Il cardinale Sepe: Rispettare le norme anti Covid è un dovere. Il virus ci accomuna eppure c’è ancora odio

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In foto il cardinale e arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe

“Il virus ci sta facendo capire che siamo persone fragili e inconsistenti, per cui continua a seminare terrore e dolore, continua a farci contare decine e centinaia di morti ogni giorno. Il virus tenta di convincerci che la vita non ha valore, per cui contro questo tentativo assurdo e inaccettabile dobbiamo unirci per lottare e affermare la nostra identità e la nostra cultura, perché la vita è sacra, va difesa e salvaguardata. Ne vanno di mezzo la nostra sopravvivenza, la dignità della persona, il destino dell’intera comunità. Ecco allora l’invito, che diventa obbligo di fronte al pericolo virale incombente, a rispettare le norme”. Lo ha detto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, nella sua omelia e discorso alla città in occasione della solennità dell’Immacolata nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. “Registriamo ancora atteggiamenti di insofferenza, di intolleranza, di indifferenza, di delinquenza, di illegalità e anche di offesa alla persona e di odio – ha detto ancora Sepe -. Per alcuni continua a prevalere l’io, mentre il virus, livellando tutti, ci invita a unirci, a sentirci noi, ad affratellarci nella condivisione del pericolo e nella ricerca di una indispensabile sinergia senza la quale non c’e’ vaccino che tenga, non c’è ospedale che ci accolga e ci salvi, non c’è futuro per nessuno”.
“Da quando questo virus si è abbattuto sull’umanità intera – ha aggiunto il cardinale Sepe – sentiamo spesso dire che niente sarà più come prima. Ma mi domando e vi domando: è vero che niente è più come prima?Con tutti questi sacrifici, dolori, disagi e sofferenze che stiamo vivendo abbiamo imparato ad essere un po’ fratelli tutti, secondo l’invito di Papa Francesco? Si ha la sensazione o il timore che questa espressione viene detta soltanto perché ci si trova di fronte a misure restrittive delle nostre abitudini, della nostra libertà, che per taluni diventa arbitrio, delle nostre comodità. Difatti, ancora registriamo atteggiamenti di insofferenza, di intolleranza, di indifferenza, di delinquenza, di illegalità e, talvolta, anche di offesa alla persona e di odio. Per alcuni continua a prevalere l’io, mentre il virus, livellando tutti, ci invita a unirci, a sentirci noi, ad affratellarci nella condivisione del pericolo e nella ricerca di una indispensabile sinergia senza la quale non c’è vaccino che tenga, non c’è ospedale che ci accolga e ci salvi, non c’è futuro per nessuno”.

Chi ha responsabilità di governo collabori per trovare le soluzioni

“Se le prescrizioni date debbono essere osservate da ciascuno di noi – ha aggiunto il cardinale -, coloro che hanno responsabilità di governo della comunità sono tenuti a unire le forze, a trovare le giuste intese e a operare per il bene comune, collaborando e integrandosi nella ricerca delle soluzioni possibili e dei provvedimenti necessari per il soddisfacimento dei diritti di ciascun individuo e di tutti”. “Del resto – ha continuato – si deve tutelare principalmente la salute di ciascuna persona, ma si è anche obbligati ad assicurare a tutti lavoro e reddito, che sono le precondizioni di una vita possibile e dignitosa. Il rischio reale è che, se non si muore di virus, si muore di miseria e di fame. Purtroppo i dati pubblicati dall’Istat sono drammatici. Uno dei tanti: oltre un milione di bambini è in povertà assoluta. Di conseguenza, sono circa un milione e settecentomila le famiglie in povertà assoluta. Di fronte a questa realtà quel “niente sarà più come prima” è soltanto espressione della nostra sconfitta perché permangono, ma in misura crescente, le ingiustizie, con i poveri in aumento, mentre i ricchi sono ancora più ricchi, mentre tantissime famiglie piangono i loro morti uccisi dal virus, con il forte dolore di non aver potuto dare loro l’ultimo saluto o una carezza di addio. Riflettiamo seriamente su quel “niente sarà più come prima” e diciamo con coraggio che “niente dovrà essere più come prima”, sentendoci più comunità, facendo spazio a una maggiore solidarietà, rispettandoci e stringendoci le mani per porci insieme a servizio del bene di tutti”.