I Manga al Mann: senza interpretazione il dialogo è negato

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Dai successi roboanti della Mostra d’Oltremare, con un più prosaico, terrestre trasporto al posto del trasferimento istantaneo di maggior effetto e coerenza col tema, ecco a noi i fumetti giapponesi esposti al Museo Archeologico di Napoli. Sorprendente. Non certo l’assenza di teletrasporto, che pure dovrebbe essere la capacità minima per ogni Manga che si rispetti, ma il nuovo luogo d’esposizione. Il Museo Archeologico di Napoli e i fumetti giapponesi. Accostamento non automatico ma interessante. Stimolante, Watson. Curiosità sollecitata, visita ad effetto garantita. Forse. La mostra è stata presentata come un segno ulteriore del legame tra il Museo e il Giappone che attualmente ospita l’esposizione itinerante ‘Pompeii’ organizzata dal MANN nelle città di Tōkyō, Kyōto, Sendai e Fukuoka. Altra pennellata di collante: la cultura dei vulcani. Molta carne al fuoco. I manga, appena usciti da giornate di travolgente contatto con appassionati di ogni età, i reperti archeologici e le loro storie, che spesso delle vicende manga sono premesse, finalmente vicini, disponibili al confronto diretto. Fico, direbbero i giovani. Ecco infatti i giovani amatori in gita scolastica, diligentemente in fila all’ingresso del Museo. Dai ragazzi stillano aspettative altissime. Dai ragazzi più âgée anche. Al Comicon tutti hanno potuto ubriacarsi di straordinarie e fantastiche immagini di eroi capaci di correre sempre in aiuto dell’umanità in pericolo, hanno potuto immedesimarsi e sentirsi bravi e valorosi quanto Goldrake, Astroboy, Daitarrn o Demon Slayer. Al Mann gli appassionati visitatori avrebbero potuto ritrovare il coraggio e il valore dei loro eroi, nella storia vera di uomini vissuti davvero, oppure nei loro dei e nella mitologia. Fantastico. Eracle, i gladiatori (quelli veri) i mostri Scilla e Cariddi come manga mediterranei. Ta-dan. L’agogica di una ipotetica colonna sonora indica un improvviso calo dal tempo “Vivace” al “Grave”. Relegati nella sala del plastico di Pompei i manga non hanno un vero confronto con gli eroi e i personaggi della nostra antica storia. Sono esposti in un’unica sala dove il solo rapporto evidente tra la cultura giapponese e quella napoletana è quello sismico: Il Vesuvio distruttore di Pompei è idealmente collegato con il temutissimo Fuji, perno della tradizione pop giapponese. Si può fare di più gorgheggiava un trio di vecchie glorie del canto italiano. Trovare alternati i caschi dei manga agli elmi dei soldati romani, oppure mettere in rapporto Seiya, Shiryu, Hyoga, Shun e Ikki con le statue della dea Atena, di cui i giovani cavalieri aspirano diventare guerrieri, avrebbe dato alla mostra il tocco interpretativo per un esperienza culturale indimenticabile. Mostrare le statue di Atena con la sua rappresentazione nelle pagine dei cavalieri dello zodiaco avrebbe suscitato nei visitatori d’ogni età la curiosità di scoprire quale tra le statue in esposizione al museo fosse stata presa a modello dal disegnatore del manga. Se al Comincon è stato il pubblico ad interpretare i personaggi manga, al MANN le statue degli eroi dell’antichità avrebbero fornito la chiave interpretativa ai manga. Per farlo l’esposizione avrebbe dovuto offrire il confronto diretto tra le opere in modo che il visitatore potesse cogliere il rapporto tra loro. Come sempre: grandi titoli e svolgimento insufficiente. Ah ‘sti ragazzi.
Solo accostando fisicamente opere antiche e reperti manga, magari usando le colonne sonore dei cartoni dedicati, il decantato rapporto sarebbe uscito dalla retorica espositiva sotto la formidabile egida del “dialogo tra antico e moderno”. L’accostamento fisico, delle opere antiche alle “componenti” dei personaggi Manga avrebbe centrato l’obbiettivo trasformando l’esposizione dei Manga in una raffinatissima ed attraente esperienza di fusion culturale.