Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 8 febbraio all’interno della rubrica “Spigolature”.
di Ermanno Corsi
Si parva licet compònere magnis, se è lecito comparare le piccole alle grandi cose, ricorderebbe Virgilio, dovremmo dire che la “battaglia” per il Quirinale ha visto un super vincitore (straordinario proprio perché in tutti i modi aveva cercato di far capire che non voleva essere rieletto), e un pluri sconfitto (partito con la pretesa di essere king maker, si è ritrovato con un pugno di mosche in mano). Da una parte Mattarella, il Presidente bis della Repubblica, e dall’altra Salvini che, all’attacco del Colle più alto, è rotolato rovinosamente indietro. Il Parlamento ha ritrovato la dignità e la funzione rappresentativa; la politica politicante ha rivelato invece la pochezza che la movimenta e l’ignoranza dei limiti strutturalmente incorporati. Una bruciante sconfitta per il Centrodestra italiano.
ELEZIONI AVVERTIMENTO. A ottobre 2021 si è votato in 1.192 Comuni. Occhi concentrati, per il valore politico che avevano, sui 6 capoluoghi regionali. Dato finale: dura condanna per il Centrodestra tripartito, o “tri-sparito” come s’è visto. Leader divisi fra chi stava al Governo con Draghi (Lega e Forza Italia) e chi all’opposizione (Fratelli d’Italia). Rivalità evidente -fra Salvini, Giorgia Meloni e Tajani- per chi doveva primeggiare nella scelta di candidati e orientamenti programmatici. Ritardi nella formazione delle liste, ripicche e manovre ad escludendum hanno provocato un naufragio che appare irrimediabile.
TRE SONORE SCONFITTE. A Torino Paolo Damilano cede il passo a Stefano Lo Russo che, con il 60 per cento, subentra come Sindaco a Chiara Appendino. Allo sconfitto candidato del Centrodestra, un piemontese doc, non è valso lo slogan “lavoriamo per Torino bellissima”. Visto l’esito, ritorna all’attività primaria: la produzione di vini e acque minerali. Nel capoluogo lombardo è Beppe Sala (slogan “Milano è sempre più Milano”), che si conferma Sindaco con il 58 per cento. Prevale su Luca Bernardo che, primario pediatra, a corsa conclusa si stupisce di aver trovato “tanto infantilismo” in coloro che manovrano la politica. A Roma facilmente Roberto Gualtieri arriva in Campidoglio con il 60,2 e scalza Virginia Raggi che, Sindaco uscente, viene superata pure da Enrico Michetti (39,8) il quale, deluso del Centrodestra, si dimette anche da consigliere e abbandona la politica.
UNA BRUCIANTE DEBACLE. E’ però a Napoli che il Centrodestra si è auto asfaltato fino a polverizzarsi. Eppure c’erano, dopo il decennio demagistriano, tutte le premesse per puntare alla presa di Palazzo san Giacomo. La prima attiene a una oggettiva connotazione storica. Napoli è fondamentalmente una città di Destra.Anche quando vota a sinistra, lo fa con le motivazioni proprie della Destra storico-risorgimentale: ordine pubblico, decisionismo amministrativo, senso dello Stato, superamento del divario Nord-Sud. La Destra presentatasi al turno comunale dell’ottobre scorso si è invece rivelata un’aggregazione di gruppi senza collante culturale e ideale, politico e programmatico, priva di capacità organizzativa. Uno spettacolo deprimente. Salvini incapace perfino di presentare le liste; Meloni prima condivide la scelta del magistrato Catello Maresca a Sindaco poi subito lo sconfessa perché lui privilegia la dottrina del civismo rispetto al simbolo di partito; Tajani, senza Berlusconi, non riesce a far comprendere, ai suoi mestieranti “cespugli” politici, l’importanza di avere al governo Mara Carfagna impegnata a far valere le ragioni di Napoli e Sud.
PARTITI SENZA FUTURO. Prima le vicende amministrative dell’ottobre 2021, poi il Quirinale con Salvini costretto a riconoscere che il Centrodestra si è sciolto “come neve al sole”: ma questa neve si era già sciolta in maniera disastrosa al fuoco del Vesuvio. Perciò Napoli premonitrice. La città del sole e del Vesuvio si conferma dotata di “antenne speciali” che le consentono di anticipare spesso vicende che poi investiranno tutto il Paese.
BENE PER MANFREDI.IL Sindaco partenopeo ha ora poca opposizione in Consiglio comunale, mentre la diarchia Mattarella-Draghi (Quirinale e Palazzo Chigi) blinda il “salva-Napoli”: quel miliardo e 300 milioni che ridaranno respiro alla Città.