Tre domande sull’arte: parlano Daniela Tozzi & Amerigo Mariotti, fondatori a Bologna di Adiacenze

537
in foto la galleria Adiacenze, a Bologna

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Azzurra Immediato

Esistono luoghi che hanno un’identità del tutto indefinibile perché, semplicemente, nascono come luoghi dall’anima libera, come libere sono l’arte, la sperimentazione, la ricerca e la volontà di delineare la visione del mondo, del proprio tempo e gettare le basi di un approccio per una comprensione che lasci spazio al dubbio, alla meraviglia, allo stupore, alle domande. Un luogo simile è certamente Adiacenze, a Bologna, “spazio espositivo dedicato all’arte emergente e all’indagine sul contemporaneo. In tutte le sue forme.” Ciò è quanto si legge nella definizione di Adiacenze e, difatti, si tratta di una sorta di factory, multiforme, aperta e conchiusa al contempo, sospesa tra la superficie urbana e l’antro ipogeo che si inabissa nelle stratificazioni della città mentre il contemporaneo avanza, senza sosta e senza limiti, grazie alla volontà dei due fondatori e direttori artistici di Adiacenze, Daniela Tozzi e Amerigo Mariotti, il cui team di lavoro, inoltre, si amplia e compone di figure professionali trasversali ma in grado d’aver originato un vero e proprio laboratorio ideale.

Che cos’è l’arte per Daniela Tozzi & Amerigo Mariotti?
DT: Domanda assai complicata che richiederebbe pagine e pagine di spiegazione che probabilmente non sarebbero comunque esaustive. Per quanto mi riguarda, posso prendere in prestito e parafrasare Bruno Latuor, sociologo, antropologo e filosofo francese che, spiegando tutt’altro, ovvero la teoria dell’Actor-Network (ANT) dice che non è l’ennesimo tentativo di descrivere le cose nel mondo ma una diversa forma del pensare, una modalità di analisi e di giudizio che non coglie gli enti in quanto oggetti-chiusi, auto-limitati e determinati ma è capace di rivelarne e mapparne l’invisibile attributo, quello cioè di esistere in quanto assemblaggi temporalmente e spazialmente durevoli, in quanto limiti, bordi e confini di una materia che di per sé è liquida e multiforme.
AM: L’arte, secondo il mio parere, è il saper interpretare gli umori del proprio tempo, riuscendo ad aprire uno spiraglio sul futuro, avendo quindi il coraggio di tracciare nuove strade.

Avete messo le vostre competenze e le vostre passioni in Adiacenze, “spazio espositivo dedicato all’arte emergente e all’indagine sul contemporaneo. In tutte le sue forme”. Raccontateci la sua nascita e sin dove vi ha portato il percorso intrapreso e, dunque, la vostra analisi del contemporaneo.
DT: Adiacenze è nata nel 2010, in un periodo di crisi economica molto forte anche se minore rispetto a ora. Nasce dall’esigenza di dare uno spazio di visibilità ai giovani artisti. Amerigo, io e altre persone che erano i nostri soci all’inizio di questa storia, pensavamo a uno spazio alternativo a quello della galleria, dove però galleristi, curatori, critici, addetti del settore o meno, potessero conoscere le opere di artisti che si affacciavano in quel momento nel mondo dell’arte, fornendo loro il supporto curatoriale di cui avevano bisogno. L’idea era quella di colmare la mancanza lasciata dalla galleria Neon chiusa da poco. Ovviamente in dieci anni le cose si sono evolute e le esigenze si sono ampliate. Oltre all’esposizione di progetti di giovani artisti, si è innestata la necessità di avere uno spazio ibrido, un contenitore aperto all’arte, le nuove tecnologie, l’editoria, il design, affiancando a tutto questo una sezione educational fatta di workshop e laboratori per bambini, ragazzi e altoformante per adulti, oltre a talk, presentazioni e tavole rotonde. Negli anni Adiacenze ha iniziato anche a supportare i propri artisti promuovendoli al di fuori del proprio spazio.
AM: Adiacenze è il nostro spazio di sperimentazione, attivo a Bologna ormai da più di dieci anni. Quando è nato, l’esigenza era prima di tutto quella di dare una possibilità, un’opportunità ai giovani artisti emergenti di esporre il proprio lavoro. Nel tempo è diventato un luogo ibrido, che all’attività espositiva mescola la ricerca, l’esplorazione di nuovi linguaggi artistici, anche al di fuori delle mura della galleria stessa. Collaboriamo quotidianamente con altri spazi, istituzioni e realtà, dando sempre maggior rilievo all’analisi di nuove indagini e tendenze, premiando quelle voci nel panorama nazionale e internazionale a nostro avviso più interessanti, capaci di guardare al proprio tempo e interpretarlo.

Il 2020 è stato l’anno degli stravolgimenti (anche) nel sistema dell’arte: iniziato con ArteFiera Bologna è stato poi travolto dalla furia del Covid 19. Come è cambiato e come cambieranno gli scenari secondo voi? di Adiacenze come ha risposto e continuerà a rispondere a questa ‘nuova realtà’? Ad esempio, il progetto “Prospettive: visioni della città tra memoria e futuro” di Andrea Abbatangelo che avete curato ha subito dei mutamenti in corso d’opera, riuscendo ad estrapolare qualcosa d’inatteso. Ora cosa accadrà?
DT: A febbraio 2020 Adiacenze ha compiuto 10 anni e qualche giorno dopo abbiamo dovuto chiudere per il primo lockdown. Il progetto Prospettive è iniziato in quel momento ma era già stato tutto pianificato. Ovviamente abbiamo dovuto cambiare le modalità: il concept è rimasto lo stesso, ma sono mutate le modalità e la restituzione finale (quest’ultima solo in parte). È stata una vera sfida soprattutto per il progetto di Andrea Abbatangelo perché vivendo lui a Londra, abbiamo dovuto modificare il suo progetto di residenza da “in presenza” a online, mentre abbiamo potuto mantenere intatta e si è svolta normalmente la residenza di Elisa Muliere e Giulio Zanet a Spilamberto. Quello che abbiamo fatto è stato prenderci il tempo per pensare a nuove modalità di fruizione e successivamente ci siamo divisi i compiti: Amerigo ha seguito di più la parte di curatela di Prospettive, mentre io mi sono occupata dei laboratori, workshop e talk da ripensare per la modalità online. Devo dire che inaspettatamente, per entrambe le parti, la modalità online ha permesso di avere più partecipazione: per i workshop e talk in quanto fruibili da persone che non sarebbero potute venire a Bologna per partecipare, per la residenza in quanto Abbatangelo è riuscito a intervistare molte persone di Calderara di Reno che forse non avrebbe potuto coinvolgere fisicamente. Cosa accadrà d’ora in avanti è difficile a dirsi. Abbiamo progetti in cantiere sia online, sia sui vari territori con i quali collaboriamo, nonché curatele di mostre in gallerie. Non mi sento di demonizzare l’online ma nemmeno di glorificarlo. Non credo sia il luogo giusto per fare fruire una mostra o una performance, ma sicuramente, in un periodo di stallo come questo, è funzionale per dare una possibilità in più per l’istruzione e la conoscenza che magari prima potevano essere precluse dalla lontananza fisica rispetto al luogo di svolgimento.
AM: Così come diceva Daniela, in questi mesi che hanno costretto l’intero mondo dell’arte ad una battuta d’arresto abbiamo provato a portare avanti le nostre attività cercando di valorizzare i contenuti di Adiacenze, gli artisti e il progetto curatoriale, anziché arrenderci all’idea che si dovesse attendere il momento per poter ritornare alla quotidianità del contenitore Adiacenze. Questo però senza rinunciare a svolgere il nostro ruolo di spazio di promozione della produzione artistica mettendo a disposizione gli spazi a degli artisti che hanno espresso il loro desiderio di portare avanti i loro progetti nonostante le avversità. Trasformare questa condizione di difficoltà in un’opportunità, proprio come è stato fatto durante la residenza a distanza di Andrea Abbatangelo per il progetto PROSPETTIVE e come è stato fatto per i vari workshop e talk, è stato il nostro modo di reagire a questo momento inedito che abbiamo vissuto ha evidenziato quanto la cultura venga considerata un bene accessorio. Un aspetto che ritengo necessiti di ulteriore approfondimento e che il momento di chiusura ha reso ancora più evidente è la necessità di rafforzare le reti nazionali e internazionali de gli operatori del settore, siano essi artisti o curatori, che dia la possibilità di creare sinergie e unire le diverse competenze anche a tutela delle necessità comuni. È difficile prevedere cosa accadrà nel futuro prossimo ma quello che vorrei che accadesse è che si possa trovare volontà, mezzi e metodi per andare verso il pubblico, anziché aspettare che il pubblico possa tornare nei nostri spazi. L’arte e la cultura saranno uno dei più importanti ingredienti per la costruzione di una nuova normalità.

Leggendo le parole di Daniela Tozzi e Amerigo Mariotti, si evince – ove mai qualcuno ancora dubitasse, ad un anno dalla prima emergenza Covid19 – che, di fatto, l’Arte non si è mai davvero fermata, a differenza di molti altri mondi e nonostante le tante limitazioni calate dall’alto. Ciò per due motivi, fondamentalmente: perché l’arte prevede e sa a cosa va incontro e perché gli artisti sanno interpretare, agire e reagire ai mutamenti, anche quando sono stravolgenti, scompaginanti e senza ritorno. La nuova normalità cui molti auspicano va forse ricercata negli stilemi dell’arte e della ricerca indipendente per ritrovare e portare ad emersione nuove “adiacenze esistenziali”.

in foto In foto, Daniela Tozzi, fondatrice e direttore artistico di Adiacenze (courtesy Adiacenze, Bologna)
in foto Amerigo Mariotti, fondatore e direttore artistico di Adiacenze
(courtesy Adiacenze, Bologna)