Open, e se dessimo solide basi alla fiera dei desideri?

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(fonte Facebook)

Open. Più o meno aprire. (manca il “TO” dell’infinito). Coniugazione del verbo a parte, il concetto di apertura che, con questo programma, i Musei Reali di Torino hanno voluto trasmettere, è chiaro. Aprire oggi, nel periodo post pandemico, ha un significato energizzante, un desiderio di nuovo. Ritorno alla vita. Fantastico. Che si riapra. Leggendo il programma, anzi per essere precisi il Piano Strategico 2021/2024, promosso dai Musei Reali si possono leggere tanti buoni propositi, che hanno il sapore della letterina che ogni anno si invia a Babbo Natale: cose belle, buone, ed anche un dolce, come recitava la pubblicità di una merendina al cioccolato. Si declama: bisognerà ricercare, indagare e trasmettere ciò che il patrimonio deve raccontare nel presente e nel futuro. La strada per l’applauso è aperta anche se, con perplessità, resta inespresso il quesito sul significato del lavoro fin oggi compiuto da archeologi, studiosi, e comunicatori (alla famiglia Angela non devi far sapere). Il secondo rivoluzionario punto della strategia è rappresentato dall’istituzione di distretti museali. Perdinci ed anche perbacco, esclamerebbe con occhio sorpreso il grande comico napoletano del tempo che fu. Le strutture più grandi saranno locomotiva di visitatori per quelle più piccole e fuori dai gradi circuiti. Forse il nastro del D.M. Mibac del 2014 è stato riavvolto ed è partita di nuovo la registrazione. Infine lastbutnotleast la creazione di percorsi di conoscenza con attività educative, di comunicazione che migliorino la qualità educativa. A questo punto standing ovation per la nascita del museogeniale. Le azioni per l’attuazione del piano hanno titoli adeguati al lessico anglofono molto in voga che fa tanto evoluto: voice, alliances. community: un figurone con gli stranieri. E ancora: il progetto bandiera per l’attivazione di ricadute sostanziali immediate e poi quello orizzonte per guardare diritti e sicuri al futuro. Siamo un popolo di “titolisti”. Tant’è.
Il programma prevede che le visite dietro le quinte diventino cardine di un offerta d’alta qualità. Prevede la creazione di contenuti, servizi e prodotti culturali che giustifichino il pagamento dei biglietti come fonte di entrata principale. Coscoscoscoscoso’fratcos gorgoglia il rapper dei nostri giorni. Creare contenuti in una struttura che esiste proprio perché ha già contenuti da divulgare, è un ottimo proposito, se solo si fosse capito come creare interesse sul materiale già disponibile. L’astensionismo di cui ci si duole tanto, all’indomani di ogni tornata elettorale, cresce ogni volta di più nonostante partiti partitelli, appoggi e fruttamista diventino sempre più numerosi L’offerta è sempre maggiore ma i modi che allontanano la gente dalla politica sono sempre gli stessi, e ogni nuovo partito è percepito come una copia di un altro. Si invocano le ,mille sfumature di ogni colore dell’arcobaleno costituzionale, ma i modi restano gli stessi e la gente fugge. Accrescere l’elenco di possibili attività nel Museo non porterà incremento di visitatori, ma solo maggiore confusione. Il Piano Strategico elaborato dai Musei Reali trova modello d’ispirazione nel progetto ville du quart d’heure a Parigi. Una città da percorrere in 15 minuti dove tutti i servizi sono a portata di mano è un magnifico progetto ma non è un museo. Mangiare un panino, attività già in uso nelle caffetterie interne alle strutture, fare attività fisica o poter fare quattro chiacchiere con la ghenga potrebbe provocare molte aggregazioni ma toglierebbe interesse al motivo principale per cui quella struttura si chiama Museo. Il D.M. Mibac del 2014 definisce il Museo come un istituzione, al servizio della società, che effettua ricerche, acquisisce e conserva testimonianze e le comunica. Sarebbe di grande giovamento per il settore limitarsi a compiere bene queste funzioni, anche se di tipo standard per il genere di struttura, ma che se ben fatte possono, non solo gratificare i gestori, ma condurre a sorprendenti risultati economici. I soliti grandi soloni inquisitori, che alla vista della influencer agli Uffizi urlarono allo srfegio all’arte e all’eresia del museo violato, -sempreesageratistiragazzi- avranno subito choccati la deriva strategica dei Musei di Torino. Con intento ecumenico e salvifico non si può dunque che sperare che il rumore di tutte le novità già viste, elencate con titoli da prima visione, e quei piccoli, insidiosi propositi suggeriti, quasi sottovoce, nelle righe centrali del Piano Strategico (quando l’interesse del lettore diventa meno vivo), cedano il passo ai risultati di un serio e approfondito studio sulla gestione dei beni culturali fondata sulle tecniche dell’interpretazione. Signoramiadevonostudiàstiragazzidevonostudià.