In Italia il comportamento scorretto generalizzato è ormai prassi, come la violenza gratuita

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Non sarà sfuggito che, oramai succede da tempo, il colloquio e il dibattito in generale, hanno ceduto il passo, con andamento trasversale, a veri e propri scontri verbali. Non c’è occasione di confronto che non sia potenzialmente carica di veemenza a mala pena trattenuta, pronta a venir fuori, peraltro in crescendo, al primo screzio. L’ipocrisia, in concomitanza, scorre a fiumi. Si dirà che non c’è da meravigliarsi più di tanto, essendo la pazienza umana ormai fiaccata non solo nel Paese ma pressochè ovunque, da eventi negativi concomitanti e quindi accavallati. Molto peggio va altrove, in maniera più accentuata negli USA, dove il tempo necessario per passare dalle parole ai fatti, nel caso specifico si deve leggere armi, se e quando c’è, é minimo. Sarà proprio perchè questo nuovo costume ha preso piede che la confusione ha iniziato a dilagare e con essa l’incertezza. Venerdì è stato presentato il rapporto Censis 2022. Esso evidenzia in sintesi che gli Italiani sono caduti in uno stato di defedazione assimilabile alla malinconia. Ciò che lascia ancor più perplessi è che l’informazione in generale sembra seguire questa nuova forma di spettacolo/farsa -a tanto essa si riduce- talvolta adattandovisi. Andando con ordine, una cosa sono le fotografie e i filmati delle zone di guerra, delle sommosse e delle catastrofi, che non si vorrebbero mai vedere, perchè vere. Pur senza dirlo, molti, di fronte a quei report, pensano che potrebbe capitare anche a loro qualcosa del genere. Tutt’altro spirito è quello che anima l’attenzione sulle diatribe da osteria sempre più a là page negli studi televisivi, riprese dalla maggior parte dei mezzi dell’ informazione. Nonostante siano passati più di due millenni, l’ animo umano è rimasto quello dei cives che andavano al Colosseo per assistere a spettacoli cruenti. Giá all’ora di grande attrazione, oggi si direbbe che avevano un notevole share. Entrambi i casi sono con ogni probabilità l’espressione di un malessere diffuso che trova appagamento con la visione di quel particolare tipo di confronto. Passi, solo per evitare il peggio, che ciò accada in attivitá ludiche, senza che quel particolare contesto possa legittimarne una giustificazione. Che non si rimanga male difronte a quegli esercizi di controgalateo della politica che l’informazione, soprattutto quella via etere, passa, non è in nessun modo accettabile. Eppure da tempo sta accadendo, con evidenza sempre crescente, che la modalità trash metta piede in ogni forma di comunicazione. Un tempo, quando l’informazione radiotelevisiva era un’ esclusiva della RAI, la censura dei suoi solerti funzionari, spalleggiata dai “non placet” degli altrettanto inflessibili prelati che seguivano le trasmissioni dall’interno delle mura vaticane, costituivano un filtro a maglie molto strette. Essa controllava e reprimeva ogni espressione che non rispondesse ai parametri indicati dall’ Ente Radiofonico di Stato e dalla Santa Sede. Erano quelli i tempi in cui Nikita Cruscev, ruspante presidente dell’ URSS, in una assemblea delle Nazioni Unite, l’ ONU, per richiamare l’attenzione dei presenti, si tolse una scarpa e cominciò a batterla sulla tribuna che aveva davanti. Oggi un episodio del genere sarebbe considerato una goliardata, peraltro una tantum, in confronto a quanto accade di continuo in altri banchi occupati anche essi da personaggi con la loro importanza. Tutto quanto riportato fin qui autorizza a credere che, nello svolgimento delle loro funzioni, quegli stessi attori non siano sereni e che non operino assistiti dal libero arbitrio. Questa descrizione ha la pretesa di voler essere sublimata e tanto, in qualche modo, può essere soddisfatto. Si sta assistendo già da tempo a tentativi di intervento, diretto o mediato, di far sedere, di fronte e allo stesso tavolo, i protagonisti del putiferio che non accenna a placarsi a est. Qualcosa fa pensare che sia possibile, se Biden e Xi sono riusciti a confrontarsi in presenza e stando vis à vis per tre ore filate a Doha. In alcune commedie di Eduardo De Filippo viene descritta o presentata la figura del “cantatore”. Era questi una forma di artista popolare che conosceva a menadito le storie salienti del suo paese o del suo rione. Le stesse gli erano pervenute per tradizione orale e lo spettacolo consisteva nel disporsi due di loro per confrontarsi, su balconi o da finestre dirimpettai, sui particolari salienti di una di quelle storie. Vinceva chi raccontava l’ultima. Evitando lo scomodo di affacciarsi, è ormai chiaro che se non arriveranno a confrontarsi in presenza Putin e Zelensky, non si andrá da nessuna parte. Tanto vale per tutti, perché proprio tutti sono coinvolti nel brutto affare della guerra. Solo per notizia, il Consiglio dei Ministri di giovedì, all’ unanimità ha votato un provvedimento che assicura all’ Ucraina il proseguimento dell’ assistenza e della collaborazione a tutto tondo dell’ Italia. Con tutta la buona volontà, pur riconoscendo la validità di quella decisione, è credibile che non è in tal modo che si può pensare di mettere fine a quel disastro di dimensioni bibliche. É già successo in passato che per far tacere le armi, c’è stato bisogno che gli uomini parlassero e lo facessero da vicino, non ultimo il motivo che anche il corpo ha un suo linguaggio. Senza trascurare l’antica riflessione della gente dei campi che, per la soluzione di alcuni problemi particolarmente delicati, affermano che “chi vuole va, chi non vuole manda”. E tant’è, salvo aggiornamenti ad horas per improbabili notizie riguardanti un miglioramento significativo di quella brutta vicenda.