Le contraddizioni dello sviluppo tecnologico

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di Ugo Calvaruso

“Prima di Watt”, affermano Brynjolfsson e McAfee nel testo La nuova rivoluzione delle macchine, “le macchine a vapore erano estremamente inefficienti, sfruttavano sì e no l’1% dell’energia liberata dalla combustione del carbone. Il brillante rimaneggiamento di Watt tra il 1765 e il 1776 più che triplicò queste prestazioni”.
L’innovazione di Watt, così come la prima rivoluzione industriale in genere, ha permesso di superare i limiti della cosiddetta forza muscolare e di generare immense quantità di energia meccanica, dando vita a un nuovo modo di vivere. L’attuale digitalizzazione sta continuando a implementare questo processo di sviluppo e di trasformazione, garantendo inoltre una maggiore capacità d’uso della forza mentale, ossia “la capacità di usare il nostro cervello affinché capisca e influenzi il nostro ambiente”.
Questa trasformazione ha innescato cambiamenti mai visti prima che, come si sta osservando oramai da decenni, stanno avendo impatti sempre più importanti, da quelli geopolitici a quelli ambientali. Impatti che, quindi, non sono sempre e solo positivi: una contraddizione molto fine che va compresa e affrontata.
Secondo il rapporto ISPI questi cambiamenti hanno innanzitutto impatti geopolitici. Infatti, “la Cina e gli Stati Uniti controllano i tre quarti del mercato mondiale di cloud computing e possiedono la stessa percentuale di controllo su brevetti blockchain”. Questi due paesi, inoltre, da soli riescono a capitalizzare il 90% del mercato globale delle piattaforme, hanno il più alto tasso di adozione del 5G e hanno garantito il 94% di tutti i finanziamenti per le start-up di intelligenza artificiale nel mondo. Da questi dati è deducibile l’enorme divario presente tra i diversi paesi del nostro pianeta e, sempre secondo il rapporto, “dall’altra la sostanziale impossibilità dei paesi del Sud del mondo nella realizzazione di spazi di autonomia”.
In secondo luogo, lo sviluppo tecnologico ha anche importanti impatti ambientali: “da alcuni anni sono nati sistemi di misurazione (…) dell’impatto ambientale delle tecnologie digitali che hanno comunque un potenziale inquinante non trascurabile. Internet – e in generale le tecnologie digitali – inquinano anche se in maniera non sempre evidente”, si legge nel rapporto ISPI.
Lo sviluppo sociale e il progresso tecnologico stanno perciò mostrando delle contraddizioni: massima ricchezza e aumento delle disuguaglianze mondiali, aumento del benessere e della produttività generando un maggiore inquinamento. Ora bisogna comprendere come affrontarli in modo sistemico, pensando così a intraprendere in modo migliore, sia a livello sociale che ambientale, quello che i tecnologi americani hanno definito come la “nuova rivoluzione delle macchine” o la “seconda età delle macchine”.