Il rifiuto dell’amministrazione Biden di donare vaccini al mondo prima di averli somministrati alla maggior parte dei cittadini statunitensi è un grave colpo per il soft power a stelle e strisce.
Innanzitutto perché pone l’attuale presidente in continuità con Donald Trump, inerte nella diplomazia degli aiuti della prima ondata del virus. In seconda battuta perché giunto poco prima della videoriunione del G7 nella quale Francia e Regno Unito hanno delineato piani per aiutare nella vaccinazione i paesi in difficoltà, specialmente in Africa. Infine perché il nuovo governo è arrivato al potere sbandierando proprio l’intenzione di riparare l’immagine dell’America nel mondo. Pesa di più la necessità di riparare l’immagine dell’America a casa propria. La lotta al Covid e l’estensione del welfare è stata d’altronde una promessa chiave di Biden in campagna elettorale.
Tuttavia, egemonia impone generosità, per lenire gli aspetti spiacevoli del primato, per affiancare la seduzione all’imposizione. La trasgressione alla grammatica strategica indica quanto gli Stati Uniti siano in difficoltà. Non basta donare 2 miliardi di dollari al fondo internazionale per la distribuzione dei vaccini e stanziarne altrettanti per incrementare la produzione. Nel frattempo, i rivali dell’America ne approfittano.
Su tutti la Russia, che letteralmente toglie il farmaco alla sua popolazione nel disperato tentativo di guadagnarsi reti e amicizie. Fino a proporsi di vaccinare i diplomatici stranieri sul suo territorio, ricevendo richieste pure dall’Ambasciata americana