Cultura, il ministro Sangiuliano contro le parole straniere: Usarle è snobismo radical chic

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In foto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (Imagoeconomica)

“La consacrazione della lingua nazionale è in molte Costituzioni, di gran parte dei Paesi non solo europei, come ha opportunamente ricordato Federico Guiglia. Quindi si tratta di essere coerenti con altre grandi nazioni europee e occidentali, e già il presidente Meloni presentò una proposta in tal senso. Poi, naturalmente, la riforma va armonizzata con il quadro di riforme a cui sta lavorando il ministro Casellati”. Lo afferma il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in un’intervista a Il Messaggero nella quale commenta l’idea lanciata dal quotidiano, che è diventata anche oggetto di una proposta di legge, di inserire l’Italiano nella Costituzione. “La lingua è l’anima della nostra nazione, il tratto distintivo della sua identità – afferma Sangiuliano -. Il secolo scorso insigni studiosi del calibro di Croce, Gentile, Volpe hanno a lungo argomentato sulla circostanza che l’Italia sia nata molto prima della sua consacrazione statutaria e unitaria. L’Italia nasce attorno a quella che fu definita la lingua di Dante”. “In Italia – sottolinea ancora il ministro – non esiste un’autorità pubblica con poteri giuridici come sono ad esempio l’Académie française e il Conseil International, per la Francia, o la Real Academia Espanõla per la Spagna. Abbiamo, è vero un’istituzione prestigiosissima come l’Accademia della Crusca, fondata nel 1583, autorevole ma priva di strumenti giuridici”. “Credo che un certo abuso dei termini anglofoni – prosegue Sangiuliano – appartenga a un certo snobismo, molto radical chic, che spesso nasce dalla scarsa consapevolezza del valore globale della cultura italiana. E anche della sua lingua, che invece è ricca di vocaboli e di sfumature diverse”. “Valorizzare e promuovere la nostra lingua non significa ignorare il mondo che ci circonda – argomenta il ministro -. Non significa, cioè, in alcun modo che in un mondo globalizzato non si debbano studiare e apprendere bene altre lingue, a cominciare da quella inglese, come diceva Tullio De Mauro il multilinguismo ci aiuta a gestire la complessità del presente. Qui non si tratta di promuovere una battaglia di retroguardia ma solo se sei ben saldo nelle tue radici puoi meglio aprirti al mondo”.