Guerra in Ucraina, il mondo verso la catastrofe alimentare. La Bcg: Correre ai ripari finché si è in tempo

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(foto da Imagoeconomica)

L’invasione russa in Ucraina è destinata a provocare una crisi alimentare che avrà dimensioni globali, con un rincaro di alcuni prodotti sul breve termine, carenze su larga scala e choc dei prezzi sul lungo termine. La causa, non è la scarsa produzione del cibo, ma l’incapacità di distribuirlo e stoccarlo in modo equo ed efficiente. A dirlo è il nuovo report di Bcg (Boston Consulting Group), “The War in Ukraine and the Rush to Feed the World”, che ha analizzato il problema partendo dalle conseguenze che la guerra avrà sulla catena del cibo e prospettando una soluzione che coinvolge molti attori, dalle istituzioni internazionali ai singoli stati, dal mondo finanziario al settore privato, passando per il ruolo chiave delle ong e di tutto il settore sociale.
“L’emergenza in corso richiede un’azione rapida e sinergica, senza la quale si rischia una crisi alimentare che andrà a colpire soprattutto le economie in via di sviluppo, messe già a dura prova dalla pandemia da Covid-19”, afferma Lamberto Biscarini, Managing Director e Senior Partner di Bcg.
I dati della Banca Mondiale parlano chiaro: il prezzo del cibo al livello globale nel 2022 salirà del 23%, dopo essere lievitato del 31% già nel 2021. Anche l’indice dei prezzi negli Stati Uniti, spesso considerato un indicatore dell’inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari, sta aumentando, con un balzo dell’8,5% a marzo, il più alto aumento su base annua dal 1981. A impattare su questa stima c’è l’aumento del prezzo dei carburanti e l’alto indebitamento di molti Paesi. Una combinazione di cause alla quale si è aggiunta poi la guerra in Russia e Ucraina che non sono solo due granai da milioni di ettari, ma anche esportatori del 28% della farina e del 69% dell’olio di semi di girasole a livello mondiale, in cui viene inoltre prodotta la potassa: ingrediente fondamentale per i fertilizzanti.
Occorre agire in fretta, e l’azione deve essere coordinata, a partire dalla condivisione dei dati. Avere a disposizione l’ammontare degli stock globali e dei flussi commerciali di grani e semi da olio aiuterebbe, infatti, a convogliare meglio le risorse e aiutare le popolazioni più colpite, oltre al fatto che una maggiore trasparenza del mercato avrebbe come conseguenza una minore speculazione sulle materie prime agricole.
Il primo passo spetta ai governi dei Paesi sviluppati, che hanno il compito di finanziare il World Food Program e le ong che sono impegnate nell’assistenza umanitaria in Ucraina e nelle altre regioni più colpite dall’impatto della guerra. I Paesi esportatori netti di grano sono chiamati a strutturare una strategia unitaria per liberare scorte e inviarle dove sono più necessarie. Oltre a questo, occorre varare misure finanziarie che permettano di ricostruire il settore agricolo ucraino una volta che la guerra sarà finita, senza dimenticare quei Paesi nell’Africa Subsahariana, nell’Asia meridionale, nell’America centrale e nei piccoli stati insulari, che avranno bisogno di sementi e fertilizzanti per recuperare le interruzioni della semina a causa della guerra.
Come spiega Biscarini, “Anche i governi dei Paesi in via di sviluppo devono fare la loro parte, innanzitutto garantendo il cibo ai cittadini più a rischio. Poi ripensando il proprio sistema agricolo. Questo significa migliorare la catena di approvvigionamento interna: i produttori vanno incentivati ad aumentare i loro raccolti, diversificando il prodotto il più possibile.” Un modo per raggiungere questo obiettivo è migliorare l’accesso al credito, sfruttando i programmi varati ad hoc, come quello per la sicurezza alimentare del G20.
Il report di BCG dedica ampio spazio alle azioni del settore privato e dal multilaterale. Il primo deve continuare a sostenere la controparte ucraina e creare piani di condivisione di produzione, stoccaggio e catena di approvvigionamento. Bisogna mettere in comune tecnologie, modelli di business e know-how, per favorire una produzione che punti alla coltivazione di cereali innovativi e nutrienti, primi fra tutti miglio, sorgo e amaranto.
Particolarmente complesso l’impegno del multilaterale. BCG consiglia all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) di esentare il World Food Program e le organizzazioni simili dalle restrizioni sulle esportazioni, favorendo l’adozione di misure che semplifichino l’acquisto di cibo in altri programmi di assistenza alimentare. Importante, ancora, la ristrutturazione del debito o la creazione di swap di debito che avrebbero come risultato quello di rafforzare la resilienza dei piccoli proprietari e la creazione di meccanismi finanziari innovativi, volti ad aumentare la capacità economica nei Paesi più esposti.
Infine, c’è il mondo delle ong e del sociale, che deve farsi carico di una azione ampia. Fornire aiuti umanitari, ma anche collaborare con i Paesi esportatori netti, favorendo un approccio coordinato per aumentare l’accesso ai fertilizzanti e ad altri input agricoli e migliorare l’efficienza sostenibile dell’uso dei fertilizzanti. Azioni necessarie, che perderanno di efficacia se non saranno condotte in parallelo.