È un’altra guerra all’Occidente. Questa volta di logoramento

in foto Vladimir Putin

Più volte in queste note l’attenzione è stata rivolta alla enorme difficoltà di programmare in senso lato che si è venuta a creare di recente in ogni Paese. Anche se si trova ai suoi antipodi, nel momento stesso in cui la Russia ha iniziato la dissennata occupazione dell’Ucraina, tale difficoltà è comunque venuta fuori. Pur dovendo essere data per scontata la conoscenza ben diffusa di come abbia preso forma realmente la vicenda, non è superfluo ribadire che la scorrettezza della Russia ne aveva dato chiaro segno già lo scorso agosto. È stato allora che, complice il rilassamento dell’attenzione al di qua e al di là dell’Atlantico, probabilmente per il clima di distensione che circola nella stagione eletta per il relax, Putin ha iniziato a organizzare la cosiddetta “operazione militare speciale”. Ha così cominciato a concentrare truppe ai confini con l’Ucraina, in quel momento senza colpo ferire. Il resto del mondo, seppur con molti dubbi, allora non ha capito, o non ha voluto capire, la vera portata dell’operazione che il Cremlino stava mettendo a punto.
A fine dello scorso febbraio, quando la preparazione dello scherzo di pessimo gusto si è rivelata nella sua effettiva connotazione, ai confinanti, l’Europa soprattutto, non è restato altro da fare se non prendere atto di quanto stava succedendo, tentando di salvare il salvabile. Supportato dal senno di poi, arrivati a metà di quest’anno, ci si convince che il mea culpa che può recitare il resto del mondo contiene una sola lamentazione, seppure della massima importanza: aver creduto a una ex (?) spia mascherata grottescamente da capo dello stato più grande del mondo per estensione territoriale. A nulla sono valse le prime cautele, rivelatesi a stretto giro inadeguate. Nel clero, al momento dell’ordinamento, al seminarista di turno viene detto con solennità dall’ordinante, tra tante altre cose, “memento, semel sacerdos, semper sacerdos”, sottinteso eris, sarai. Lo stesso vale per le spie, per le quali non c’è bisogno di comunicazione formale di quale sarà il percorso della loro vita lavorativa, certe attitudini sono connaturate in chi sceglie un lavoro così particolare che gli permetta di estrinsecarle: il doppiogiochismo, che apre l’elenco che le contiene. Questa discutibile nota caratteristica trova il suo campione in Putin e, ai suoi fianchi sul podio, Zavlov e Medvedev. A pari merito si posizionano, nella classifica dello squallore di cui stanno dando buona prova, tutti gli altri scherani dai nomi impronunciabili. Gli stessi ricordano molto da vicino i servitori sciocchi, personaggi quasi sempre presenti nelle commedie leggere di ogni tempo.
Oramai si può solo salvare il salvabile, non avendo realizzato a tempo debito quasi tutti gli interlocutori di quella nomenklatura, sia a oriente che a occidente, che non una delle assicurazioni rilasciate o degli impegni assunti dal Cremlino avevano un minimo di attendibilità. Lo prova il fatto che, alla maniera dei più amorali compratori di credito americani, ancora una volta Putin & Co hanno sovvertito in poche ore e per l’ennesima volta, le condizioni di fornitura di gas all’Europa, quest’ ultima agendo sulle quantità fornite. Precedentemente, anche se di poco, quegli oligarchi avevano chiesto aumenti di prezzo e modifiche delle modalità di pagamento ( tipo di valuta ), in più occasioni e a intervalli sempre più brevi. Lo Zar a basso titolo di ottani, insieme ai suoi addetti alla pompa, ora vorrebbe accamparsi il diritto di poter giocare come il gatto con i topi, sebbene a ruoli invertiti. È un’ altra guerra all’Occidente, quella appena descritta, questa volta di logoramento. La stessa, almeno dalle poco credibili sceneggiate, quelle sì qualificabili in tal modo a pieno titolo, è condotta da tutto l’apparato di potere che opera dentro e fuori il Cremlino, che la sta portando avanti. Con i siparietti essi pretenderebbero che il mondo credesse che quelle attuali altro non sono che battaglie della guerra santa, secondo il loro punto di vista, che contrappone il comunismo al capitalismo.
Solo nella Corea del nord è possibile imbattersi in proposizioni del genere. Quindi anche questa volta, costi quel che costi, quella steppa oscura va tenuta a debita distanza, essendo oltremodo palese, anche perché più volte proclamato e confermato, che lo scopo finale di quella cupola di dubbia moralità è la messa alle corde dell’ Europa, degli USA e dei loro alleati. Tentare di formulare ricette per fronteggiare tale situazione sarebbe un comportamento non diverso da quello dei sedicenti commissari tecnici del calcio il lunedì mattina. Può essere invece interessante approfondire una conversazione del sabato, quindi in pieno relax, intercorsa tra gli Amici del Bel Canto in libera uscita. Riassunta al nocciolo, la conclusione a cui sono arrivati quei pensatori, accordati ma non pertanto concordi su tutto, è che in buona sostanza, la risoluzione del problema è condizionata soprattutto dai costi, quindi dai soldi. Idrocarburi nel mondo ce ne sono in quantità: i problemi sono il costo all’origine e quello della logistica per fare arrivare, tra gli altri, il gas fino ai fornelli degli europei. Il tenore comico, schiarendosi la voce come se fosse sul palcoscenico, ha fatto notare che se è vero e, allo stato non sempre lo è, che gli idrocarburi che non provengono dalle steppe sono i più cari, al momento essi sono gestiti da governi e enti di inconfutabile serietà. Concordato il prezzo e gli altri termini contrattuali con il venditore, l’acquirente può stare tranquillo che il documento che ha sottoscritto ha lo stesso valore anche per il venditore, del Vangelo o del Corano, a seconda della sua professione di fede. Il lirico ha fatto quindi il paragone con la differenza che intercorre tra i mutui a tasso fisso e quelli a tasso variabile. Lo stesso ne aveva esperienza diretta, avendo da poco comprato casa per la figlia nubenda. Aveva scelto il tasso fisso perché un baritono suo amico tempo fa, aveva scelto di sottoscriverne uno a tasso variabile. Lo stesso era divenuto in poco tempo sensibilmente più oneroso di uno analogo, ma a tasso fisso. Hanno aggiunto alcune di quelle ugole di estrazione campestre di aver dovuto ascoltare più volte dagli anziani di casa la raccomandazione: “Intrattieni rapporti di qualsiasi genere con chi ti è superiore (in ogni senso), anche a costo di dover fare qualche sacrificio finanziario”. Non detto, ma intuibile: “Prima o poi ti ritornerà”. Dei soggetti simili a quelli che comandano a Mosca, quegli stessi saggi di masseria dicono: “Meglio perderli che trovarli”. Raccomandando inoltre, se proprio costretti a dover avere rapporti con loro, di fare, come avviene tra confinanti litigiosi, “campo spartito”, cioè rimanere ciascuno rigorosamente all’ interno dei propri confini, stando quindi attenti il più possibile a non sconfinare.
La ricetta sembrerebbe attuabile senza particolari difficoltà. Nel momento in cui si volesse tentare di calare la stessa nell’arena politica, sicuramente la stessa non avrebbe vita facile. Non perché non sia valida, ma a prescindere. Sarà più facile che un cammello, nel caso in specie un orso, passi attraverso la cruna di un ago, che la politica rinunci al suo accampato primato sull’economia. E la menata continuerà, che piaccia o no.