Genesi diplomatica di un sostegno a Trump che ha causato l’assalto al Congresso

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In foto Nikky Haley

Difendere l’operato del presidente Trump, soprattutto nella controversa gestione dell’epidemia di Covid e alla luce di quanto successo a Capitol Hill non è facile, così’ come demolire l’avversario democratico Biden, accusandolo di essere un ostaggio della sinistra radicale e socialista; consolidare la base elettorale. Furono i tre obiettivi principali emersi dalla prima serata della Convention repubblicana, andata in onda qualche mese fa dall’Andrew W. Mellon Auditorium di Washington, dopo la nomination formale del capo della Casa Bianca che era avvenuta in mattinata a Charlotte.
Sul primo punto ha lavorato lo stesso Trump, comparso con un gruppo operatori sanitari e lavoratori essenziali, che hanno lavorato per contenere il virus, responsabile ormai di quasi 180.000 morti negli Usa. Poi lo ha difeso il figlio Don junior, che secondo molti osservatori sta pensando a candidarsi nel 2024. Infatti ha lanciato anche uno degli attacchi più duri contro Biden, definendolo «il mostro di Loch Ness della palude di Washington», ossia un campione della corruzione che però non ha mai combinato nulla di concreto. Don junior ha anche rilanciato il padre come garante della legge e dell’ordine, denunciando che «gli anarchici si stanno impossessando delle nostre città, e gli amministratori democratici non fanno nulla per fermarli».
Furono l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley e il senatore della South Carolina Tim Scott, entrambi considerati astri nascenti del Partito repubblicano, che potrebbero puntare a candidarsi alla Casa Bianca fra quattro anni. Haley, di origini indiane, ha esaltato la politica estera di Trump che ha messo l’America al primo posto, e poi ha fatto un ritratto della situazione interna opposto a quello della Convention democratica, affermando che «gli Stati Uniti non sono un paese razzista». Scott ha criticato Biden, ma soprattutto ha cercato di sottolineare i risultati economici ottenuti dall’amministrazione, per evidenziare come hanno aiutato anche le minoranze. Lo scopo era cercare di scalfire il consenso quasi monolitico di cui il candidato democratico gode soprattutto fra la popolazione di colore.
In generale quindi il Gop ha provato a dare una visione più positiva dello stato delle cose nel paese, anche perché è il partito che occupa la Casa Bianca. Ma nello stesso tempo ha lanciato l’allarme, guardando soprattutto agli elettori moderati delle zone suburbane, per accusare i democratici di minacciare i valori dell’America e la sicurezza dei suoi cittadini. Cosa è successo da allora? Le elezioni hanno messo in campo il peggio che le due posizioni potevano esprimere e i sostenitori di Trump che hanno assalito Capitol Hill hanno messo la ciliegina sulla torta. che dimostra quanto sia in crisi la democrazia più potente del pianeta.