Un patto di omertà. Moro, storia da riscrivere

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Aldo Moro nel lontano 1965, parlando del progresso del Paese, affermava: “Ci pare opportuno confermare che impegno primario del Governo è di assicurare l’ordinato sviluppo della comunità nazionale ed, in esso, il riscatto delle genti meridionali da una secolare condizione d’inferiorità, ingiustificabile ed inammissibile”. Precisava che non si trattava naturalmente di un meccanismo automatico e miracolosamente risolutivo così come veniva indicato da una facile demagogia ma che quel che contava era andare avanti con il passo che era possibile tenere. Con quest’espressione non indicava l’atteggiamento di un fatalistico abbandono, anzi senza illusioni occorreva sprigionare tutte le energie che corrispondevano alle speranze del Paese ed alla responsabilità personale. Moro continuava “Le difficoltà nelle quali ci siamo imbattuti e in parte ancora ci imbattiamo non ci scoraggiano, ma ci pungolano”. Parole ancora attuali di uno statista lungimirante che un patto di omertà eliminò, facendo scomparire anche le tracce e le compromissioni istituzionali. Il novantenne, Sergio Flamigni, ex senatore del Pci, ha dedicato il suo nuovo libro “Patto di omertà”, edito da Kaos, proprio a questo politico che fu pietra d’inciampo per la Democrazia Cristiana e per la storia politica dell’intera Nazione che, indifferente o impotente, assistette ai 55 giorni di prigionia del protagonista del compromesso storico (grazie al quale il PCI avrebbe fatto parte del governo) e al tragico epilogo del suo cadavere abbandonato in via Caetani. Sergio Flamigni, fondatore del principale archivio italiano sul terrorismo, con il suo scritto intende dimostrare che il memoriale Morucci-Cavedon, ritenuto il documento-confessione delle Br e indicato anche da alcuni magistrati come la verità sul sequestro del leader politico, in realtà, è talmente contradditorio da potere essere definito un depistaggio. Flamigni descrive la cronologia degli avvenimenti dalla mattina del 16 marzo 1978 al ’97, quando l’ex capo delle Br Moretti ottenne la semilibertà. L’ex partigiano, certo di omissioni e manovre occulte all’interno degli apparati dello Stato, cerca di ricostruire la verità dei fatti a dispetto delle menzogne governative e brigatiste, chiamando in causa Gladio e P2. In realtà, per quieto vivere o per convenienza non sono mai stati ricercati i veri registi della vicenda.