L’Evento dell’inverno a Napoli: Artemisia in mostra alle Gallerie d’Italia 

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Artemisia Gentileschi a Napoli, alle Gallerie d’Italia. Notizia roboante per una mostra che ha tutte le premesse per diventare l‘Evento dell’inverno d’arte a Napoli. Artemisia è stata la donna stuprata che ha denunciato, Artemisia è stata una pittrice apprezzata in un epoca in cui le donne erano relegate ad altre funzioni, Artemisia l’artista che ha viaggiato. Le Gallerie d’Italia, nel nuovo spazio museale napoletano, ha aperto anche un bar ed un ristorante con lo chef stellatissimo Iannotti. Cosa desiderare di più. Per la soddisfazione del corpo e dello spirito.  Legittimo, con la strada invasa dai turisti d’ogni età e provenienza, immaginare una risposta imponente ad un invito così attraente. Eppure. Il pubblico all’interno del Museo c’è, ma l’importanza della mostra chiede, anzi urla un afflusso sensibilmente più cospicuo. L’ingresso alla grande sala è seminascosto sul fondo del bookshop. Appena entrati si è avvolti da una penombra che a malapena lascia intravedere il pavimento. La prima opera è una rappresentazione di Santa Caterina d’Alessandria, dipinta, ohibò, a Firenze. C’è qualcosa che non va, strimpellerebbe l’inossidabile, rocchettaro cantautore, la mostra, come enunciato dal titolo, espone l’operato di Artemisia a Napoli. Nel percorso espositivo, però, sarà possibile imbattersi in un’altra Santa Caterina, questa volta, dipinta a Napoli. Sarebbe stato molto interessante, se i dipinti fossero stati affiancati nello stesso box, cogliere le differenze tra le due figure. Entrambe col volto d’Artemisia, ma con vesti e sfondi diversi che denunciano pienamente la differenza d’ambientazione, e l’influenza cromatica  dei luoghi in cui le opere furono realizzate.
Il percorso espositivo, sommariamente indicato da una hostess, si snoda tra vari box ed una passeggiata finale. I dipinti d’Artemisia sono affiancati da quelli degli artisti della sua cerchia. Nessuna didascalia che lasci intravedere, se ci fossero, le commistioni artistiche tra la pittrice e i suoi aiutanti.
Con buona pace del poeta dal sepolcrale spirito, l’errare del cieco mendicante che abbraccia le urne non è esattamente ciò che il visitatore di un museo si aspetta di dover fare. Non necessariamente si dovrà scegliere l’aiuto di un Virgilio, per quanto esperto, per comprendere le influenze e le possibili contaminazioni che la pittura dell’artista ha esercitato oppure subito. Le tecniche dell’interpretazione, sempre loro. Un faretto che inquadra la mano sul quadro d’Artemisia ed un altro che mette in luce la mano sul quadro del collega pittore che potrebbe aver lavorato con lei, l’uso combinato di luce e musica per trasferire le emozioni da una tela all’altra, e far comprendere al pubblico che è la stessa sensibilità ad avere descritto una scena. Non è facile, ma è possibile. Il pubblico deve chiedersi il perché dell’accostamento di opere di autori diversi, ma deve anche trovare lo spunto per intuire la risposta o essere stimolato a cercarla. Il lavoro delle guide è invece perfetto, tanto di quelle per adulti che di quelle per bambini. La narrazione per i pargoli è costruita proprio secondo i principi dell’interpretazione: il linguaggio contemporaneo illustra l’autoritratto come il selfie del tempo che fu e tiene legati i bambini al filo della narrazione fatto di “livelli” di conoscenza da sbloccare per poter avanzare nella scoperta del prossimo box (livello). Gli adulti, opportunamente guidati, imparano a riconoscere nelle opere la mano di Caravaggio, l’influenza di questo o quel collaboratore di Artemisia. C’è interesse, autoidentificazione e stimolo. Problematica resta la visita autonoma di un visitatore non particolarmente strutturato sul tema. Ecco dove devono intervenire massicciamente le tecniche dell’interpretazione. Il percorso è ormai tracciato, ancora pochi passi e l’obbiettivo sarà centrato.