancati in posizione centrale rispetto all’accesso: quello con la ricostruzione vicino a quello con lo stato dei luoghi per trasportare idealmente ed emotivamente, grazie a ricordi ed esperienze personali, il visitatore sul territorio dell’antico impero, e poi gradualmente, e senza grandi sposamenti fisici, (deleteri per la tenuta dell’attenzione e delle emozioni) fargli incontrare i gioielli, le armi, le monete e tutto quanto si intendeva offrire. La costruzione di un allestimento, secondo i principi interpretativi, è simile a quella di un menu: deve, stuzzicare, sorprendere, soddisfare svelando così la capacità di chi cucina d’interpretare le esigenze del pubblico. Per Escoffier il menu deve: “trovare il giusto equilibrio tra le materie prime, le specialità che fanno il nome del locale, il rinnovamento indispensabile e la soddisfazione del cliente, che si augura di mangiare molto o leggero, in modo tradizionale o originale“. Lo stesso principio è valido anche per l’organizzazione di un allestimento. Bisogna studiare il crescendo di sapori, considerare il tipo di clientela, e tutto quanto possa portare il visitatore alla massima soddisfazione dei cinque sensi più uno: l’emotività.