Cancro al seno, la terapia post-chirurgica riduce del 42% il rischio di recidiva a 5 anni

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in foto Michelino de Laurentiis, direttore del dipartimento di Senologia dell'Istituto tumori Pascale di Napoli

In Italia esiste ancora forte necessità di nuovi trattamenti per donne con tumore della mammella che hanno seguito la terapia standard adiuvante, cioè’ successiva all’intervento chirurgico. Il 23% va incontro a recidiva a 10 anni, per questo sono necessarie opzioni per potenziare ed estendere le cure dopo la chirurgia. E’ emerso in una conferenza stampa virtuale. L’attenzione si è focalizzata su neratinib, farmaco mirato in grado di ridurre il rischio di recidiva, morte e metastasi cerebrali in pazienti con tumore della mammella in stadio iniziale con recettori ormonali positivi e iperespressione della proteina Her2, con la presentazione dei dati dello studio ExteNet. L’estensione della terapia adiuvante permette di ridurre del 42% il rischio di recidiva a 5 anni e neratinib può dimezzare il rischio di morte e ridurre di due terzi quello di metastasi cerebrali. Lo studio ExteNet ha coinvolto 2.840 donne con tumore in stadio iniziale, positivo ai recettori ormonali e che sovraesprime HER2, trattate per 12 mesi con neratinib, dopo trattamento adiuvante standard. La maggior parte delle pazienti, ogni anno in Italia circa 46.200 (84% del totale), presenta la malattia in stadio iniziale (I-II-III) e circa 4150 (il 9% di queste ultime) sono caratterizzate sia da sovraespressione della proteina HER2 (HER2+) sia dalla co-espressione dei recettori ormonali. “In questa popolazione – spiega Paolo Marchetti, presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata -, il trattamento adiuvante con la chemio, la terapia ormonale e un anno di terapia con trastuzumab è in grado di ridurre il rischio di recidiva e morte.Trastuzumab ha migliorato ma non eliminato il rischio che la malattia si ripresenti. Una percentuale continua ad avere recidive con un picco a 18-24 mesi dall’intervento, alcune tardive anche a 10 anni. Neratinib è stato approvato in Europa ed e’ rimborsato in diversi Paesi, ma non ancora in Italia”. “Nello studio ExteNet, a 5 anni, neratinib ha dimostrato di ridurre il rischio di recidiva del 42% – conclude Michelino De Laurentiis, dell’Irccs Pascale di Napoli -. Questo significa che può ridurre quasi alla metà le recidive a distanza nei primi 5 anni. La molecola e’ potenzialmente in grado di guarire 4 su 10 delle donne che altrimenti svilupperebbero recidive”.