Quante mancanze nelle verità

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Realtà è ciò che noi riteniamo essere vero;

Ciò che riteniamo essere vero è ciò in cui crediamo;

Ciò che crediamo si basa sulle nostre percezioni;

Ciò che percepiamo dipende da ciò che crediamo;

Ciò che cerchiamo dipende da ciò che pensiamo;

Ciò che pensiamo dipende da ciò che percepiamo;

Ciò che percepiamo determina quello in cui crediamo;

Quello in cui crediamo determina ciò che riteniamo essere vero;

Quello che riteniamo essere vero è la nostra realtà.

Occorre tentare di costruire un mondo dove sia possibile vivere insieme eliminando l’imbarbarimento che cresce a una velocità superiore a quello dello sviluppo tecnologico. Il grande problema è la cecità di chi possiede la verità. Racconto un fatto. Oxford, 1663: un luogo e un periodo di grandi fermenti politici, scientifici e religiosi. Un docente del New College è trovato morto in circostanze misteriose. Una ragazza accusata dell’assassinio e condannata all’impiccagione. Quattro testimoni raccontano la loro “verità”: un cattolico veneziano, Marco da Cola; uno studente di medicina, Jack Prescott; un insegnante, matematico e teologo, John Wallis; uno studioso dell’antichità, Anthony Wood. Ma uno soltanto di loro dichiara tutta la verità perché è l’unico ad avere l’insieme delle informazioni utili per il quadro complessivo della realtà. Questo bel libro di Pears mi serve come spunto per riflettere sul problema della “verità”, causa principale dei tragici fatti che stanno riempiendo i nostri giornali, la nostra vita, le nostre menti e anime. Si litiga e si fanno le guerre, perché le persone hanno la verità, determinata dalla loro realtà e il rifiuto che possano essercene differenti dalla propria. La parola “realtà” deriva dalle parole “cosa” e “pensiero”, quindi realtà significa qualsiasi cosa cui si possa pensare e di cui parlare. Quindi siamo produttori di realtà: i nostri pensieri, le domande che facciamo, le risposte che scegliamo, i modelli interpretativi che possediamo, gli stati emotivi, le paure, i desideri, le attese che abbiamo, tutto questo definisce e crea la nostra “realtà” e anche verità. Se leggerete il libro di Pears, “la quarta verità”, scoprirete che ognuno dei protagonisti dichiara la verità e nello stesso tempo mente. Davvero bello, sono quattro capitoli con le quattro verità legate ai quattro protagonisti. Al termine di ogni capitolo si è convinti che la verità non può che essere quella descritta dal narrante, e così via, sino all’ultimo per scoprire una verità assolutamente inaspettata. Il soggetto narrante che si alterna nel libro, non può fare a meno di mentire perché dichiara la verità, per quello che afferma e per i fatti oggettivi che include, ma mente per tutto quello che, inevitabilmente, esclude perché non sa, e la cui conoscenza modificherebbe quello che include e il senso che gli da. Quindi ognuno mente e dichiara anche la verità, come facciamo tutti. Ma la grande differenza sta in chi è dubbioso e leggero e in chi invece è ipnotizzato dalle proprie certezze che spesso diventano imponenti e si chiamano verità. Stare insieme significa tentare la comprensione come chiave per la costruzione di realtà comuni attraverso il dialogo (dia-logos come pluralità di logos). Ma è possibile solo se è desiderato dai soggetti che non pretendono di imporsi e non vogliono un’unica verità. Se l’altro vuole la guerra solo nel momento in cui la farò, avrà raggiunto lo scopo.”. Se io voglio il dialogo e, lui la guerra, lui vince perché mentre predico la pace, lui mi distrugge. Ci sono situazioni estreme, dove il costo per la conquista del dialogo può essere rappresentato dall’uso di quello che si vuole evitare: quello della forza. E’ così anche nei processi educativi: il processo è la condivisione che può includere necessariamente, episodi di divisione funzionale. Questo è un punto chiave, poi si deve fare i conti non solo con nemici veri ma con pseudo amici, che creano danni con la loro indefinibile stupidità. Anche loro in possesso di verità che non ammettono dubbi. Voglio dire che, dove la verità è palese, è l’ostinazione ottusa nell’uso di vecchi copioni con poltiglie argomentative alibistiche che rende tutto più difficile. Ho ascoltato anche io, come Aldo Grasso, (suo commento sul Corriere della sera di Domenica 22) l’intervista a Fiorella Mannoia fatta da una radio romana. Grande e meravigliosa cantante ma insopportabile il suo modo di pensare (specifico). Cito lei come esempio perché siamo circondati da questi tipi di “pensatori”. Afferma che la responsabilità degli attentati di Parigi è dell’occidente e argomenta tutta una litania stucchevole di slogan criticando perfino Oriana Fallaci. Tutto, senza dubbi, piena di arroganti certezze e verità. Caro Cipolla come avevi visto giusto sull’abbondanza degli stupidi e di quanto possano diventare complici involontari dei banditi. In tutto questo peggioramento se le varie Barbaradurso ci risparmiassero l’esposizione del loro vuoto, sarebbe almeno qualcosa.