Governare è far credere ma il Sud non crede più

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Stavolta Matteo Renzi ha veramente ragione. Solo in Italia – Paese ammalato di lombrosismo virale (meridionali geneticamente criminali ed italiani evasori fiscali) – ci si può accapigliare per stabilire di che colore siano le tasse e se tagliarle sia di destra o di sinistra, mentre è soltanto, cosa buona e giusta. Soprattutto quando raggiungono livelli d’insostenibilità tali da rischiare di soffocare l’economia. Tant’è che, tutti i governi ne parlano, promettono di farlo, l’annunciano un giorno si e l’altro pure, ma nessuno lo fa per davvero. Anzi, lo fanno, ma ricorrendo ad un ipocrita ed irriguardoso gioco delle tre carte ovvero tagliano al centro, senza eliminare, però, sprechi e spese superflue, bensì riducendo i trasferimenti agli enti periferici, costringendo, di conseguenza, questi ultimi a far crescere quelle locali ed i costi dei servizi di loro competenza. Poi se ne vantano, come se non sapessero che, come diceva Totò, “è la somma che fa il totale”. E discorso analogo per le questioni legate allo sviluppo meridionale, trasformando le risorse destinate agli interventi straordinari da aggiuntive in sostitutive di quelle ordinarie che, di contro, finivano da tutt’altra parte. Nel frattempo, ovviamente, gli annunci in senso contrario – come se quelli del “palazzo” considerassero i cittadini-contribuenti solo una manica di ingenui creduloni – continuavano a susseguirsi, nonostante i fatti li smentissero. E se ciò si è ripetuto, come un rituale, fino a qualche anno addietro, non poteva andare diversamente, oggi, che il primo inquilino di palazzo Chigi, così come tutti gli oracoli di palazzo Chigi, sono ammalati di “oracolite” irrefrenabile e sconfinata e ritengono gli abitanti dello stivale, più che italiani, degli “italioti”. Una verità che, vista dal Mezzogiorno, sulla scorta dell’ultimo rapporto Svimez ed alla luce dei contenuti della legge di stabilità 2016, purtroppo, assume aspetti addirittura paradossali. Come i lettori sanno, le proposte avanzate da Renzi, all’indomani della presentazione ufficiale del rapporto in questione, fra cui quella di finalizzare al credito d’imposta per gli investimenti ed alla decontribuzione per le nuove assunzioni a cominciare dal 2016, le risorse europee, originariamente destinate alla realizzazione di progetti strutturali ed un “masterplan” (in realtà, soltanto una riproposizione di qualche vecchio progetto che ogni tanto riemerge) che avrebbe dovuto essere pronto entro il 16 settembre, ma di cui ancora non si sa niente; personalmente non mi avevano convito per niente, perché quello che servirebbe: un grande progetto strategico “Mezzogiorno”, ancora non c’è. Renzi & c., però, si sono dimenticati anche di queste. Tant’è che la manovra, destina al Sud, soltanto 450mln per la bonifica di terra dei fuochi; un fondo di garanzia per l’Ilva ed un finanziamento per la prosecuzione dei trentennali lavori della Salerno- Reggio Calabria. Pochi spiccioli, insomma, su una manovra di quasi 30mld. Ma la presa in giro continua. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Matteo De Vincenti, ed il ministro per l’Economia, Pier Carlo Padoan, con una faccia più bronzea di quella dei colossi di Riace, hanno sostenuto che “la pressione fiscale è calata al 42,4 per cento ed “i fondi, per il Sud, ci sono”, quasi 5 mld (sempre che, però. l’Unione europea decida di dire “si”, alla richiesta di maggiore flessibilità per l’accelerazione della spesa di risorse già esistenti ed in assenza della quale quei fondi resterebbero inutilizzati), coi quali “saranno fatte cose molte concrete”. Ma quali? Senza dire che si tratta di un “si”, che, checché ne dicano “lorsignori”, è tutt’altro che scontato. Certo, secondo Machiavelli “governare è far credere”. E loro ci provano. Peccato, che italiani e “sudisti” non ci credono più. Intanto le opposizioni, vere o presunte, protestano contro gli, altrettanto, presunti tagli delle tasse ed il tetto al contante, ma tacciono completamente, sul “nulla, sotto vuoto spinto” destinato al Mezzogiorno. Come sempre!