La rivincita di Babbo Natale e della Befana

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(foto da Pixabay)

C’erano una volta le feste di Natale e dell’ Epifania. Buon Natale a tutti, la Befana vien di notte, la calza della Befana, Babbo Natale e la sua slitta. La Befana porta il carbone, con ‘Epifania le feste vanno via. C’erano anche gli scettici, quelli che indossavano la maschera della sopportazione, che però si scioglievano in lacrime di commozione nel guardare i propri bimbi scartocciare i doni sotto l’albero e i dolci che la vecchietta nottambula aveva loro portato. C’era anche in un antico maniero, al centro della Foresta Nera, una regina triste e severa che odiava il Natale e detestava la Befana.
Ogni volta che vedeva un presepe aveva un attacco d’orticaria, l’albero di Natale le dava la rinite allergica, e ogni volta che vedeva una calza vuota appesa al camino era colpita da violenti attacchi di mal di testa. Narra la leggenda che già da piccola avesse scambiato le vesti dei pastori del presepe, combinando pasticci vari con barbuti pastori vestiti da pastorelle in preghiera. Qualche giorno prima della notte dell’Epifania, la regina, guardandosi allo specchio si disse che in quanto potente regina poteva togliersi la soddisfazione di abolire non solo il Natale, ma anche l’Epifania e tutte le feste comandate. Basta presepi, alberi, nessun Giuseppe o Maria e bambino Gesù, Re Magi e cometa. Tutti banditi dal mondo e che andassero altrove a depositare quei doni. Basta Buon Natale e Buona Befana, e chi non è con me peste lo colga. Il suo banditore andò in giro per le strade del paese urlando il suo editto, e le guardie reali si assicurarono che nessun albero o presepe fosse esposto in strada, e che mai e poi mai si appendessero calze ai camini. Il maniscalco del paese, che dal 25 dicembre al sei gennaio girava per le strade in slitta suonando campanelle urlando sonori Buon Natale ai passanti, fu costretto a bruciare in piazza il suo vestito rosso insieme a tutte le scope di legno e fascine esistenti anche nelle più abbandonate cantine. Egli fu cacciato dal paese e mandato in esilio. Tutte le tipografie del regno furono obbligate a stampare di nuovo agende e calendari nei quali i giorni delle festività natalizie tornarono al colore nero, quello ordinario dei giorni feriali. La sera del 5 gennaio, dopo un 24 dicembre solitario e senza luci, la regina si aggirava nelle stanze del suo castello tutta soddisfatta del suo operato. Si accorse però che il castello era deserto. Non un servitore, un maggiordomo, un giullare a tenerle compagnia. Era sola, sola tra le mura del suo immenso maniero. Inquieta cominciò ad urlare i nomi dei suoi servitori, ma poiché nessuno rispondeva si precipitò nelle cucine prima e negli alloggi della servitù poi. Il deserto. Tutti l’avevano abbandonata. All’inizio pensò chissenefregafarodame, ma poi le ore passavano e nessuno le portava il pranzo, nessuno accendeva le luci, nessuno aggiungeva ciocchi nei camini. Cominciò ad avere paura. Centinaia di stanze vuote, buie, fredde, camini vuoti e senza fuoco e lei sola, in quell’enorme camera, affamata e senza una luce che le permettesse di raggiungere la dispensa. Cominciò a singhiozzare disperata.
Quando ormai anche le sue lacrime stavano finendo e le dita cominciavano a colorarsi di blu per il freddo, sentì un fruscio provenire da un angolo della camera. Una coppia di topolini, uno con un curioso berrettino rosso sul capo, l’altro con un triangolo di stoffa sul capino sgranocchiavano allegramente una bella mollica di parmiggiano ed una fetta biscottata. La regina si mise carponi e andò vicino ai due cercando di strappare loro il cibo. Lesti, come solo i topini di campagna sanno essere, i sorcetti si rifugiarono in una crepa del muro. La regina, dopo alcuni inutili tentativi, cominciò a frignare, dapprima lievemente e poi con singhiozzi così forti da far tremare le finestre. Due paia occhietti la scrutarono dall’anfratto. -Piangi regina? Hai fame? – Disperata la sovrana rispose di si – se vuoi dividiamo – proposero i topini – però noi mangeremo qui a terra mentre tu dovrai sederti a mangiare al tavolo. Non ci denigrerai, siamo topi e mangiamo per terra. Noi mangeremo facendo rumore mentre tu con coltello e forchetta compita e composta. Sei umana e devi fare così. Ognuno secondo i propri desideri. E alla fine ci offrirai una coppa di spumante e la berremo insieme, e tu infine brinderai con noi al passato Natale ed all’Epifania. A quelle parole la regina fece un balzo indietro e, con il fuoco negli occhi, gridò che mai e poi mai avrebbe brindato con un topo e per giunta al Natale o all’Epifania, che il Natale non esisteva più meno che mai la festa della Befana e quindi non se ne sarebbe fatto nulla. I topi continuarono serenamente a mangiare. La regina stremata dai morsi della fame ricominciò a implorarli di dividere il formaggio con lei, che magari, forse, ma sì avrebbe brindato con loro a quel che diavolo volevano, l’importante era mangiare. I topolini uscirono dalla tana e le porsero la mollica di formaggio. Non appena la regina ebbe tra le mani la mollica, questa cominciò a crescere fino a diventare una grande forma di parmiggiano che la regina posò sul tavolo perché troppo pesante per lei. I topolini allora tolsero i copricapi e cominciarono a crescere e a mutare d’aspetto. Ad uno spuntarono i capelli bianchi e la barba, la pancia divenne bella rotonda ed il musetto aguzzo si trasformò nel rubizzo faccione dagli occhi pieni di saggezza. All’altro crebbe un bel nasone e il pelo si trasformo’ in una veste lunga col grembiule -Voi… voi siete… la regina quasi si strozzo’ nel vedere il prodigio. – Babbo Natale e La Befana, per servirla Maestà. Spero che da oggi smetterà di odiare noi e tutti i simboli del Natale, che riuscirà a tollerare con benevolenza Maria, Giuseppe, il bambinello e tutto il presepe. Se ora sua maestà sta mangiando infatti è solo per la magia di Natale che ci fa amare il prossimo ed essere più buoni. Se fosse stato un normale periodo di festa, cara regina noi avremmo continuato a mangiare il nostro formaggio e lei sarebbe morta di fame. Oh, vede che in fondo Natale non è coì brutto? Coraggio adesso insieme costruiremo il presepe, metteremo i Magi vicino a Gesù Bambino e monteremo gli addobbi sull’albero: vedrà che non è così brutto.- La regina annuì ancora un po’ titubante ma, dopo un po’, tra palline festoni e pastori cominciò a divertirsi. Come per magia, appena disposti anche i fili di lucine, la corrente tornò e albero e presepe s’illuminarono a giorno. Uno alla volta ricomparvero tutti gli abitanti del castello.
Era bello, tutti sorridevano si abbracciavano e sorridevano, abbracciavano anche la regina che pian pianino cominciò a sorridere ed abbracciare tutti. E, mentre i rintocchi delle campane chiamavano i fedeli alla messa di mezzanotte, la regina si affacciò alla porta del castello e sventolando un festone urlò finalmente contenta Buon Natale e Buona Befana a tutti! -. Stretta la foglia larga la via la tradizione non si mette mai via!