La frammentazione sociale non aiuta la coesione

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di Achille Flora

Dalla Relazione sull’evasione fiscale e contributiva in Italia, allegata al Nadef e pubblicata dal Ministero dell’Economia, apprendiamo che, pur in quadro generale di calo dell’evasione fiscale, ha raggiunto nel caso dell’IRPEF il suo massimo storico del 68,7% per lavoratori autonomi e le imprese, investendo con il lavoro irregolare anche quello dipendente.
L’uso del lavoro irregolare favorisce la riduzione di costi produttivi delle imprese, perseguendo una strategia perdente di competitività di prezzo e non qualitativa, danneggiando contemporaneamente i lavoratori sia nel presente con bassi salari, sia nel loro futuro pensionistico. Né rappresentano un aiuto alla riduzione dell’evasione fiscale, rottamazione delle cartelle esattoriali (un condono di fatto) e l’aumento dell’uso del contante, il cui rapporto con l’evasione è chiaramente indicato da una ricerca della Banca d’Italia.
In tale situazione, più dirompente è la scelta del governo di elevare la flat-tax per gli autonomi fino a 100mila euro, anche se gradualmente, limitandosi per il momento ad un tetto di 85mila euro. In pratica, un invito a non dichiarare gli introiti superiori a questi tetti per non perdere il beneficio di una tassazione al 15%. Cosa realmente avvenuta come evidenziato dal documento allegato al Nadef. Una decisione che rappresenta un’iniquità sia orizzontale (a parità di reddito il livello di tassazione dovrebbe essere lo stesso) sia verticale (al crescere del reddito le aliquote di tassazione dovrebbero crescere, per assicurare il principio di progressività del prelievo fiscale).
Il nuovo governo si presenta, quindi, come intenzionato a perseguire una frammentazione ed iniquità nelle sue decisioni tendenti a privilegiare componenti settoriali del corpo sociale, con un sistema già visto in azione in diversi atti governativi adottati in passato, dal mancato rispetto delle quote latte per i produttori, con le multe europee pagate a carico della fiscalità generale, o l’appoggio ai tassisti sul blocco delle licenze o – ancora – il privilegio assegnato ai gestori di stabilimenti balneari con concessioni di lungo periodo a canoni molto bassi in rapporto agli introiti.
Un modello comportamentale, dei partiti della destra, utile a raccogliere voti in specifiche categorie sociali, ma capace di contribuire alla segmentazione e – in molti casi – alla contrapposizione tra gruppi sociali, mettendo in coda il perseguimento della coesione sociale.
Lo stesso perseguimento del bene comune passa in secondo piano, poiché ogni categoria o gruppo sociale tende a trovare sponde politiche per le proprie rivendicazioni particolari.
Un modello operativo assunto a massimo grado nei termini territoriali, con la spinta sulla Autonomia regionale differenziata che, in mancanza di definizione dei Lep (Livelli essenziali di prestazioni), va ad infrangere l’art. 117 della Costituzione atto a garantire uniformemente sull’intero territorio nazionale servizi e prestazioni nel rispetto di diritti sociali e civili.
Così il tessuto sociale nazionale si frammenta in gruppi sociali contrapposti, ognuno teso a perseguire il proprio vantaggio particolare, lasciando indietro donne, giovani, immigrati.
La sinistra è colpevolmente assente dai territori, in uno scenario di frammentazione del mondo del lavoro favorita dal calo della dimensione d’impresa, iniziata negli anni ’80 del ‘900, e rafforzatasi con le modifiche legislative del mercato del lavoro degli anni ’90.
Uno scenario molto più grave nel Mezzogiorno, dove la dimensione media d’impresa è ancora minore di quella del centro-nord, e la diffusione della povertà obbliga i lavoratori ad accettare lavori bassamente retribuiti o sommersi, in uno scenario di bassa diffusione di capitale sociale, sia relazionale sia di coscienza civica.
Certo, esisteva il reddito di cittadinanza come rimedio ultimo contro la povertà, col difetto di confondere lotta alla povertà e strategie occupazionali, rappresentando comunque una rete di protezione, già diffusa nei paesi avanzati, ma oggi messo in discussione dal nuovo governo, senza considerare mancanza d’istruzione e competenze, fattori indispensabili nel nuovo modello produttivo fondato sull’innovazione. O, peggio ancora per ricavarne risorse atte a finanziare l’uscita anticipata di lavoratori in pensione.
Non saranno accordi verticistici fra partiti che si richiamano alla sinistra che potranno invertire questa rotta. Solo una presenza di tutela e di cura nei territori, sia del lavoro sia dell’ambiente, potrà rifondare un livello di coesione sociale tale da offrire una prospettiva alternativa al degrado umano, sociale e ambientale in cui versano i territori al margine dello sviluppo.