di Riccardo Di Biase
Le due principali operazioni attuabili nella circolazione di complessi aziendali consistono, da un lato, nel conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni da parte del conferente (c.d. “share deal”), e, dall’altro, la cessione diretta d’azienda o di un ramo di essa (c.d. “asset deal”).
La scelta dell’una o dell’altra forma porta con sé importanti conseguenze, tanto dal punto di vista strategico, con particolare riferimento ai rischi legali insiti nell’operazione, quanto con riferimento alle implicazioni fiscali. La principale differenza tra le due tipologie di operazioni consiste nel fatto che mentre con la cessione di azienda si realizza il trasferimento, da un soggetto giuridico a un altro, di un insieme di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa (e.g. immobili, macchinari, dipendenti, know how, rapporti contrattuali, debiti e crediti ecc.), attraverso la cessione di partecipazioni si ha, invece, una circolazione indiretta del patrimonio aziendale, in quanto ad essere trasferita non è direttamente la proprietà del patrimonio aziendale, ma tutte le partecipazioni – o una percentuale di esse – relative alla società target.
Come accennato, la scelta di procedere con uno share deal piuttosto che con un asset deal è, generalmente, legata agli aspetti strategici, con particolare attenzione alla minimizzazione dei rischi legali, e alla gestione del carico fiscale legato all’operazione, con particolare attenzione all’imposizione indiretta.
Dal punto di vista strategico, il principale vantaggio legato a un asset deal consiste nella possibilità per l’acquirente di scegliere, previo accordo con il cedente, gli elementi dell’azienda target da includere e quelli da escludere dall’acquisizione.
Contestualmente, la possibilità di scelta offerta da un asset deal permette all’acquirente di mettersi al riparo da eventuali rischi legati alla precedente gestione dell’attività ceduta. Tale possibilità è, invece, esclusa in caso di una cessione di partecipazioni in quanto con il passaggio della titolarità delle quote/azioni restano infatti invariati i rapporti attivi e passivi della società target, così come gli eventuali profili di responsabilità della stessa, dei quali l’acquirente dovrà farsi carico per intero.
Di conseguenza, risulta necessario, soprattutto in caso di cessione di partecipazioni, la previsione di accordi contrattuali completi di tutte le necessarie garanzie atte a ridurre il più possibile i rischi (anche non calcolabili) per l’acquirente. In quest’ottica, è di assoluta importanza procedere, in fase preliminare, ad una approfondita due diligence della società target in modo da assicurare una approfondita comprensione di tutti gli aspetti giuridico-strategici nei quali l’acquirente dovrebbe subentrare.
Al contempo, in caso di cessione di azienda, devono essere attentamente valutate le implicazioni derivanti dalla normativa prevista dal Codice Civile, sia con riferimento agli aspetti gestionali nel posti deal che con riferimento agli aspetti gius-lavoristici.
ASPETTI FISCALI
Cessione diretta d’azienda
In via preliminare, si rileva che tanto la cessione diretta d’azienda quanto quella indiretta (cessione di partecipazioni) sono assoggettate ad imposizione sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini di quelle indirette. L’articolo 86 del TUIR rubricato “plusvalenze patrimoniali” stabilisce al comma 2 che “concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso”. In tal caso quindi la plusvalenza fiscalmente imponibile è pari alla differenza tra il corrispettivo pattuito ed il valore fiscalmente riconosciuto dei cespiti che compongono il complesso aziendale. Inoltre, ai sensi del successivo comma 4 è previsto che “le plusvalenze realizzate…….concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è stata realizzata”.
Parallelamente l’articolo 101 comma 1 del TUIR dispone che “le minusvalenze dei beni relativi all’impresa…sono deducibili se sono realizzate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, lett. a), b) e c) e 2”.
Ai fini Irap, invece, l’art. 5 del D.Lgs. 446/1997, come modificato dall’art. 13-bis comma 3 del DL. 244/2016, stabilisce che “per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), non esercenti le attività di cui agli articoli 6 e 7, la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), nonché dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio”. Ne deriva che le plusvalenze derivanti da cessione d’azienda non sono imponibili ai fini dell’Irap.
Quanto alle imposte indirette gravanti sull’acquirente, la cessione di azienda (o di ramo di azienda) è esclusa dall’ambito di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, in quanto non è considerata cessione di beni ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. b), del d.P.R. n. 633 del 1972 (di seguito, il “Decreto IVA”). Affinché sussista l’esclusione, è necessario che il complesso di beni ceduto costituisca effettivamente una universalità di beni organizzati e finalizzati allo svolgimento di un’attività economica (cfr., ex multis, Cass. 10 ottobre 2008, n. 24913). L’effettiva sussistenza di un’universalità dei beni, ai fini del trasferimento dell’azienda, non può prescindere tuttavia da una valutazione “caso per caso”.
In applicazione del principio di alternatività IVA-registro, individuato dall’art. 40, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, la cessione d’azienda è assoggettata ad imposta di registro proporzionale nella misura del 3%. L’articolo 51 del DPR 131/1986(TUR) comma 4 stabilisce che la base imponibile ai fini del registro è determinata “con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda compreso l’avviamento….”, ad eccezione del valore degli immobili che saranno assoggettati a tassazione secondo il valore venale in comune commercio. Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 432 del 25 ottobre 2019 “la base imponibile sarà data dal maggiore tra i seguenti valori: 1) valore venale in comune commercio al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa, ai sensi dell’art. 51 comma 4 del TUR; 2) prezzo della cessione”. Ove l’azienda sia composta da beni soggetti ad aliquote diverse e le parti abbiano concordato un corrispettivo unico, l’imposta si calcola applicando all’unico corrispettivo l’aliquota più alta come stabilito dall’art. 23 comma 1 del TUR.
L’atto di cessione d’azienda, anche se stipulato verbalmente, ai sensi dell’art. 13, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986 deve essere registrato nel termine fisso di:
20 giorni dalla formazione se redatto in Italia, ma non con atto notarile;
30 giorni dalla sua formazione se l’atto è formato, in Italia, con atto notarile;
60 giorni dalla formazione se l’atto è formato all’estero.
Infine, è altresì opportuno tenere presente che, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 472 del 1997, “il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda…per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoche anteriore”. Tale responsabilità è limitabile attraverso apposita certificazione delle pendenze relative all’azienda o al ramo d’azienda (la quale non è però valida nei casi di frode tributaria).
Cessione indiretta d’azienda (conferimento e cessione di partecipazioni)
In caso di cessione indiretta d’azienda l’operazione si concretizza in un conferimento d’azienda e successiva cessione di partecipazioni da parte del conferente, potendo usufruire di un regime fiscale agevolato come previsto dall’art. 87 del TUIR per quel che concerne l’imposizione sulle plusvalenze realizzate da cessione di partecipazioni. L’operazione viene disciplinata dall’art. 176 del TUIR ai sensi del quale “i conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze”.
Come si evince dalla norma l’operazione di conferimento è fiscalmente neutrale.
Il soggetto conferente inoltre assume quale valore delle partecipazioni ricevute l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita. Come tale, all’atto di una successiva cessione delle partecipazioni potrebbe essere possibile beneficiare dell’esenzione da imposizione della plusvalenza realizzata al ricorrere dei requisiti previsti dall’art. 87 del TUIR (PEX), in quanto, ai fini del computo del periodo di possesso previsto dalla lett. a) del suddetto articolo, la partecipazione si considera posseduta per lo stesso periodo cui si considerava posseduta l’azienda.
Il citato articolo prevede che “non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95 per cento le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell’articolo 5….con i seguenti requisiti: a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione….; b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso; c) residenza fiscale o localizzazione dell’impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’art. 47-bis….; d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55…”
Dal quadro normativo analizzato risulta maggiormente conveniente sotto il profilo fiscale l’attuazione di un’operazione di acquisizione societaria realizzata attraverso conferimento e cessione di partecipazioni, piuttosto che un’operazione di cessione diretta. Inoltre, una simile operazione non è considerata operazione elusiva come stabilito dal comma 3 dell’articolo 176 del TUIR che stabilisce che “non rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 37-bis del DPR 600/1973 il conferimento dell’azienda secondo i regimi di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti….e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell’esenzione di cui all’art. 87, o di quella di cui agli articoli 58 e 68 comma 3”. Tuttavia, oltre al principio di neutralità del conferimento, l’art. 176 del TUIR al comma 2-ter consente al soggetto conferitario di ottenere il riconoscimento dei maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo relativi all’azienda ceduta e risultanti da apposita perizia mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva in misura compresa tra il 12% e 16% in base a quanto previsto dal suddetto art. 176 comma 2-ter. I maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva si considerano riconosciuti fiscalmente anche ai fini dell’ammortamento nello stesso periodo d’imposta in cui viene esercitata l’opzione, fatta salva l’ipotesi di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo all’esercizio dell’opzione.
Come specificato in ordine alla cessione diretta, anche in quella indiretta le plusvalenze realizzate dalla cessione delle partecipazioni non sono rilevanti ai fini Irap in quanto “componenti straordinarie derivanti da trasferimenti d’azienda” anche se classificati nell’area ordinaria di conto economico (voci A.5 e B.14).
Ai fini dell’imposta di registro l’atto di conferimento è sempre soggetto ad imposta nella misura fissa di euro 200,00 in base all’articolo 4 della Tariffa allegata al DPR 131/1986.
Per il principio di alternatività Iva/Registro la cessione di partecipazioni costituisce un’operazione esente ai fini Iva ex art. 10, comma 1, n. 4, del Decreto IVA, per la quale l’emissione della fattura non è obbligatoria, in base a quanto previsto dall’art. 22, comma 1, n. 6, dello stesso Decreto IVA. Tuttavia, l’atto di cessione di partecipazioni sociali operato da un soggetto IVA, come detto esente dal tributo sul valore aggiunto, risulta soggetto ad imposta di registro fissa (i.e. euro 200,00) per il principio di alternatività IVA registro, di cui all’art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986. Anche in tal caso risulta indubbio il vantaggio fiscale derivante dal conferimento e cessione di partecipazioni ai fini delle imposte indirette rispetto alla cessione diretta con imposta proporzionale.
L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l’operazione complessiva di cessione indiretta non costituisca un’operazione abusiva ai sensi dell’art. 10-bis della legge 27 luglio 2000 n.212, non consentendo la realizzazione di alcun vantaggio fiscale indebito. Questo principio lo si apprende anche dalla risposta ad interpello n. 196 del 18 giugno 2019 con la quale l’Agenzia osserva che, nell’ambito dell’imposizione indiretta, le regole da applicare per la corretta tassazione degli atti presentati per la registrazione sono dettate dall’articolo 20 del DPR 131/1986 rubricato “interpretazione degli atti”. Tale articolo è stato modificato dalla Legge di Bilancio del 2018 per cui dal 1° gennaio 2018 si prevede che “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Tutto ciò considerato si ritiene che la combinazione di atti e negozi giuridici consistenti nel conferimento d’azienda e cessione di partecipazioni non comporti alcun vantaggio fiscale indebito tale da essere accertato dall’Amministrazione finanziaria. Infatti, il “vantaggio” dell’applicazione dell’imposta fissa alle due operazioni (conferimento e cessione) rispetto a quella proporzionale nel caso di cessione diretta, non può risultare indebito poiché non contrasta con i principi che presiedono la tassazione proporzionale delle cessioni d’azienda di cui all’art. 23 del T.U.R. Il principio su esposto ha trovato conferma anche per la CTP di Milano con sentenza n. 3639/1/17 del 23 maggio 2017 che ha disposto che “le operazioni poste in essere dal contribuente che ha beneficiato dell’imposta di registro in misura fissa per un’operazione di cessione indiretta d’azienda non integrano gli estremi di un comportamento abusivo in quanto la finalità elusiva di una simile operazione non è stata posta come elemento predominante e assorbente nei medesimi atti”.
Per quanto riguarda la registrazione dell’atto essa può avvenire o in termine fisso, se redatto per scrittura privata autenticata o atto pubblico, a norma dell’art. 11 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, oppure, in caso d’uso, se redatto per scrittura privata non autenticata, a norma dell’art. 2 della Tariffa, parte II, allegata allo stesso d.P.R. n. 131 del 1986.
La cessione di partecipazioni può ricadere anche nell’ambito applicativo dell’imposta sulle transazioni finanziarie (c.d. Tobin tax, di cui all’art. 1, comma 491, della legge 24 dicembre 2012 n. 228) ove abbia ad oggetto “azioni”, ovvero partecipazioni in:
società per azioni;
società in accomandita per azioni;
società europee, di cui al regolamento (CE) 2157/2001;
società cooperative e mutue assicuratrici, a meno che l’atto costitutivo non preveda l’applicazione della disciplina delle società a responsabilità limitata ai sensi dell’art. 2519 co. 2 c.c.
Conseguentemente, è escluso dal campo di applicazione della Tobin tax il trasferimento di partecipazioni di S.r.l. e di società di persone.
Pertanto, in considerazione del quadro normativo su esposto in tema di acquisizione aziendale, si ritiene che l’operazione di cessione indiretta d’azienda sia da preferire all’operazione di cessione diretta (dalla quale emergono plusvalenze interamente tassabili) sia ai fini Ires sia ai fini del registro, e come tale non si può configurare come operazione elusiva non potendo essere accertata in tema di abuso del diritto come chiarito in più riprese dall’Amministrazione finanziaria.
*dottore commercialista in Napoli