Necropoli di Porta Nola: a Pompei l’archeologia è globale

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Urne e ceneri. Tombe e ossa. Non semplici reperti umani/archeologici ma testimoni concreti, e come tali rivelatori, di un contesto sociale, antropologico, culturale della comunità pompeiana prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Ruota intorno a questo obiettivo il progetto di collaborazione internazionale che ha portato alla scoperta di urne, fra cui una rara di un neonato tra i 3 e 6 mesi di vita, nell’area fuori porta Nola a Pompei.Restauro Porta Nola Obellio Firmo 2 Un obiettivo che rientra in una visione ampia dell’archeologia che il soprintendente Massimo Osanna definisce “globale” perché frutto del lavoro “congiunto e interdisciplinare di archeologi, antropologi, fisici, restauratori”. Il progetto in corso, dal dicembre 2014, è un ottimo esempio di questa ricostruzione filologica che partendo dai resti della necropoli racconta il livello sociale del defunto. Il suo stato di salute, perfino il tipo di dieta alimentare seguito. A monte dello studio della necropoli di Porta Nola (a cui si accede dall’area dell’Anfiteatro seguendo un sentiero che costeggia il limite dell’area archeologica, appena sfiorato dai binari della circumvesuviana) una convenzione triennale tra la Soprintendenza speciale di Pompei, Ercolano e Stabia con la “British School al Rome” e lo “Illustre Colegio Oficial, Departamento de Arqueologia” e il “Museo de Prehistoria e Historia de La Diputación de Valencia.