Salvini, Berlusconi e quei silenzi sul Sud

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Solo silenzio per il Sud. Il cosiddetto “ricompattamento del centrodestra, sancito domenica scorsa a Bologna nel corso di una manifestazione pubblica, voluta da Matteo Salvini e organizzata dalla Lega Nord, cui hanno preso parte i leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, e di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, rappresenta, indubbiamente, una “buona notizia”, perché può consentire di battere Renzi e cancellare Grillo, ma che, di contro, non può che preoccupare i meridionali. E non certo per motivi ideologici, bensì, perché, nella proposta di programma “da discutere insieme”, avanzata dall’ex premier, c’è di tutto (“abbassamento delle tasse su famiglia, imprese e partite Iva”; “eliminazione della tassa sulla prima casa, fabbricati e terreni agricoli e dell’imposta di successione, nonché di quella piovra cattiva che è Equitalia”; l’esigenza “di ridiscutere l’Europa che ci impone tasse ed austerità”; “le sanzioni alla Russia che ci danneggiano”; la Giustizia “inaffidabile”; Magistratura democratica “che teorizza la costruzione del socialismo per via democratica”; la sicurezza “che ormai non c’è più” ) ma non l’Italia del tacco. Forse perché troppo ingombrante per una coalizione che per nascere ed avere qualche possibilità di vittoria, deve necessariamente poter contare sulla partecipazione – e non certo in posizione defilata – della Lega. Al cui leader, Salvini, va, però, riconosciuto il merito di essere l’unico ad averne citato – anche se per una sola volta e per dire che “l’Italia va dal Nord al Sud” – il nome. Personalmente, e lo dico con franchezza, se mi fossi trovato fra gli “issatori” napoletani dello striscione “Noi con Salvini ”, in quella piazza festante, mi sarei sentito totalmente fuori posto. Certo, come ha sottolineato, Nunzia De Girolamo, rientrata in Forza Italia, probabilmente per non affondare insieme al “Nuovo Centrodestra”, “ormai il Carroccio non parla più di secessione”. In verità, però, neanche vi ha rinunciato. Semplicemente, in questo momento preferisce non parlarne. Non può permetterselo. Il proprio “number one”, più che mai intenzionato ad iscriversi al Gran Premio “palazzo Chigi”, per riuscirci ha un bisogno disperato di conquistare consensi anche al di sotto del Garigliano e riproporla significherebbe, invece, alienarseli. Ma rinunciarvi in maniera definitiva ed aperta, rischierebbe di fargli perdere quelli sui quali, oggi, può fare conto. Nell’uno come nell’altro caso, sarebbe costretto a rinunciare alla propria ambizione di trasformarsi da leader regionale a nazionale e conquistare l’ambito scranno di Presidente del Consiglio. Meglio, allora, tacerne. Tanto, eventualmente, ci sarà tempo e modo di tornarci dopo la celebrazione del sacro rito delle urne. Quando, a risultato (vittoria) ottenuto ed obiettivo (egemonia della coalizione) raggiunto – tanto più se il premier dovesse essere lui – potrà fare il bello ed il cattivo tempo. E, soprattutto, penalizzare il Sud a vantaggio della Padania. In maniera subdola e continuando a cianciare di Italia unita. Inoltre, mi domando – soprattutto, lo chiedo all’ex ministra sannita Nunzia De Girolamo – può essere sufficiente che Salvini e la Lega non parlino più di secessione, per riabilitarli agli occhi dei meridionali del tacco, sui quali, fino ad ieri, entrambi hanno sputato tutto il veleno e tutto il male possibile e ancora continuano a girare la faccia dall’altra parte ogni qualvolta il Governo mette a punto iniziative (vedi, l’ultima legge di stabilità) che li penalizza? Per quanti vogliano continuare a mantenere i propri privilegi, anche a dispetto degli interessi legittimi del Sud, certamente si. Per tutti gli altri, assolutamente, no! Orbene, considerato che il Sud ha le carte in regole e le potenzialità per farcela da solo e che sono cadute tutte le barriere ideologiche, non sarebbe il caso che i politici meridionali di tutte le estrazioni partitiche si mettessero insieme e lottassero uniti nel nome del Mezzogiorno e del suo sviluppo?