Gli stereotipi non bastano. I luoghi si raccontano con la storia e le storie

213

E’ successo. Per la volta n! (Fattoriale) si è parlato della città di Napoli usando storie e personaggi triti e ritriti che non offrono spunti nuovi, e promuovono un immagine della città consunta da citazioni e spot che non descrivono la Napoli contemporanea, le sue attuali luci ed ombre. Napoli bloccata agli anni ottanta e novanta del secolo scorso. Modernariato. Accidempolina. Il noto giornalista romano, ha realizzato una trasmissione sulla città di Napoli. Anzi, sui segreti di Napoli. Ullalà. Dopo Alberto Angela un nuovo faro sulle meraviglie nascoste di Napoli. L’autore, non è nuovo alle investigazioni sui segreti delle città, il prodotto dovrebbe essere garantito. Nel 2002 scrisse dei segreti di Londra, nel 2005 i segreti di Roma. Scopo del gioco: rivelare al mondo l’Esprit de la Cité, i lati suggestivi e meno conosciuti di città molto note nel mondo. Un lavoro sottile, sicuramente complesso, e difficilmente esauribile nel breve tempo di una sola trasmissione televisiva. Il materiale per realizzare indimenticabili trasmissioni su Napoli c’è, ed è proprio tanto. Possiamo servire cultura, curiosità, gioco, usi, costumi e arte, tanta, tantissima arte. Come in ogni città di antica storia anche malavita. Anche.
L’aspettativa è alta. La curiosità di conoscere aspetti nuovi, addirittura segreti, della propria città catalizza l’attenzione, e quindi tutti davanti al teleschermo. Piatto ricco, mi ci ficco, la saggezza pubblicitaria docet. Invece. La solita solfa. II lessico delle sbarbine d’epoca calza alla perfezione. La sagra dello stereotipo, venghino, siori venghino. Come quando gli stranieri di una volta biascicavano, con improbabile accento “Italiani pommarola n’coppa e mafia”. Mancavano i mandolini. Un vero peccato. C’è una scuola di maestri liutai che affonda le radici nel 1700. Attraverso la trasmissione si sarebbe potuto rilanciare l’alto artigianato napoletano con i tutti i segreti delle antiche abilità di manifattura. Invece. La Camorra. Opperbacco. Una novità assoluta, uno scoop. Ossegnur, direbbero i nordici.
Segreti e misteri a Napoli abbondano: storie che anche molti tra i napoletani ignorano, possono incuriosire e far scoprire sfaccettature diverse della città. Inutile ribadire a parole l’esistenza di una storia millenaria. Più interessante offrine qualche spaccato. Usando le tecniche dell’interpretazione si trasforma l’argomento in un motivo attrattore di turismo. Et voilà. La città deve uscire dalla pandemia, deve ripristinare la sua grande risorsa economica, il turismo, dopo un anno di inattività. Se programma televisivo dev’essere, che lo sia, ma serva alla causa. Camorra e poi Maradona. Madai.
Eppure la città nasconde tanti segreti. Le notti nei piani interrati dei palazzi del Vasto sono attualità molto noir, più di Raffaele Cutolo; la storia della donna diavolo rappresentata nel quadro del 1550 esposto nella Chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, i corridoi per la servitù, larghi solo 40 cm, che giravano intorno ai saloni nelle case nobiliar, misteri e leggende tutte da narrare. Anche argomenti maliziosi come la scoperta in alberghi d’inizio novecento di camere con ingressi speciali per le coppiette clandestine. Via al gossip d’epoca. Oppure cold case: l’assegnazione allo svizzero Bianchi del progetto della chiesa di San Francesco di Paola dopo due concorsi, o la morte di Lamont Young, la mancata approvazione dei suoi progetti.
Storie o leggende. Così è se vi pare. Segreti della città. Raccontare, anche in modo leggero, questa cultura fatta di antiche tradizioni, cultura e storie sovrapposte e shakerate dal tempo non è facile, ma certamente non mancano gli spunti. Illustrare dall’interno del Maschio Angioino il pozzo, all’epoca completo di coccodrillo, nel quale la regina Giovanna dopo notti di grande passione, faceva gettare gli amanti coinvolge emotivamente, incuriosisce ed offre lo spunto per parlare di un pezzo di storia molto importante della città. Il segreto dei pozzi usati dalle streghe per buttarci dentro gli incantesimi d’amore, quando c’è la luna piena che si rispecchia nelle loro acque, è uno spunto diverso dal quale cominciare l’illustrazione del Museo di San Martino. Chi lascia la via vecchia per la nuova sa cosa lascia ma non sa quello che trova. Se è stata prudenza o inerzia, ai posteri l’ardua sentenza. Signora mia, storagazzonons’impegna, deve fare di più.